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Saviani

Anche oggi Marco ha preso il motorino, è uscito di casa e se n’è andato in cerca di notizie. Ha lavorato tutto il giorno e poi le ha mandate in internet a quelli che conosce. Fa anche un giornaletto (Catania Possibile) di cui finalmente anche i lettori hanno potuto vedere un numero (il primo solo i poliziotti incaricati di sequestrarlo in edicola) con relative inchieste. Non ci guadagna una lira e fa questo tipo di cose da una decina d’anni. Ha perso, per farle, la collaborazione all’Ansa, la possibilità di uno stipendio qualunque e persino di una paga precaria come scaricatore: anche qui, difatti, l’hanno licenziato in quanto "giornalista pacifista". Marco non ha paura (nè della fame sicura nè dei killer eventuali) ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Max è contento perché è riuscito a mandare in giro un altro numero della Periferica, il giornaletto che ha fondato con alcuni altri amici del quartiere. Il quartiere è Librino, il più disperato della Sicilia. Se ne parla in cronaca nera e nei pensosi dibattiti sulla miseria. Loro sono riusciti a mettere su una redazione, a organizzare non solo il giornale ma anche un buon doposcuola e dei gruppi locali. Non ci guadagnano niente e i mafiosi del quartiere hanno già fatto assalire una volta una sede. Max non ha paura, almeno non ufficialmente, ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Pino ha finito di mandare in onda il telegiornale. Lo prendono a qualche chilometro di distanza (la zona dello Jato, attorno a Partinico) e contiene tutti i nomi dei mafiosi, e amici dei mafiosi, del suo paese. Non ci guadagna niente (a parte la macchina bruciata o un carico di bastonate) ma lui continua lo stesso, ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Luca ha chiuso la porta della redazione, al vicolo Sanità. Il suo giornale, Napoli Monitor, esce da un po’ più di due anni e dice le cose che i giornalisti grossi non hanno voglia di dire. E’ da quando è ragazzo (ha iniziato presto) che fa un lavoro così. Non ci guadagna nulla, manco il caso di dirlo, e non è un momento facile da attraversare. Ma lui continua lo stesso, ed è contento di quel che fa.

Ho messo i primi che mi sono venuti in mente, così per far scena. Ma, e Antonella di Censurati.it? Sta passando guai seri, a Pescara, per quell’inchiesta sui padri-padroni. E Fabio, a Catania? Fa il cameriere, per vivere, ed è giornalista (serio) da circa quindici anni. E ti sei dimenticato di Antonio, a Bologna? Vent’anni sono passati, da quando gli puntarono la pistola in faccia per via di quell’inchiesta sui clan Vassallo e gli affitti delle scuole. Eppure non ha cambiato idea. E Graziella? E Carlo Ruta, a Ragusa? E Nadia? E... Vabbè, lasciamo andare. Mi sembra che un’idea ve la siate fatta. C’è tutta una serie, in Italia, di piccoli giornali e siti, coi loro - seri e professionali - redattori. Ogni tanto ne fanno fuori qualcuno, o lo minacciano platealmente; e allora se ne parla un po’. Tutti gli altri giorni fanno il loro lavoro così, serenamente e soli, senza che a nessuno importi affatto - fra giornalisti "alti" e politici - se sono vivi o no. Eppure, almeno nel settore dell’antimafia, il novanta per cento delle notizie reali viene da loro.

Saviano è uno di loro. Quasi tutti i capitoli di Gomorra sono usciti prima su un sito (un buon sito, Nazione Indiana) e nessuno, salvo chi di mafia s’interessava davvero, se l’è cagati. Poi è successa una cosa ottima, cioè che l’industria culturale, il mercato, ci ha messo (o ha creduto di metterci) le mani sopra. Ne è derivato qualche privilegio, ma pagato carissimo, per lui. Ma ne è derivato soprattutto che - poiché l’industria culturale è stupida: vorrebbe creare personaggi mediatici, da digerire, e finisce per mettere in circolo contenuti "sovversivi" - un sacco di gente ha potuto farsi delle idee chiarissime sulla vera realtà della camorra, che è un’imprenditoria un po’ più armata delle altre ma rispettatissima e tollerata e, in quanto anche armata, vincente.


