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Serge Latouche, il giardiniere dell’economia (parte 1)

Il piccolo teatro è gremito, anche se non sono molti i volti giovani. Nella luce teatrale del palco Serge Latouche inizia a parlare un italiano musicale, pregno di francesismi, e conduce con la sua voce tutti i passeggeri attraverso un viaggio all’interno del mondo economico, del nostro mondo, usando parole semplici, conviviali.

Come se fossimo tutti attorno allo stesso tavolo, dopocena, a parlare.Porto sempre con me questo piccolo libretto rosso, che è del più grande teorico di tutti i tempi: Woody Allen. Woody Allen in un suo aforisma dice: "L’umanità si trova oggi ad un bivio. Una via conduce alla disperazione, l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene".

Serge Latouche, il giardiniere dell'economia (parte 1)


Le due strade che abbiamo oggi sono: crescita con crescita e crescita senza crescita.
Il concetto di crescita trae le sue origini dalla teoria che il mondo economico sia come un organismo; un organismo si trasforma, si modifica (dal seme nascerà un albero) attraversando una fase di sviluppo; un organismo cresce.
La realtà dei fatti è che un organismo in natura nasce, cresce, si riproduce e muore, mentre "l’organismo economico" vorrebbe crescere all’infinito, cosa che porta inevitabilmente alla catastrofe.
L’economia non si sviluppa in un mondo geometrico, ma reale, motivo per cui è impossibile credere a una crescita infinita se il mondo ha risorse finite.

Dal 1700 in poi, passando per Adam Smith ed il suo sogno utopistico si è creduto a quello che viene chiamato "effetto di diffusione" secondo il quale grazie alla crescita continua, i ricchi sarebbero diventati più ricchi ed i poveri meno poveri.

Grazie all’invenzione delle macchine e alla sovrapproduzione si sosteneva che anche i poveri (occidentali) avrebbero potuto comprare di più, teoria che a lungo andare causa il sottoconsumo, che è a sua volta fondamento delle crisi decennali ripetute.

E’ nel secondo dopoguerra che si crede di aver trovato la soluzione nella società dei consumi: si creano le condizioni di una società infelice ed insoddisfatta in modo da poter creare il desiderio di ciò che si vuole pubblicizzare. E’ una società killer, in cui anche i disoccupati, grazie all’infernale macchina del credito, si trovano a spendere soldi che non hanno.

E’ la società attuale, in cui tutto si compra e si butta, senza avere il minimo pensiero del "riparare". Si buttano materiali che contengono metalli preziosi, come i cellulari, gli stessi metalli preziosi per cui vengono fatte guerre, come in Congo, ad esempio.

Ogni mese 800 camion partono dagli Usa stipati di computer buttati via, per scaricarli in Nigeria, dove inquinano le falde acquifere o, al minimo, occupano lo spazio dove i bambini giocano.

Grazie a questo tipo di impostazione di società ogni giorno scompaiono dalle 50 alle 200 specie viventi: alcune scompaiono ancora prima di essere scoperte. Si tratta, di solito, di batteri, ma alle volte si parla anche di specie più conosciute come le api. L’uomo può essere una di queste specie.



Dal 2007 abbiamo imboccato la via della crescita senza crescita, una sorta di società lavorativa senza lavoro, piena di disoccupazione e priva di risorse. Una situazione che può essere gestita per lungo termine solo da un potere dittatoriale molto forte, che non debba giustificare il perché i ricchi vanno a giro con il Suv mentre molte persone vivono in povertà.

Esistono piani che parlano di cancellare nove decimi della popolazione mondiale, al fine di asservire il decimo del rimanente, in una parola: ecofascismo.
E non sono teorie così lontane, basti pensare alla continua e sempre più imponente militarizzazione delle nostre civiltà.

Tra le due strade grandi che l’uomo può percorrere c’è un piccolo sentiero, una strada di speranza, quella della decrescita.

"Decrescita" è di per sé uno slogan provocatorio, per fare pubblicità a un movimento di idee nel periodo più intriso di studio della comunicazione che l’uomo abbia affrontato. Con il termine decrescita non si parla di far decrescere, ma di mostrare l’amoralità della crescita.

Allo stesso tempo sono molte le cose che devono crescere: la gioia di vivere, la qualità dell’acqua, la qualità dell’aria...

Se si volesse essere esatti dovremmo forse parlare di a-crescita, ovvero di ateismo della crescita, di totale mancanza di fede nell’economia come religione.
(continua...)

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