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Riflessioni di una scuola “cattiva”. Il senso dell’aggettivo democratico nel partito della Buona scuola

L’etimologia dell’aggettivo cattivo, derivato dal latino captivus, prigioniero, mi riporta alla mente l’immagine dell’attuale scuola italiana, captiva, imprigionata nell’ennesima riforma che, utilizzando un altro derivato, la incattivisce. Nel tentativo di ammansire la pantera, simbolo delle proteste studentesche anni ’90, questa ennesima riforma l’ha invece risvegliata, più feroce che mai.

Nella stagione invernale della Buona scuola renziana e a distanza di circa sei anni dal mio ultimo contributo sulla faccenda Gelmini (Un altro mattone nel muro, Aracne 2009), credo sia il caso di fare il punto anche sulla “faccenda Renzi” e sulle novità introdotte dalla L.107, novità pubblicizzate con l’espressione Buona scuola e con relativo logo visibile sul sito Miur, dalla grafica anni ’60, sebbene questa ennesima riforma per i suoi contenuti ci riporti, in verità, agli anni della riforma Gentile, la prima che impose una chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi.

Mi sarebbe piaciuto intervenire in precedenza, quando ancora si parlava di Referendum e di comitati per l’abrogazione del DDL renziano; oggi, mi viene in mente una vecchia canzone di Vasco Rossi, Ormai è tardi, che mi riporta ai tempi dei concorsi anni ’90. Da allora, il malcontento verso i dipendenti della Pubblica Amministrazione italiana è cresciuto non poco, ma questo malcontento si potrebbe riferire a qualsiasi ambito; penso ai recenti casi, gravissimi, di malasanità, casi per i quali non sempre si sono attuate le dovute misure cautelari, giudiziarie, processuali, eppure non è mai stata messa in discussione la categoria dei medici, né il suo essere un grande contenitore di ricchi dipendenti pubblici assunti (e spesso assenti) a tempo indeterminato.

Mettere in discussione la professionalità di una particolare categoria di dipendenti pubblici non può essere il fondamento su cui basare una riforma che elegge il parametro del licenziamento ad equalizzatore sociale, mediante l’introduzione dell’instabilità contrattuale: si viene assunti per tre anni da una scuola, su chiamata diretta di un dirigente scolastico, poi si vedrà. Una riforma degna di essere chiamata così, piuttosto, rinnova l’edilizia scolastica, muta i canali di reclutamento, aggiorna culturalmente i docenti organizzando corsi di didattica ad hoc, non master online per fare punti in graduatoria e riciclare il bonus renziano di 500 euro. Una riforma della scuola mira ad elargire contratti ai tantissimi precari presenti da decenni in graduatoria permanente (che Fioroni definì a esaurimento, per cui oggi si usa l’acronimo GAE), taluni anche dopo aver vinto un concorso pubblico. Eppure, nelle fasi 0, A e B sono state assunte pochissime persone appartenenti alle schiere poco fa menzionate; molti di più sono stati assunti in fase C.

Ma ha senso assumere, in questa cosiddetta fase C, gli idonei di una graduatoria concorsuale, ponendoli nelle scuole senza avere una materia da insegnare o la possibilità di partecipare ai consigli di classe, per esprimere i propri voti disciplinari? Solo dall’anno 2016/17 potrebbero passare su cattedra, ma i neo-arruolati in fase C non hanno mai vinto un concorso e non hanno scalato alcuna graduatoria permanente, a differenza degli altri immessi in ruolo nelle fasi precedenti.

