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Scoperto dove Erdogan ha studiato economia

Il guru della MMT ci spiega perché alzare i tassi causerebbe inflazione. Ovviamente sovvertendo il senso comune, prima che la teoria economica

Con un ritardo che deriva dall’imbarazzo provato per conto terzi, sono a segnalarvi un passaggio dell’imprescindibile intervista che Warren Mosler, guru della teoria monetaria moderna (per gli amici, MMT), ha concesso al Sole 24 Ore giorni addietro. Definito pudicamente “post-keynesiano” nella presentazione (ma anche post-lisergico andava benissimo), il nostro eroe ha spiegato come e qualmente il mondo e l’Europa riusciranno a risorgere dopo la pandemia. Purché le banche centrali gli diano retta, ovviamente.

Intanto, prendete nota: il patto di stabilità in Eurozona non serve più perché la Bce garantisce i debiti nazionali. E sin qui, nulla di sconvolgente, anche se userei il termine garanzia tra molte virgolette. Il punto che più mi ha affascinato, delle argomentazioni di Mosler, è un altro, grassetti miei:

[…] le banche centrali hanno un punto di vista capovolto: pensano che diminuire il tasso di interesse stimoli la crescita dell’economia e aumentarlo crea la recessione, quando in realtà è esattamente il contrario. Hanno portato i tassi a livelli negativi e l’economia non è ripartita perché avere un livello negativo è come tassare i risparmiatori.

Se invece i tassi sono alti, i governi devono pagare di più il servizio del debito e la spesa pubblica, aumentano i redditi del settore privato (soprattutto di chi è già ricco) e quindi l’inflazione. La mia missione in questo momento è fare capire questo alle banche centrali.


Se sale l’inflazione non devono alzare i tassi. La paura che prima o poi le banche centrali aumentino i tassi sta innescando i timori di un’austerità e questo impedisce alla Bce di esprimere il suo potenziale.

Erdogan, MMT e tu

In questo passaggio c’è dentro di tutto, inclusa una bella grattugiata di peyote. Si parte dalla constatazione che tassi negativi danneggiano i risparmiatori per giungere a sostenere che alzare i tassi finisce a premiare i detentori di debito, in termini di interessi incassati. Ed è qui che Mosler argomenta come il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: alti tassi d’interesse causano inflazione. Da domanda, per essere precisi.

Ignorando alcune cose, più o meno di senso comune. Ad esempio, che i soggetti più “agiati” abbiano comunque un’alta propensione marginale al consumo, cosa che appare sconfessata dall’osservazione empirica. Poi, che gli agenti economici, in presenza di tassi in aumento, non ragionino in senso “ricardiano”, cioè che non reagiscano a tale aumento immaginando che, prima o poi, qualcuno dovrà ripagare quei debiti, soprattutto quello pubblico, per cui ci saranno aumenti di tassazione e/o taglio di spesa. Ciò dovrebbe portare agenti economici “ricardiani” ad aumentare la propensione al risparmio, non aumentarla.

Ora, poiché esiste un paper per ogni tesi e antitesi, è possibile che da qualche parte esista anche quello che afferma che in realtà i risparmiatori sono tutto fuorché ricardiani. Ad esempio, i tedeschi, che vengono colti da crisi di nervi quando i tassi scendono, sembrano appartenere a questa famiglia di tagliatori di cedole da destinare a consumi. Cosa che peraltro pare logicamente confliggere con l’altro grande orientamento germanico, quello di vedere il debito come una colpa, non solo per comune radice etimologica. Ma sto divagando.

Tassi reali sempre più negativi, prima del collasso

Il precetto definitivo di Mosler è che, se l’inflazione aumenta, le banche centrali non devono alzare i tassi. Ora, a parte che detta così è tagliata molto grossa, perché serve capire se l’aumento è da costi o da domanda; ma se l’inflazione aumenta e le banche centrali non aumentano i tassi, ciò significa che i tassi reali scendono (la differenza tra tassi nominali e inflazione), e quindi che l’economia viene, in teoria e in astratto, stimolata. Forse è da qui che nasce l’inflazione, caro Mosler.

Dico in teoria e in astratto perché, oltre un certo punto, tassi reali negativi causano disordine monetario e aumento del premio al rischio, cioè aumento del tasso reale (oplà). E a quel punto che farebbe la banca centrale, in relazione allo stock di debito presente sul mercato e di cui gli investitori cercherebbero di liberarsi, facendo risalire i rendimenti? Forse lo ricomprerebbero a pie’ di lista stampando, causando uno scenario sudamericano o mediorientale.

Non so, mi gira la testa. È evidente che costui argomenta per un paradigma differente dal mio, e da quello di molti altri. Ma almeno abbiamo forse colto l’impianto teorico in base al quale il presidente turco vorrebbe gestire la sua banca centrale. Non è detto che sia quello, però, visto che Erdogan probabilmente applica soprattutto i precetti islamici e di conseguenza non ama il tasso d’interesse.

Piccola nota a margine: interessante che il principale quotidiano economico-finanziario italiano dia spazio a simili tesi “eterodosse”. Forse si stanno preparando al nuovo format del Festival dell’Economia di Trento. Dove peraltro Mosler è stato visiting professor, ci informa lo stesso articolo del quotidiano salmonato. Uniamo i puntini per verificare se l’elettroencefalogramma guizza?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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