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 Home page > Attualità > Economia > Sale la disoccupazione. Ma vi diranno che va tutto bene

Sale la disoccupazione. Ma vi diranno che va tutto bene

 

Come comunica Istat, nel terzo trimestre del 2010 il tasso di disoccupazione in Italia è stato dell’8,3 per cento, con un calo di un decimo di punto percentuale rispetto al secondo trimestre ed un aumento di tre decimi rispetto al terzo trimestre 2009. Per contro, il totale degli occupati nel terzo trimestre 2010 risulta in calo di 157.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2009. Prima che qualcuno inizi a festeggiare, è utile andare ad analizzare alcuni indicatori fondamentali per comprendere le reali tendenze del mercato del lavoro.

Così facendo scopriamo, ad esempio, che il tasso di occupazione totaleitaliana, nella coorte tra i 15 ed i 64 anni, nel terzo trimestre 2010 è calato di ben lo 0,8 per cento sullo stesso trimestre dell’anno precedente, ed è pari al 56,7 per cento. Nel terzo trimestre 2010, inoltre, il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni si attesta al 38,6 per cento, sei decimi di punto in più rispetto a un anno prima. Di rilievo il fatto che il maggior incremento annuale di inattivi si registri nel Nord-Ovest, con un più 3,3 per cento.Crescono in modo sostenuto gli inattivi, cioè le persone fuori dal mercato del lavoro, e questo finisce con il mascherare la reale entità della disoccupazione, producendo l’illusione ottica di un calo. Subito corretta, tuttavia, nel dato mensile di ottobre, anch’esso pubblicato oggi, che porta la frazione dei senza lavoro all’8,7 per cento, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al mese di settembre. Stanno poi suonando altri due campanelli d’allarme.

Cala l’occupazione (soprattutto maschile) a tempo pieno:

Nel terzo trimestre 2010 il numero degli occupati a tempo pieno registra una riduzione tendenziale dell’1,6 per cento (-316.000 unità). Il risultato è determinato sostanzialmente dall’accentuata discesa dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato (-349.000 unità), in particolare nelle imprese più grandi della trasformazione industriale e in quelle di più ridotta dimensione del commercio, non compensata dal moderato aumento dell’occupazione autonoma a tempo pieno (+40.000 unità).

E aumenta il part-time “involontario”:

Dopo la discesa intervenuta nel corso del 2009, gli occupati a tempo parziale continuano a segnalare ritmi di crescita significativi (2,9 per cento, pari a 94.000 unità in più rispetto al terzo trimestre 2009). L’incremento è dovuto esclusivamente al part-time di tipo involontario, ossia ai lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno.

Non per essere profeti di sventura, ma questi dati sembrano caratteristici della fase iniziale o intermedia di una recessione, non certo di una ripresa. La progressiva erosione del numero di occupati è verosimilmente figlia sia del tasso di crescita dell’economia italiana del tutto insufficiente non solo a sviluppare l’occupazione ma anche solo a mantenerne i livelli correnti. Inoltre, è verosimile che parte delle situazioni aziendali “congelate”, con il ricorso alla cassa integrazione in deroga, stiano lentamente ma inesorabilmente risolvendosi in ristrutturazioni o cessazioni, con relative espulsioni di forza lavoro.

Ma non temete: in assenza di Maurizio Sacconi e della sua intransigente “difesa della vita”, in televisione avrete sempre una Laura Ravetto (quella del Blackberry che non è un telefonino) a caso, che vi intratterrà dicendo che il nostro paese ha finora ricevuto valanghe di apprezzamenti dalle istituzioni economiche internazionali. Presto saremo citati come il primo caso al mondo di una ripresa economica che manda a gambe all’aria il mercato del lavoro. Ma sono i numeri ad essere comunisti, senza dubbio.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.126) 22 dicembre 2010 17:12

    L’Istat è l’ente pubblico di statistica la cui utilità è soprattutto quella di diffondere i dati che "convengono" al governo di turno .

    Sugli indici istat relativi all’inflazione vengono per esempio rimodulati stipendi e pensioni : In sostanza l’INPS applica una perequazione automatica a tutti i pensionati pubblici e privati adeguandola all’inflazione . Dal che capisci bene che più basso è l’indice di inflazione e più bassi sono gli aumenti per perequazione . Per ottenere questi risultati basta per esempio "modulare " in modo opportuno le voci che compongono il paniere dei consumi su cui calcolare l’indice di inflazione, e il gioco è fatto.
    Ci sono poi anche dati , come per es. quelli relativi all’occupazione che volutamente non tengono conto di molti fattori , per es la diserzione dalle liste di collocamento , per fornire un dato meno allarmante della realtà . E questo ovviamente a vantaggio del governo di turno.
    Quindi, con un pò di esagerazione ma non troppo lontano dalla verità , si può definire L’Istat come "ente balle di stato " .

    paolo

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