* * *

Ci sono tre cose precisissime che, in quanto antimafiosi militanti, dobbiamo a Saviano. Una, quella che abbiamo accennato sopra: la camorra non è la degenerazione di qualcosa ma la cosa in sè, il "sistema". Due, che il lato vulnerabile del sistema è la ribellione anche individuale, etica. Tre, che lo strumento giornalistico per combattere questo sistema non è solo la notizia classica, ma anche la sua narrazione "alta", "culturale"; non solo "giornalismo" ma anche, e contemporaneamente, "letteratura". (Quante virgolette bisogna usare in questa fase fondante, primordiale: fra una decina d’anni non occorreranno più). Dove "letteratura" non è l’abbellimento laterale e tutto sommato folklorico, alla Sciascia, ma il nucleo della stessa notizia che si fa militanza.

Nessuna di queste cose è stata inventata da Saviano. Il concetto di "sistema", anziché di semplice (folkloristica) "camorra" è stato espresso contemporaneamente, e credo sempre su Nazione Indiana, da Sergio Nazzaro (non meno bravo di Saviano: e vive vendendo elettrodomestici); e forse prima ancora, sempre a Napoli, da Cirelli. L’aspetto fortemente etico-personale della lotta non alla "mafia" ma al complessivo sistema mafioso è egemone già nelle lotte degli studenti (siciliani ma non solo) dei tardi anni Ottanta. La simbiosi fra giornalismo e "letteratura", che è forse l’aspetto più "scandaloso" (e che più scandalizza; e non solo a destra) di Saviano è già forte e completa in Giuseppe Fava, e nella sua scuola.

Le "scoperte" di Saviano sono dunque in realtà scoperte non di un singolo essere umano ma di una intera generazione, sedimentate a poco a poco, nell’estraneità e indifferenza dell’industria culturale, in tutta una filiera di giovani cervelli e cuori. Alla fine, maturando i tempi, è venuto uno che ha saputo (ed ha osato) sintetizzarle; e che ha avuto la "fortuna" di incontrare, esattamente nel momento-chiave, anche l’industria culturale. Che tuttavia non l’ha, nelle grandi linee, strumentalizzato ed è stata anzi (grazie allo spessore culturale di Saviano, ma soprattutto dell’humus da cui vien fuori) in un certo qual senso strumentalizzata essa stessa.

* * *
Questa è la nostra solidarietà con Saviano. Non siamo degli Umberto Eco o dei Veltroni, benevoli ma sostanzialmente estranei, che raccolgano firme e promuovano (in buona fede) questa o quella iniziativa. Siamo degli intellettuali organici, dei militanti ("siamo" qui ha un senso profondissimo, di collettivo) che hanno un lavoro da compiere, ed è lo stesso lavoro cui sta accudendo lui. Anche noi abbiamo avuto paura, spesso ne abbiamo, e sappiamo che in essa nessuno essere umano può attendersi altro conforto che da se stesso. Roberto, che è giovane, vedrà certo la fine di di questo orrendo "sistema" e avrà l’orgoglio di avervi contribuito: non - poveramente - da solo ma volando alto e insieme, con le più forti anime di tutta una generazione.
 

Commenti all'articolo

  • Di Paolo (---.---.---.147) 22 ottobre 2008 23:56

    Tutti i Saviano di cui parli è certo che ci sono sempre stati e probalmente ce ne saranno per sempre.
    Ma il ’caso’ ha voluto che qualcuno scegliesse Roberto.
    Si probabilmente come solitamente si dice ’il caso ha voluto’ che su di lui ricadesse tutto questo interesse, che qualcuno vuol far passare come ’normale’, non un ’eroe’, e forse eroe non sarà, ma certamente un caso al di fuori della ’norma’.
    Però qualcosa di grande, misterioso, fuori dalla portata di tutti sta succedendo.
    Uno scossone tremendo sta attraversando il paese!
    I blog, i myspace, i facebook, i notiziari on line di ogni genere e specie, i giornali nazionali, locali, i notiziari radio, le TV satellitari, digitali, via etere , nelle locandine, per strada insomma ovunque si stà sollevando un mormorio che non avevo mai sentito.
    Roberto sta dando la sveglia al nostro paese, solo ora molti Italiani si stanno accorgendo che vivere a Napoli, a Casal di Principe, Villa Literno, Marcianise, e via dicendo non è mai stato facile!
    C’è un altro mondo!
    Tutta l’Italia se ne sta accorgendo solo ora!
    Dovevamo avere Saviano per uscire dalla nebbia! Probabilmente si !
    Grazie a lui il paese sta riscoprendo e tirando un fuori un senso di ribellione a tanti anni di connivenza tra politica e mafia.
    Ma siamo solo all’inizio.

