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Roberto Benigni chiede la liberazione dell’attore e regista birmano Zarganar

Zarganar è il nome d’arte di U.Thura, 48 anni, poeta, drammaturgo, regista, il più famoso attore satirico del Myanmar.
Irriverente, scomodo, re dei doppi sensi per sfuggire alla dura censura militare, coraggioso antagonista del regime dittatoriale birmano, Zarganar è stato arrestato nel giugno scorso e successivamente, nel novembre scorso, è stato condannato alla pena pesantissima di 59 anni di carcere. Il regime "orwelliano" birmano, con un processo farsa durato pochi minuti, lo ha trasformato in una "non - persona".

L’attore - regista birmano Zaraganar, accusato di aver violato sei articoli del codice birmano, in realtà, insieme ai suoi compagni Zaw Thet Htway, Thant Zin Aung e Khin Maung Aye (compagni di sventura, condannati anch’essi a pene durissime) aveva organizzato nel maggio scorso un gruppo di 400 intellettuali, studenti, artisti e scrittori per portare aiuti alle vittime del devastante ciclone Nargis.

Dopo aver visitato la popolazione di 42 villaggi distrutti, totalmente abbandonata a se stessa dal regime militare, Zarganar aveva criticato, con giornalisti internazionali, il comportamento del regime militare che aveva del tutto trascurato di aiutare le vittime di un ciclone che aveva causato 140 mila morti e 2 milioni di senza tetto.

Per aver portato aiuti umanitari e per avere denunciato l’indifferenza del governo birmano alle sorti della popolazione civile, Zarganar è stato condannato a 59 anni di carcere (poi ridotti dalla Corte d’Appello a 34 anni).

Di fronte all’assurda e ingiusta condanna emessa contro il collega birmano, gli autori italiani di cinema, televisione e documentari dell’associazione "100 autori"- più di trecento tra registi, sceneggiatori, documentaristi, una parte significativa di tutti gli autori italiani, tra i quali nomi storici come il nove volte Premio Oscar Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Liliana Cavani - hanno inviato in febbraio un forte appello al ministro degli Affari Esteri Franco Frattini chiedendo "che la diplomazia italiana si attivi con la massima energia e rapidità per ottenere la scarcerazione immediata dell’attore e regista Zarganar detenuto senza alcun valido motivo".

Nel corso della prima assemblea dei "100 autori" tenuta a Roma nel febbraio scorso, alcuni degli autorevoli autori presenti, hanno perfino proposto di cambiare il nome dell’associazione da "100 autori" in "Zarganar" quale dovuto omaggio al collega birmano in carcere.

All’appello dei "100 autori " è seguito un secondo pressante appello al ministro Franco Frattini, diffuso il 3 marzo scorso da un nutrito gruppo di autori piemontensi, documentaristi e filmakers, tra i quali Davide Ferrario, Giuliano Girelli, Enrico Verra, riuniti intorno all’associazione "Documè".

Un terzo significativo appello per la liberazione di Zarganar è stato inviato l’11 marzo scorso da più di 100 documentaristi dell’Emilia - Romagna dell’associazione D.E-R.

A tutti gli appelli per la liberazione di Zarganar, sottoscritti dalla stragrande maggioranza dei registi, sceneggiatori, documentaristi e filmakers italiani, hanno aderito i senatori e deputati dell’Intergruppo "Amici della Birmania" che hanno assicurato gli autori italiani che "si impegneranno a sostenere la richiesta di liberazione di Zarganar presso il ministro degli Affari Esteri".

Gli autori italiani hanno anche sollecitato l’intervento delle associazioni europee degli autori di cinema e televisione e sono arrivate le prime autorevoli adesioni. José Boaru, presidente della SGAE (Società di autori e editori spagnoli), ha dato "il pieno appoggio a tutte le iniziative che verranno prese per liberare Zarganar".

Negli ultimi giorni è intervenuto anche Roberto Benigni. Dopo aver appreso della vicenda di Zarganar, Benigni ha inviato dall’estero, dove è impegnato nella tournée internazionale dello spettacolo "Tutto Dante", la sua autorevole e significativa "adesione all’ appello con la richiesta di liberazione immediata di Zarganar".

