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Scuole chiuse, intervista al sottosegretario De Cristofaro: "Nessuno deve essere lasciato indietro"

L’emergenza sanitaria ha travolto il mondo della scuola obbligando di punto in bianco milioni di studenti e insegnanti a cambiare radicatissime abitudini imponendo, di fatto, nuove metodologie di insegnamento a cui gli stessi maestri e professori non erano abituati.

 

Con il DL n.22 dell’8 aprile 2020, poi, la didattica a distanza è diventata obbligatoria anche formalmente. Questo che è l’unico strumento attualmente utilizzabile per garantire il diritto allo studio, in un momento in cui tutte le scuole sono obbligate alla chiusura, comporta però una serie di difficoltà soprattutto per quelle fasce di popolazione studentesca in condizioni di fragilità o marginalità.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Giuseppe De Cristofaro, già parlamentare e da settembre 2019 Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione, per porgli qualche domanda in merito all’azione del Ministero in questo momento di emergenza.

Sottosegretario De Cristofaro, innanzitutto la ringraziamo per averci dedicato un po’ del suo tempo in giorni che immaginiamo davvero frenetici. Da subito il Ministero dell’Istruzione ha spinto affinché gli istituti di ogni ordine organizzassero momenti di apprendimento a distanza e con l’ultimo decreto dell’8 aprile la “didattica a distanza” viene resa obbligatoria. Non si può dimenticare che moltissimi studenti sono sprovvisti degli strumenti tecnologici adatti a questa metodologia e, probabilmente, a causa della crisi economica che ha travolto l’intero paese lo saranno a lungo. Che misure ha messo e intende mettere in campo il Ministero per questa numerosa platea di studenti?

La prima misura è già stata messa in atto con il decreto Cura Italia del mese scorso che ha stanziato una cifra di 85 milioni di euro destinati a chi ha queste difficoltà. Abbiamo fatto un monitoraggio nelle settimane passate per capire quali erano i punti di criticità della didattica a distanza e abbiamo scoperto una cosa che non era nemmeno così difficile da immaginare. La didattica a distanza ha messo ancor più in evidenza elementi di disuguaglianza sociale che già conoscevamo e che sono stati amplificati. Oggi è ancora più chiaro e ancora più netto di cosa stiamo parlando: c’è un pezzo di platea studentesca abbastanza significativo che per varie ragioni, come non avere gli strumenti tecnici materiali per poter fare le lezioni a distanza, sarebbe stata esclusa. Siccome naturalmente noi pensiamo che anche in una situazione emergenziale bisogna difendere il principio costituzionale del diritto allo studio, abbiamo immaginato di stanziare questa cifra. Questi soldi sono stati mandati direttamente alle scuole che li hanno già ricevuti. Gli istituti hanno già acquistato una serie di tablet, parliamo di centinaia di migliaia, che vengono dati in comodato d’uso agli studenti che non hanno i mezzi necessari per partecipare alla didattica a distanza in modo da provare a rimuovere questa disuguaglianza.

Naturalmente non basterà, perché la didattica a distanza – che io difendo visto che l’alternativa è non fare nulla – presenta una serie di aspetti complessi, non solo l’accesso materiale alle lezioni. Ad esempio conta molto se poi quello studente a casa viene seguito o meno. Un conto è se si ha una famiglia alle spalle che ti aiuta o supporta o semplicemente ti stimola, un conto invece è se vivi in una contesto di maggiore difficoltà. Se il tema dell’abbandono scolastico era una priorità di prima, figuriamoci l’importanza che può avere oggi. Per questo penso che, compatibilmente con la sicurezza, dobbiamo fare di tutto affinché da settembre si possa immaginare un ritorno nelle classi.

Un’ulteriore criticità si ha anche nel caso di studenti migranti arrivati da poco in Italia. Crede che la didattica a distanza possa essere efficace in presenza di barriere linguistiche? È possibile ipotizzare la presenza di tutor/mediatori linguistici o di programmi mirati, anche con la didattica a distanza?

Ne stiamo discutendo ma ancora non abbiamo una soluzione immediata perché naturalmente questa è una questione complessa. Altra criticità molto seria è quella del sostegno che ovviamente è un altro problema enorme. Ne stiamo discutendo e speriamo di poter avere qualche soluzione già nei prossimi giorni. Sono ovviamente territori inesplorati perciò penso che dobbiamo in tutti modi limitare [nel tempo] la didattica a distanza. 

