Sardegna: terra di conquista per le multinazionali
In Sardegna sono sbarcate due multinazionali cinesi, Shenzhen Energy Group e China Environmental Energy (Ceeholdings), insieme al colosso energetico tedesco E. On, con l’obiettivo di costruire centrali fotovoltaiche, naturalmente accolte a braccia aperte dall’improbabile sardo Cappellacci, Presidente della Regione, per una operazione di tipo globale e neo coloniale, di cui quasi tutti i cittadini sono all’oscuro.
E, visto che al peggio non vi è mai fine, questi colossi multinazionali dell’energia stanno anche trattando per centrali a carbone “pulito”.
La prima osservazione che viene da fare è nella passività e incapacità dei nostri amministratori che, invece di progettare un dettagliato piano energetico regionale nella prospettiva di una autosufficienza energetica dell’isola con le rinnovabili, con ingegneri formati nei politecnici sardi, usando elementi fotovoltaici progettati e costruiti in Sardegna, con installatori preparati in loco, aspettano che cada la manna dal cielo e sono pronti a farsi colonizzare.
Non si tratta solo di subalternità a chi si muove con tecniche avanzate, con molto denaro, con metodi spicci, ma, trattandosi di centrali piuttosto grandi, significa consegnare il controllo energetico a queste multinazionali, il che contrasta decisamente un auspicabile sviluppo della microgenerazione che dovrebbe rendere indipendenti energicamente tutte le piccole e medie attività imprenditoriali, dalle stalle agli agriturismi, alle imprese artigianali, che significherebbe una ricchezza diffusa su tutto il territorio e maggiore competitività di tutto il comparto produttivo sardo.
Un buon amministratore, un buon politico, non dovrebbe mai favorire grossi gruppi stranieri, che portano i loro tecnici, portano le tecnologie fabbricate nei loro paesi, e sono qui solo per speculare sul prezzo dell’energia, che tra l’altro in Sardegna rimane più cara che altrove.
Gli indipendentisti, il M5S, devono intervenire in questa faccenda, perché i problemi della occupazione, della crescita, della capacità di innovare e di gestire, si risolvono solo prendendo in prima persona la responsabilità del fare, del progettare, del gestire e non aspettando passivamente le briciole della globalizzazione.
Foto: Wikimedia
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