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Repubblica Centrafricana, la catastrofe dei diritti umani

 

A tre settimane di distanza dall’allarme lanciato da Amnesty International, che aveva documentato anche grazie all’uso di immagini satellitari i crimini di massa in corso nella Repubblica Centrafricana, la situazione è ulteriormente peggiorata. La reazione delle Nazioni Unite è praticamente nulla, se si eccettua la proposta del Segretario generale Ban Ki-moon di inviare una missione di peacekeeping nel paese.

Ogni giorno, gruppi armati di ogni risma e miliziani della coalizione Seleka, ora al potere, compiono omicidi, stupri e torture nella più completa impunità. La crisi dei diritti umani è completamente fuori controllo.

Eppure c’era tutto il tempo per poter fare qualcosa. Il colpo di stato portato a termine con successo da Seleka è avvenuto a marzo. Da allora, i suoi miliziani – circa 20.000 uomini, le cui fila sono ingrossate da criminali comuni e mercenari provenienti da Ciad e Sudan e, soprattutto, da alcune migliaia dibambini soldato – hanno potuto commettere crimini di guerra e crimini contro l’umanità che hanno provocato centinaia di migliaia di sfollati.

Sono in crescendo anche le tensioni interetniche e tra gruppi religiosi. La maggioranza della popolazione è cristiana, come lo era il presidente deposto François Bozizé. La maggior parte dei miliziani di Seleka, così come il nuovo presidente da loro insediato, Michel Djotodia, sono musulmani.

A luglio, l’Unione africana ha annunciato l’invio di 3500 soldati per proteggere la popolazione civile. Alla fine di ottobre ne erano arrivati 2600. Anche la Francia ha aumentato i suoi effettivi. Ma non è bastato a fermare la catastrofe.

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