    • Di riccardo orioles (---.---.---.61) 23 ottobre 2008 00:45

      Che puerilità. La lotta antimafia dura da molto prima di Saviano: abbiamo perso otto giornalisti solo in Sicilia - e più di cento fra giudici e sindacalisti - e ancora andiamo avanti. Che ne sai tu dei sacrifici, dei dolori, della forza divolontà che ci sono voluti e ci vogliono per far questo? Parlare di "eroi",è un modo di dire "io non c’entro", "non tocca a me". Meno chiacchiere, meno stupori, e più azione concreta. Una mano contro il "sistama" la puoi dare, anche in piccolo, pure tu.

  • Di Roberto Calabrò (---.---.---.130) 23 ottobre 2008 10:06

    Due considerazioni a margine del bellissimo articolo di Orioles:

    1) fa rabbia sapere che coraggiosi giornalisti impegnati quotidianamente sul territorio nel contrasto alle mafie, "semplicemente" attraverso il loro lavoro, siano costretti a fare i camerieri o vendere elettrodomestici per campare. E non siano invece assunti da testate ben più importanti che ci propinano ogni giorno gossip su politici, veline o reality assortiti.

    2) E’ da tempo che il procuratore antimafia Salvatore Boemi (per anni al lavoro alla procura di Reggio Calabria) parla di "Sistema".
    Anzi, per quanto riguarda il territorio di Reggio Calabria, dice che bisogna intendere il "Sistema" come il consiglio di amministrazione di un’impresa i cui azionisti sono la politica, l’imprenditoria, la ’ndrangheta e la massoneria.
    Boemi aggiunge anche un particolare inquietante che sfata tanti luoghi comuni: e cioè che in questa sorta di "consiglio d’amministrazione" la ’ndrangheta sia "l’azionista di maggioranza".
    Non lo è: è un azionista semplice, anche se il più feroce e sanguinario.
    Il braccio armato della parte più "rispettabile" del Sistema: quei politici ed imprenditori che godono sul territorio di un diffuso consenso sociale.

    Alla luce di questo, è facile comprendere perchè i cronisti impegnati seriamente nel giornalismo d’inchiesta non vengano "accettati" nelle redazioni dei quotidiani locali e perchè, dall’altro lato, non si è mai arrivati sinora - in tutte le inchieste riguardanti le mafie - al "livello politico" del sistema criminale.

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.35) 23 ottobre 2008 13:53

    Riccardo,
    capisco che l’argomento è interessantissimo e trainante, ma con ciò non volevo assolutamente controbattere le tue constatazioni ed il fibrillante racconto di una realtà nascosta per i più.
    E proprio qui che volevo insistere sul fatto che la stragrande maggioranza della popolazione è disinformata sull’argomento.
    Le uniche notizie le apprende dai Tg quando compaiono notizie di stragi ed uccisioni. Ma la realtà è enormemente più estesa.
    Ma la più grande disinformazione sta nella mancanza di conoscenza, da parte dell’opinione pubblica, dell’esistenza di una fitta rete di meno noti Saviano.
    E questo è indiscutibile. tu che segui più da vicino queste situazioni puoi essere un ns portavoce.
    Da parte sua Roberto Saviano è riuscito a scuotere anche i meno informati tramite due canali che hanno portato la notorietà sull’argomento: il libro ed il film.
    Per quanto riguarda i Maniaci, i Capezzone e cioè i meno noti purtroppo è disarmante apprendere che la comunità locale non li supporta come invece dovrebbe.
    Continua a tenerci informati su questi argomenti.

  • Di Francesco Piccinini (---.---.---.123) 24 ottobre 2008 17:16
    Francesco Piccinini

    Vorrei ringraziare Riccardo per questo splendido articolo. Grazie, di cuore.

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