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Sciopero dei calciatori, la rabbia del tifoso lavoratore

Il 27 e il 28 agosto i giocatori non scenderanno in campo. Sui social network la rabbia dei tifosi nei confronti di Damiano Tommasi e dei calciatori, visti come una casta che vuole difendere i propri diritti. Da cui però, forse il tifoso-lavoratore dovrebbe imparare.

Giorgio Bocca l'ha spiegato molto chiaramente su Repubblica. Non è proprio uno sciopero. La partita (più di una se non si troverà l'accordo) verrà recuperata.

Sui motivi di questa sospensione si può essere d'accordo o meno, ma il comportamento del tifoso medio che si sta palesando su Facebook è assolutamente deprecabile. Il profilo Facebook di Damiano Tommasi si sta riempiendo di insulti di ogni genere. 

La colpa? Essere calciatori; quindi "guadagnare miliardi" (ma i miliardi li guadagnano solo in serie A), dovrebbe obbligare il calciatore a non doversi lamentare mai del suo trattamento contrattuale. Un tifoso scrive nel profilo di Tommasi:

C'è gente che studia anni per vedersi offrire stage a 200 euro al mese e voi nababbi miliardari vi permettete di scioperare per cavilli sul contratto collettivo.

Il tifoso-lavoratore dovrebbe invece imparare da Damiano Tommasi e il suo sindacato che, organizzandosi e trovando una totale unanimità tra tutti i componenti delle squadre, è riuscito a portare le ragioni dei calciatori all'attenzione dell'opinione pubblica creando un "disagio" notevole ai presindenti delle squadre e ai tifosi.

E invece in occasioni di scioperi che siano dei calciatori, dei tramvieri, dei macchinisti, il tifoso-lavoratore si scaglia contro colui che protesta, non contro colui che ha obbligato il protestatore a protestare. Una completa inversione del colpevole. 

Manca la solidarietà tra lavoratori, manca la capacità di protestare e di unirsi per affrontare le situazioni. Ci verrebbe da dire al caro tifoso-lavoratore che parla dei giovani obbligati ad affrontare gli stage a 200 euro che la colpa non è del calciatore che cerca di far valere i propri diritti (a torto o ragione son fatti suoi, è il calciatore che scioperando si prende la sua responsabilità).

Non si deve sfogare la propria rabbia verbale su di lui, ma su chi negli anni tra politica, sindacato e media addomesticati, ha permesso un progressivo svuotamento delle coscienze, permettendo alla classe imprenditoriale di ridurre via via i diritti contrattuali dei lavoratori.

Anche ll tifoso-lavoratore dovrebbe arrabbiarsi vedendo allontanarsi il giorno in cui andrà in pensione, o la rata dell'asilo nido dei figlio che aumenta a dismisura a causa dei continui tagli agli enti locali. E organizzarsi. Ma un Damiano Tommasi dei lavoratori non si vede. Anche se, forse, Maurizio Landini ci assomiglia molto.

Commenti all'articolo

  • Di Claudio Paudice (---.---.---.190) 27 agosto 2011 14:25

    Questo è indice del basso moralismo dell’italiano medio. Dato che i calciatori sono miliardari, devono fare quello che devono fare, cioè giocare. Se c’è uno sciopero, un problema, un disaccordo, l’italiano medio non va ad informarsi per capirne i motivi. Ci si limita alla polemica da bar: "Ma con tutti i soldi che prendono scioperano pure?". E questo fa capire molto bene in quale ottica lo sciopero viene visto in Italia. Come uno strumento legato, non tanto ai diritti, quanto ai soldi. Il problema è che tutti ma proprio tutti pensano che i giocatori non abbiano diritto a scioperare o protestare. Devono giocare perchè noi, lavoratori, sudiamo tutta la settimana e la domenica vogliamo goderci la partita. Come se fosse un diritto inviolabile del cittadino, quello della partita. Non capiscono che quello che ha ucciso il calcio è proprio l’italiano medio, che da sport lo ha fatto diventare un’ossessione.

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