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Scuola e professori: un sottobosco di lavoro nero

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Le ripetizioni scolastiche
Lavoro sommerso

Sul quotidiano "il Centro", del Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A., sabato 18 giugno 2016, in una intervista a una madre di due studenti si sono narrate le vicissitudini economiche di una famiglia abruzzese intenta a risollevare le sorti scolastiche dei propri figli e i guadagni in nero di certi disonorevoli dipendenti dello Stato. 

"Per fare lezione di Matematica ed Economia, sempre con lo stesso professore spendevo 20 euro per ciascuna materia, quindi 40 euro a settimana", racconta, "si faccia il conto di quanto mi costava a fine mese". 

Sono 160 euro puliti che un professore si metterebbe in tasca con le ripetizioni, navigando circospetto in un fosco e losco mercato sommerso come quello delle lezioni private. Secondo Codacons sarebbero circa 850 milioni di euro all'anno. 

Un "sottobosco" di lavoro nero non quantificato, perché le ripetizioni si fanno in casa, senza ricevute, senza alcuna regolarizzazione, lezioni tenute un po' da tutti: dalle maestre dell'infanzia ai professori universitari, dai giornalisti agli studenti.

Qualche anno fa, AgoraVox ha ospitato un articolo sulle tematiche legate all'aumento dell'orario per gli insegnanti: "Abrogare o no la norma che prevede l’aumento dell'orario da 18 a 24 ore per i docenti?" . La rilettura del trafiletto potrebbe non essere essenziale, una sbirciatina ai commenti, forse, sì.

La gioventù preda di un famelico sistema rodato (un quadrimestre preoccupante, materie a settembre... lavoro assicurato per i precari e per chi non si accontenta mai) potrebbe, avendone ben donde, obiettare di essere essa soltanto, non altre, la via per un futuro migliore. 

"Io non sono come loro. Io sono come l'oro".

Qualcosa di prezioso da tenersi stretto, da salvaguardare; con la speranza di potere costruire un giorno una scuola a tempo pieno a costo di saccheggiare a piene mani quella scandinava di Finlandia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Bruto (---.---.---.162) 19 giugno 2016 12:22
    Bruto

    Le cose sono un po’ più complesse. Sintetizzando, il problema non è tanto il lavoro nero esentasse, abitudine e costume italico assolutamente in linea con tutto ciò che avviene in ogni settore del paese, il problema vero è che la professione di insegnante non si materializza (o non dovrebbe) nelle ore di lavoro in classe in compresenza con gli alunni, ma "dovrebbe" avere la sua dimensione e attuazione a casa, nella fase fondamentale ed essenziale di rielaborazione dei segnali avuti in aula, dall’esame e verifica delle "risposte" della classe e individualmente da ogni alunno, e con ciò che dovrebbe essere pianificato (teoricamente, ma, soprattutto, praticamente): il lavoro del/dei giorni successivi. E’ chiaro che ciò richiede tempo e il tempo (escludendo un altro mondo e un’altra dimensione parallela ancora solo teorica...) o lo impieghi nelle attività di cui sopra o lo passi a fare lezioni private e altro. Come vanno le cose e i risultati relativi sono sotto gli occhi di tutti.

  • Di Sandrine (---.---.---.2) 20 giugno 2016 13:13

    La soluzione è molto semplice: via gli esami di riparazione e scuole che puntino ad un buon livello medio di tutti gli studenti, non all’"eccellenza" di pochi.
    La meravigliosa scuola finlandese (o una nostrana Montessori, molto simile) non potrà mai esserci in Italia: come convinciamo un milioni di insegnanti a perdere il loro potere (il voto) ed i soldi per le lezioni private (il metodo per innalzare il voto)?

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