Renzi si giustifica dicendo che voleva svecchiare la classe docente, ma ha visto le date di nascita della maggioranza dei neo-arruolati in fase C? Persone precarie da anni, non vincitori ma talvolta idonei ad un concorso, con pochi punti in graduatoria permanente e, talvolta, esclusi da quelle graduatorie e inseriti solo nelle graduatorie di istituto, sono accecati dall’euforia generale di un contratto definito “a tempo indeterminato” che, di fatto, non offre la garanzia del desiderato “posto fisso”, perché la L.107 non nega il licenziamento nel pubblico impiego, se la legge è interpretata alla luce della modifica attuata all’articolo 18 e dell’introduzione di un Comitato di valutazione dei docenti in cui figura un membro esterno. Questi due elementi, insieme a una norma contenuta nel Testo Unico del pubblico impiego (TU 2009), prefigurano la fine del tempo indeterminato, argomento che va analizzato osservando diversi altri riferimenti normativi, che non ho potuto menzionare direttamente ad alcuni docenti, auto-proclamatisi nei Social Network artefici vittoriosi delle modifiche al vecchio DDL e neo-arruolati grazie alla 107.

Vincenzo Terracino ed Ilaria Ceccarelli, tra gli altri, affermavano su Facebook di aver modificato il vecchio DDL partecipando alla stesura del testo definitivo della 107, esaltandone i contenuti e invitandomi a licenziarmi e a “prepararmi al contratto triennale”, insomma minacce da bulletti di scuola, non da insegnanti; una di loro, se non sbaglio proprio la Ceccarelli, scriveva perfino che le mie erano “lugubrazioni” e nella sua sgrammaticata e confusa invettiva mi chiedeva come avrei giudicato in classe alunni con problemi di dislessia se me la prendevo tanto per un errore; beh, fosse solo l’errore, non me la sono mai presa per un errore, ben consapevole che la grammatica è l’invenzione momentanea di una struttura fondata su un paradigma mutevole … ma me la prendo per l’orrore della loro ignoranza, per la loro incapacità di sostenere un discorso, per l’infondatezza dei loro ragionamenti e delle loro offese gratuite.

Sono questi i nuovi iscritti al PD? Sono questi i tuoi giovani, Matteo Renzi? Persone che offendono in quanto hanno incontrato chi conosce da molti più anni i meccanismi del pubblico impiego? Non sono affatto concorde con i contenuti della riforma renziana, tuttavia proprio dalle offese degli incoscienti bulletti renziani è nata l’idea di chiarire la pericolosità di questa riforma a chi, purtroppo, la difende perché la ignora. Dinanzi alla Buona scuola i tagli operati dalla riforma Gelmini erano scaramucce, ma prima di citare i riferimenti normativi che qui tutti potranno leggere, diversamente dai Social in cui i filorenziani operano la messa al bando delle opposizioni, intendo innanzitutto ribadire che una riforma basata sulla possibilità di licenziare un docente non migliorerà la qualità e la professionalità di un dipendente, né lo migliorerà l’acquisto di un pc o di testi (con il bonus anche un fumetto si può acquistare, sebbene si possa essere docenti più preparati anche leggendo un semplice Topolino…).

La categoria degli insegnanti è stata messa in discussione da tempo: fannulloni, nullafacenti, assenteisti, destinatari di ferie lunghissime e di agevolazioni su orari (in verità, i docenti pendolari lavorano circa tre ore in più, per ogni giorno in cui viaggiano) ma, soprattutto,gli insegnanti sono dipendenti pubblici troppo fortunati, essendo stati assunti a tempo indeterminato senza essere mai sottoposti a una modifica contrattuale o a una verifica del proprio operato. Per la verità, penso agli esuberi e ai docenti sovrannumerari, per i quali non esiste un tempo indeterminato, in quanto ruotano di cattedra in cattedra (tutte nelle amene e pericolose periferie, di solito) e attendono le assegnazioni provvisorie di ogni anno; penso anche ai licenziamenti per gravi infrazioni, come l’abbandono di servizio, la culpa in vigilando, l’omissione di soccorso, l’aggressione verbale e fisica.