Devo dire però che nelle scuole si stanno attrezzando molto. Come sempre accade in questi casi l’atto di generosità degli insegnanti sta facendo in modo che nelle scuole si sta facendo di tutto per non lasciare nessuno indietro, compresi quelli che hanno bisogno del sostegno e chi ha più difficoltà con l’apprendimento della lingua. Devo dire che quasi ovunque questo spirito molto solidale c’è.

In un momento come questo resta la dedizione, la passione, l’impegno e la generosità degli insegnanti italiani pur in una condizione di difficoltà oggettiva. Ci stanno davvero mettendo l’anima e gli va assolutamente riconosciuto.

Qual è la situazione dei CIPIA, i corsi serali per gli adulti, dove c’è una grande presenza di alunni e alunne migranti e quindi non necessariamente avvezzi a strumenti didattici digitali? Sono previste misure ad hoc? 

Quello dei CIPIA potrebbe essere considerato un aspetto marginale ma non lo è: accoglie 250mila studenti e anche qui devo dire che i dati sono incoraggianti. La percentuale 

di quelli che stanno partecipando alla didattica a distanza è alta ma non al 100%. Noi diciamo che nessuno deve restare indietro invece purtroppo sta succedendo e dobbiamo capire come intervenire su queste situazioni di difficoltà.

Anche per i CIPIA sono previsti i supporti tecnologici di cui parlava?

Si sono compresi anche loro, il finanziamento vale per tutte i tipi di scuole. Tutti i tablet sono stati acquistati con i soldi stanziati dal governo che sono stati direttamente trasmessi agli istituti in base ad una ripartizione nazionale. Puoi ben immaginare che più fondi sono stati inviati nelle aree disagiate. Si è tenuto conto delle richieste che hanno fatto direttamente le scuole.

L’esperienza di distribuzione dei tablet in comodato d’uso per chi non può permetterseli sarebbe bello che, una volta tornati alla normalità, potesse essere estesa anche ai libri di testo. È una cosa che già avviene a Trento, ad esempio. La provincia di Trento è forse la provincia più ricca e consente il comodato d’uso dei libri per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo: ad ogni studente il primo giorno di scuola vengono consegnati dei libri che dovrà restituire alla fine dell’anno in buone condizioni, così che lo studente è anche spinto a trattare quei libri con un’attenzione maggiore. 

È una azione molto forte dal punto di vista sociale, molto educativa. Dando a tutti la possibilità di avere i libri in comodato si evita quella brutta situazione in cui c’è uno studente che li richiede e un altro no.

L’interruzione improvvisa delle lezioni, e la sempre più probabile ripresa a settembre, è stata traumatica per tutti gli studenti in special modo per quelli più piccoli delle scuole dell’infanzia e primaria. Lì il contatto e il confronto sono di grande importanza, anche oltre i programmi scolastici, e ancor più in contesti multiculturali. Sono previste azioni di recupero di questo tempo perso, con attività specifiche o sostegno anche psicologico?

Sì, è previsto. Noi consideriamo la socialità un fattore decisivo nella scuola italiana anzi abbiamo sempre detto che la cosa più importante della nostra scuola è il processo formativo a prescindere anche dal processo nozionistico. L’aspetto della socialità è assolutamente decisivo e quindi soprattutto per i ragazzi più piccoli. Parlo anche da genitore e vedendolo con i miei figli: è un aspetto molto forte. Per loro è una condizione molto sofferta quindi bisogna immaginare di sopperire a questa difficoltà e sofferenza che c’è stata in questi mesi. Questo vale sia dal punto di vista psicologico ma vale anche dal punto di vista valutativo e formativo. Quest’anno abbiamo deciso sostanzialmente che non ci sarà il 6 politico ma non ci saranno bocciature. Abbiamo deciso che in una situazione straordinaria come quella attuale tutti verranno ammessi all’anno successivo.

Però siccome in Italia vige il principio della libertà di insegnamento, nel caso in cui uno studente abbia una insufficenza dovrà fare un corso di recupero l’anno prossimo prima dell’inizio della scuola, che sarà probabilmente posticipato proprio per fare corsi di recupero e consentire agli studenti più in difficoltà di mettersi in pari.

Questo è il meccanismo che ci siamo immaginati, forse discutibile ma lo sarebbe stato ancora di più se avessimo immaginato un meccanismo selettivo. Sarebbe stato ancora più singolare. È un discorso anche etico: non è giustificabile che con questo pandemonio che è successo si possa bocciare, bisogna cambiare i criteri di valutazione dello studente ma poi dargli una mano a recuperare.

 

 

Foto di copertina pagina Facebook Giuseppe De Cristofaro.

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