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Rischio cardiovascolare: nuovi dati

Una grande revisione aggiorna i database OMS sul rischio di ictus e infarti, anche non fatali. Per la prima volta considerando l'area di provenienza, ma il fumo rimane un fattore di rischio estremamente potente.

di Cristina Da Rold

 

Stimare il rischio cardiovascolare di un individuo che non ha mai presentato eventi acuti, come ictus o infarti, non è così semplice. Come sappiamo, sono molte le variabili che concorrono a comporre il rischio di conseguenze, fatali e non: l’età, il sesso, il peso, le abitudini alimentari, anche in termini di colesterolo, la genetica, il fumo, l’alcol, la mancanza di attività fisica.
Esistono a questo proposito delle carte del rischio (OggiScienza ne aveva parlato qui), che aiutano a schematizzare la nostra situazione sulla base delle nostre abitudini.

Si tratta tuttavia di una categorizzazione molto schematica, che tiene conto di alcuni dati, ma non di tutti. Su The Lancet Global Health è stato pubblicato un ampio studio internazionale che ha analizzato moli maggiori di dati rivisitando i diagrammi di rischio delle malattie cardiovascolari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, grazie allo sforzo congiunto di OMS, del BHF Centre for Research Excellence dell’Università di Cambridge, dello UK Medical Research Council, e del National Institute for Health Research britannico. Il risultato è molto importante perché per la prima volta consente un’identificazione più accurata delle persone ad alto rischio di malattie cardiovascolari in contesti diversi.

Un nuovo modello

Grazie ai dati provenienti dalla Emerging Risk Factors Collaboration – un consorzio di 130 studi prospettici da più di 30 paesi – è stato possibile costruire un modello di previsione del rischio a 10 anni per malattie cardiovascolari fatali e non fatali. I partecipanti erano 376.177 dai 40 agli 80 anni, provenienti da 85 coorti, senza una storia nota di base di malattie cardiovascolari, e sono stati seguiti fino al primo infarto del miocardio, malattia coronarica fatale o di ictus. I modelli includevano informazioni su età, stato di fumo, pressione arteriosa sistolica, storia di diabete e colesterolo totale.

I livelli generali di rischio assoluto stimati sono più bassi rispetto a quelli dei precedenti modelli OMS, come si nota dalla scelta dei colori. Le sezioni arancioni ora indicano un rischio a 10 anni superiore al 10% (non più al 20%), mentre le sezioni rosse indicano un rischio maggiore del 20% di eventi avversi fatali e non (non più del 30% come nelle precedenti versioni del modello).

Il rischio varia da regione a regione, a parità di caratteristiche individuali

I ricercatori hanno osservato che, a seconda dell’area geografica in cui vivono, persone con lo stesso profilo presentano dopo 10 anni un rischio cardiovascolare diverso, il che significa che non è detto che lo stesso approccio di prevenzione primaria e promozione della salute valga in contesti diversi, anche a fronte di profili epidemiologici simili. Ad esempio, il rischio stimato di malattie cardiovascolari per un fumatore maschio di 60 anni senza diabete e con pressione arteriosa sistolica di 140 mm Hg e colesterolo totale di 5 mmol/L (194 mg/dL) variava dall’11% in America Latina andina al 30% in Asia centrale.
In generale, considerando 79 paesi, principalmente paesi a basso e medio reddito, la percentuale di individui di età compresa tra 40 e 64 anni stimata con un rischio superiore al 20% variava da meno dell’1% in Uganda a oltre il 16% in Egitto.

Il grafico qui sotto mostra la distribuzione del rischio di eventi cardiovascolari gravi, non necessariamente mortali, a 10 anni, in uomini e donne dai 40 ai 64 anni in alcuni paesi a basso e medio reddito con livelli di colesterolo da 2,6 a 10,3 mmol/L, cioè – per usare un metro a noi più noto – da 100 a 387 mg/dL. Osserviamo che in Nord Africa e in Asia Centrale la percentuale di maschi che presenta un rischio elevato (linee rosso scuro e rosse) è maggiore rispetto a quella di altri paesi, e che in quasi tutti i paesi esaminati, le donne mostrano un rischio cardiovascolare minore rispetto agli uomini. In Egitto, poco meno del 10% dei maschi dai 40 ai 64 anni con queste caratteristiche ha un rischio cardiovascolare altissimo.

Il fumo raddoppia il rischio di eventi cardiovascolari

Nel secondo appendice all’articolo, gli autori propongono quindi una rielaborazione delle tabelle di rischio cardiovascolare, a seconda dell’area geografica esaminata, alla luce dei dati raccolti. Selezionando la tabella relativa all’Europa Occidentale, di cui l’Italia fa parte, vediamo che il rischio cardiovascolare è maggiore negli uomini, specie fra i più giovani, rispetto alle donne e che il fumo è un fattore di rischio molto potente.
Un uomo fra i 55 e i 59 anni, per esempio, con una pressione media dil 120 ai 140 mm Hg, e fortemente in sovrappeso ha quasi il doppio del rischio di eventi cardiovascolari avversi se fuma, invece che se non fuma: il 12% contro il 7%. Lo stesso gap si osserva fra individui della stessa età e indice di massa corporea con pressione sanguigna molto elevata, superiore a 180 mm Hg: i fumatori maschi presentano un rischio cardiovascolare del 35%, i non fumatori del 17%.


 

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

Fotografia: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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