Ma, da oggi, tutto cambia. Si è parlato di merito, di valutazione dei docenti attraverso un Comitato, terminologia che avrei utilizzato in un bel film in bianco e nero, più nero che bianco, molto anni ’20; si è parlato di contratti triennali, di un bel bonus di 500 euro (che su 1500 scarsi di stipendio fanno certamente la differenza), di tantissime altre novità che renderanno la professione docente mai stabile, più soggetta ad esuberi, remunerata in modo non corrispondente al valore sociale e culturale della professione svolta (rimando al bellissimo e recente intervento di Carlo Verdone sulla questione).

Aggiungerei qualcosa anche sull’anno di prova, sui criteri di valutazione e sull’inserimento di un membro esterno nel famoso Comitato di valutazione (già previsto nel DDL, che cito): “Per la valorizzazione del merito del personale docente è istituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un apposito fondo, con lo stanziamento di euro 200 milioni annui a decorrere dall'anno 2016, ripartito a livello territoriale e tra le istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti […]. Il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti, istituito ai sensi dell’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come sostituito dal presente articolo, assegna annualmente al personale docente una somma del fondo di cui al comma 125 sulla base di motivata valutazione”. 

Il Comitato di Valutazione dura tre anni scolastici, è presieduto dal dirigente scolastico e dovrebbe valutare i criteri per la valorizzazione dei docenti, valutando la qualità dell’insegnamento e il contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti; ma come si fa ad avere la pretesa di riuscire a valutare tutto questo?

Bisogna anche valutare i risultati ottenuti dal docente o da un gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche; ma questi punti come si possono valutare, con quali griglie di valutazione?

Questo Comitato valuterà anche il servizio, di cui all’articolo 448 del TU della scuola, previa relazione del dirigente scolastico, esercitando le competenze per la riabilitazione del personale docente, di cui all'articolo 501 del Testo Unico. Ovvero, trascorsi due anni dalla data dell’atto con cui è inflitta una sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva. Ma se citiamo l’articolo 55 del TU si afferma che “il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento”.

Ad oggi, la norma citata ai sensi dell'articolo 74 del dlgs 150 del 2009, pare essere esclusa nel settore scolastico, ma l’articolo si riferisce agli organismi indipendenti di valutazione correlati alla performance. Ora, il Comitato di Valutazione è stato realizzato, ed alla fine del triennio del 2018 si costituirà anche il Comitato tecnico scientifico nominato dal MIUR, che dovrà indicare le linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale. La contrattazione collettiva ha, quindi, un ruolo marginale rispetto alla valutazione.

Riguardo, poi, al tema caldo della mobilità e degli ambiti territoriali, secondo quanto previsto dalla legge 107/2015, i docenti assunti prima del 2015 e quelli assunti in fase B e C che chiederanno trasferimento saranno assegnati ad un ambito territoriale, nel quale presentare la propria candidatura ai singoli dirigenti scolastici, che decideranno se assumerli, per tre anni; gli assunti in fase 0 e A potranno indicare, invece, nella propria domanda di mobilità non gli ambiti territoriali ma le singole scuole. I vecchi ruoli e i nuovi ruoli delle fasi 0 e B (ossia i vecchi precari e i alcuni degli idonei da concorso 2012) perderanno la titolarità su una singola scuola, chiedendo il trasferimento, mentre i nuovi ruoli otterranno la titolarità. E come si sarà assegnati ad una scuola, su quali parametri si verrà destinati all’organico di diritto o al potenziamento?

Sulla questione è intervenuta Giovanna Onnis in un articolo pubblicato sul sito Orizzonte Scuola, una fonte che il già citato esaltatore della 107, Terracino, aveva definito molto fuorviante; l’articolo della Onnis è intitolato “Mobilità 2016/17. Docenti trasferiti negli ambiti territoriali: in quale scuola e su quale classe di concorso lavoreranno”; la Onnis cita il comma 73 della legge 107 e il comma 79, dove si stabilisce che “A decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, […], anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi e della precedenza nell'assegnazione della sede ai sensi degli articoli 21 e 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104”.