Relegato nella remota prigione di Myitkyina nel Kachin State, l’attore satirico birmano non ha ancora avuto notizia delle manifestazioni di solidarietà di Benigni e dei suoi colleghi italiani. Definito a più riprese dalla stampa internazionale il "Lenny Bruce birmano", il "Dario Fo d’Oriente", il "David Letterman asiatico", l’attore birmano ha sempre avuto una predilezione per la poetica di Roberto Benigni.

Nel 1995, incontrando una giornalista Italiana che gli chiedeva "Sono italiana...mi racconta qualcosa?", Zarganar rispose: "Italia, ah! Roma! Binighni! Binighni!".
La giornalista non mostrava di comprendere l’accento dell’attore, così Zarganar, da fan entusiasta e ammiratore dell’attore toscano, prese una penna e scrisse a lettere cubitali: B-E-N-I-G-N-I.

Zarganar ha avuto una vita molto dura. Figlio di Nan Nyunt Swe, scrittore e notissimo attivista politico, e di Kyi Oo, scomparsa il 20 marzo scorso, e in passato eletta come candidato indipendente al Parlamento, Zarganar in precedenza è stato incarcerato nel 1988 per un anno ai tempi della rivolta studentesca contro la dittatura. Successivamente nel 1990 è stato incarcerato per 4 anni per aver impersonato, in una parodia satirica, il generale Saw Maung, allora capo della giunta militare.



Alla scarcerazione gli fu proibito di esibirsi in pubblico, di recitare in film, di lavorare come produttore, sceneggiatore e attore. Le poche cose che Zarganar poteva ancora fare erano attentamente monitorate dalla censura militare. Dopo alcuni anni gli fu permesso di lavorare, ma nel 1997 dopo l’uscita del suo film "Lun", fu bandito per altri tre anni dal mondo cinematografico e televisivo.

Nel 2000 gli venne concesso di fare film e video, ma gli fu ancora preclusa qualsiasi performance pubblica in televisione o teatro. Nel 2006 venne bandito indefinitivamente dal mondo del cinema e dei video per aver dato un’intervista alla BBC

Nel 2007 fu arrestato per aver partecipato alle proteste pubbliche contro il regime militare e per aver portato pubblicamente, insieme a Kyaw Thu, un’altra celebrità birmana, cibo e bevande ai giovani monaci che si stavano prepando per le proteste di piazza. 

Il nome d’arte "Zarganar" (in birmano "pinzette") deriva dagli studi di medicina dell’attore che in gioventù doveva diventare un dentista. Ma come hanno sempre sostenuto i Moustache Brothers, straordinario gruppo comico di Mandalay - uno di loro, Par Par Law, è stato recluso per sette anni per una battuta su Than Shew, l’attuale dittatore birmano ed è stato liberato nel 2007 anche grazie ad un intervento del Premio Nobel Dario Fo - "i dentisti in Birmania non hanno lavoro". Appena i Moustache Brothers vedevano lo stupore e lo smarrimento sul volto degli interlocutori stranieri, rispondevano completando l’incipit con una battuta fulminante: "i dentisti non hanno lavoro perchè in Birmania nessuno può aprire bocca!".

A Zarganar non sono mai riusciti a chiudere la bocca. Dopo il disastro provocato dal ciclone Nargis ha coraggiosamente denunciato il malaffare: "la popolazione non ha ricevuto niente dalle Nazioni Unite e dalle Ong internazionali. Le Nazioni Unite e un sacco di organizzazioni professionali hanno consegnato i loro aiuti nei depositi delle autorità...".

Oggi Zarganar vive nella stessa gravissima situazione di altri prigionieri politici birmani, continuamente sottoposti a vessazioni, violenze e torture di ogni genere. Anche alla Croce Rossa Internazionale è preclusa la possibilità di verificare le condizioni di salute dei detenuti.
Al momento nelle carceri birmane sono detenuti più di 2000 prigionieri politici, dei quali oltre 200 sono giovani monaci buddisti.

Nel febbraio scorso il regime birmano ha ordito l’ennesima beffa ai danni della comunità internazionale e dei governi occidentali. I generali hanno annunciato la liberazione di 6000 detenuti per buona condotta, ma poi si è scoperto che solo 20 dei detenuti rilasciati erano prigionieri politici.

Gli autori italiani sono in fermento e pensano a nuove iniziative clamorose per ottenere la liberazione dell’attore - regista birmano. Zarganar non sarà dimenticato!







 

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