Il docente trasferito nell’ambito territoriale potrà presentare la propria candidatura al Dirigente scolastico che proporrà l’incarico adottando, tuttavia, criteri non chiari ma farfugliati nel comma 80, dove si parla di “valorizzazione del curriculum, esperienze e competenze professionali”, senza entrare nello specifico. Se i docenti non ricevono nessuna proposta di incarico sarà l’Ufficio Scolastico Regionale a provvedere, come previsto dal comma 82.

Dal 2016/17 i neossunti in fase C, su potenziamento, possono essere quindi assegnati a posto comune. Che succederà ai docenti precari inseriti nelle graduatorie a esaurimento, che attenderanno il conferimento di incarichi annuali su posti diminuiti per la contrazione delle cattedre assegnate ai neo-immessi? E che succederà ai sovrannumerari? Perché si sono suddivise le categorie dei docenti di ruolo nelle fasi 0, A, assunti pre-2015 e C, mentre si poteva osservare il criterio del punteggio e dell’anzianità di servizio?

Certo, siamo d’accordo sul fatto che il parametro del punteggio o dell’anzianità di servizio non è un parametro di merito, ma allora perché si nega punteggio al servizio nei licei paritari e viene riconosciuto a un docente delle superiori, ad esempio, anche il punteggio maturato nella scuola materna? Quante anomalie nel reclutamento della professione docente, anomalie che non sono mai state risolte da alcuna riforma. Ma questa renziana, si arroga addirittura l’onore di averci suddivisi in fasi che non tengono conto di alcun parametro finora considerato. Se un docente in fase B ha più punti di uno in fase 0, che cosa conterà, dato che la sua domanda verrà considerata quando ci saranno molte meno cattedre, occupate dai docenti ormai trasferiti nelle fasi precedenti? 

Perché i docenti assunti entro il 2014/15 devono giocarsi la mobilità su tutti gli ambiti territoriali e non possono esigere la titolarità su singola scuola? Sulla questione (incostituzionale, direi) degli ambiti alcune regioni, fra cui la Puglia, hanno impugnato la legge 107, ma continua l’assurda negazione della totale inaccettabilità della L.107; il governo e i suoi sostenitori stanno, infatti, demagogicamente esaltando il caos generato dalla riforma con la motivazione che “Renzi ha assegnato posti di lavoro”, affermazione che può essere facilmente confutata ascoltando le esperienze di alcuni neo-assunti in fase C.

Riporto una testimonianza letta sempre su Orizzonte Scuola, che ben lascia comprendere cosa significa conferire al preside determinati margini di autonomia, se quel preside si spinge ben oltre le solite scelte illegali alle quali eravamo abituati, ad esempio la consuetudine di non spezzare le cattedre in fase di convocazione su Graduatoria di Istituto, a me è capitato spessissimo…; leggete cosa succede nelle scuole italiane che organizzano la fase C su misura per qualcuno e contro i diritti di qualcun altro:

“Gentilissimi, sono una abilitata TFA secondo ciclo sulle classi A043/ A050. Vorrei sottoporvi la mia storia: 22 settembre 2015, prendo servizio su una cattedra A043 di 8 ore fino ad avente diritto. La cattedra è della vicepreside (e dunque è libera per semi-esonero del vicario del preside). Mi viene detto subito che la cattedra verrà “messa sul mercato” della fase C ma che, se nessuno della fase C la sceglierà, rimarrà a me. 30 novembre 2015: arriva il fatidico giorno dell’assegnazione delle cattedre della fase C. La mia cattedra non è stata “messa sul mercato” come cattedra A043, bensì è presentata come (accorpata con un’altra, sempre di A043) una A051 di un liceo (che chiamerò X). Cioè (se ho capito bene): chi prende questa cattedra passerà a ruolo sulla A051 e, pur lavorando, per quest’anno, su due cattedre A043, tale lavoro gli vale come se insegnasse su una A051. Qualcuno (dalle Gae) sceglie questa cattedra “ibrida”. Ma ha deciso di rimandare la presa di servizio a settembre. 30 novembre 2015: il mio contratto si interrompe. 4 dicembre 2015: a questo punto il liceo X bandisce, nella sua graduatoria di istituto, la “falsa” A051 (costituita, appunto, da due spezzoni sulla A043) come supplenza fino al 30 giugno. Dunque la mia cattedra, pur essendo una A043, ha cambiato, per effetto della fase C, classe di concorso e si è trasformata in una A051. Ovviamente a me non arriva neppure la convocazione, visto che non sono nella graduatoria della A051 di quel liceo. 7 dicembre 2015: il mio contratto si interrompe. Prende servizio al mio posto, fino al 30 giugno una collega proveniente dalla terza fascia della A051 del liceo X. La collega non è abilitata e non ha mai insegnato alle medie. Conclusione: un non abilitato scalza un abilitato. Mi chiedo: è costituzionale?”.

Alla domanda la risposta ovvia è: non lo è, ma si può fare. La collega è stata licenziata con un escamotage, ma a proposito di licenziamento, io continuerei citando le ultime affermazioni del Ministro Madia, che rassicura sugli effetti del Jobs Act in merito al licenziamento dei dipendenti, affermando che non sarà applicata alla Pubblica Amministrazione, contraddicendo tuttavia la Corte Suprema, che invece ha affermato l’applicabilità delle norme valide nel lavoro privato anche nel pubblico impiego. La Giannini osservava che “uno su tre potrà essere stabilizzato in ruolo dal prossimo anno scolastico. Credo che sia un’operazione che non ha precedenti”; non è esatto, in quanto nessun docente può definirsi “stabilizzato” se il suo contratto è triennale; non può nemmeno più decidere come chiedere un trasferimento, ma lo decide un governo, dall’alto.

L’assunzione dei docenti, in precedenza, è avvenuta per graduatoria o per concorso: 1990, 1999 e 2012, ma molti degli idonei ’90 e ’99 sono ancora precari. Gli entrati in fase C non li hanno valicati, in quanto non smetteranno di essere precari, essendo sottoposti alla turnazione triennale e all'assegnazione di un incarico da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale o del Dirigente Scolastico dell’ambito (eventualmente) ottenuto.

L’operazione “senza precedenti” di cui parlava la Giannini non ha, forse, precedenti per aver assunto docenti, ma potrebbe avere, invece, precedenti nella sfera del licenziamento degli insegnanti, prima e dopo i tre anni contrattuali, il cui precedente diretto è rintracciabile nel periodo fascista. Ecco perché il senso stesso dell’aggettivo democratico, associato al nome del partito renziano, è contraddetto proprio dalla sua riforma. E questo fa di noi, docenti italiani, i primi diretti oppositori di un governo al quale, secondo la nostra coscienza, sappiamo di non dover dire assolutamente grazie, perché se qualcuno di noi è stato assunto sotto questo governo, non è certamente perché il suo leader ci ha voluto fare un regalo buonista, ma soltanto perché la contrazione delle cattedre consentirà di assumere meno supplenti e l’assunzione triennale consentirà più licenziamenti. La scuola italiana è sempre stata un grande salvadanaio governativo, un piccolo porcellino che si poteva rompere in qualsiasi momento. I docenti, in Italia, devono ringraziare soltanto la propria incapacità di dire no, di ribellarsi, di confutare, di aprire gli occhi, scoprendo che ogni personaggio finora convinto di poter fare qualcosa per la scuola italiana, come recitava una famosa canzone (dove i maialini dei salvadanai erano, non a caso, metafore zoomorfe dei governanti), è stato soltanto un altro mattone del muro.

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