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Renzi: le rendite pure con scappellamento a destra come se fosse CDP

Chi dice che in Italia è tutto pietrificato e non accade mai nulla, dovrà ricredersi. A poche ore dalle rassicuranti e raziocinanti dichiarazioni di Filippo Taddei, e poco dopo aver ottenuto la fiducia anche dalla Camera, entrando nella pienezza dei propri poteri, Matteo Renzi ci ha confermato che, più che una tela di Penelope, il suo governo rischia di essere “l’ora del dilettante”.

Intervistato a Palazzo Chigi da Giovanni Floris per Ballarò, Renzi ha spiegato tutte le sue ideone per cambiare verso al paese, e mal glie ce ne incolse. Come ampiamente sospettato, sulle coperture lo studente Renzi non ha studiato, e spesso si trova disattento. “Entro un mese” avremo i dettagli, promette Renzi, ma intanto enumera le potenziali coperture, e le individua nella ormai salvifica spending review di Carlo Cottarelli e (udite udite) nel ritorno dei mitologici capitali italiani dalla Svizzera, in quella che appare una botta di sano berlusconismo.

Inutilmente Floris, col suo sorrisetto permanente, tenta di ricordargli che quella non sarebbe una copertura “strutturale” ma una tantum, e che già altri in passato hanno tentato, senza successo. Renzi è già lontano, e risponde con un bel ghe pensi mi da Silvio dei giorni migliori: “Quella se la son giocata tutti, ma non l’ha fatta nessuno”. Renzi è talmente impegnato a compulsare compulsivamente tablet e smartphone che deve essersi perso quello che sempre Filippo Taddei ha detto, la settimana scorsa, a La telefonata di Maurizio Belpietro:

«Il nostro obiettivo è offrire una riduzione del carico fiscale che sia duratura e certa. La dobbiamo finire con le operazioni straordinarie ed i fantomatici gettiti da rientro dei capitali»

Preciso. Poi Renzi parla del ruolo dell’altra pentola d’oro in fondo all’arcobaleno, la Cassa Depositi e Prestiti. E sono subito fuochi d’artificio:

«La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà con i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A.»

Ora, questo è ovviamente impossibile, ma la cosa più interessante è che Renzi deve aver creduto alla fiaba che in Spagna non solo la rana gracida in campagna, ma pure che gli asini volano, e quindi ha già inforcato felice il suo costumino con le ali. Non esiste alcuno “shock prodotto dalla Spagna sulla liquidità”, sarebbe interessante capire da dove Renzi ha preso questa botta di provincialismo magico, che fa il perfetto paio con “le spese per la sanità sono tutte online in Regno Unito” e “In Italia le rendite finanziarie hanno la tassazione più bassa che nel resto d’Europa”. E non è vero, basterebbe verificare.

Ecco, le “rendite”. Renzi precisa che non vuole tassare i Bot delle vecchiette, come incautamente asserito dal suo sottosegretario-ex-machina, ma piuttosto si lancia in una tassonomia dei “tipi di rendite finanziarie” (che pare coinvolgere i capital gain in una suggestione di Tobin Tax), che lo porta ad affermare che occorre tassare “non i Bot ma la rendita finanziaria pura“. Che pensiamo sia quella non tagliata, né con lattosio né con borotalco, perché altre definizioni non ce ne vengono né esistono. Poiché il giorno dell’autosputtanamento autosconfessione è sempre più prossimo (ma i Cazzulli turibolanti che infestano gli schermi con le loro gorgoglianti esegesi manco se ne accorgeranno), è utile riprendere il solito Taddei, in una intervista comparsa ieri sul Quotidiano Nazionale, che pensiamo sia quella definitiva:

Il taglio del cuneo fiscale “sarà finanziato per due terzi dalla riduzione della spesa” prevista dal piano Cottarelli, “la parte rimanente potrebbe venire dall’uniformazione delle aliquote sulle rendite finanziarie”. E insiste: per ridurre il cuneo fiscale “stiamo ragionando su una aliquota unica” (Ansa)

Quindi, “entro un mese” sarà chiaro che i titoli di stato in mano ai nettisti (cioè ai privati) saranno tassati al 20%, e che le anziane sono dei parassiti del lavoro. In quel momento, Renzi avrà dato senso compiuto al concetto di “rendita finanziaria pura” ma nessun giornalista glielo farà notare, perché anche in quel caso Renzi lo tramortirebbe con la fiaba di “Fatima e Maria che sono in classe assieme ma una è italiana e l’altra no”.

Tra una supercazzola e l’altra, Renzi riesce pure a disfare l’opera di Taddei sulla strutturazione dell’intervento sul cuneo fiscale:

«Sul cuneo fiscale, ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali»

Qualcuno gli spiegherà che le strade sono entrambe, lato impresa e lato lavoratore, e non c’è alcuna “scuola di pensiero”, né della Bocconi né della Scuola di Atene, quella dove bivacca la Troika da anni. In breve, il paese appare in mano a due uomini della Provvidenza: Pier Carlo Padoan e Carlo Cottarelli. Del primo, Renzi ha detto che “non è un Signor No”, confermando di non avergli sinora neppure parlato, oltre che di avere nel sangue il modello culturale di Mike Bongiorno. E che la Ruota della Fortuna servirà a noi italiani.

Ma potrebbe non essere grave: dopo tutto, conta la qualità dello staff. Anche Ronald Reagan diceva ai diplomatici italiani, scambiandoli per greci: “Comprendo quali e quanti problemi abbiate voi italiani con la Turchia”, oltre ad essere intimamente convinto che i missili intercontinentali potessero essere richiamati, una volta lanciati dai sommergibili.

L’impressione, inquietante, è che Renzi parli di cose che non conosce, oltre che per slogan e freddure da oratorio. Prima di dare ragione definitiva a Fabrizio Barca (“Non hanno un’idea”), attendiamo il famoso cronoprogramma. Ma a questo giro attendiamo anche i giornalisti italiani e -soprattutto- i loro direttori: se, a fronte di ulteriori elementi probatori, fingeranno di non capire di aver di fronte un ragazzotto parolaio che volle divenire il nostro Manchurian Candidate, avranno dimostrato di essere quello che di loro si sospetta da tempo: ignoranti ed in malafede.

“Se ce l’ho fatta io, a diventare presidente del consiglio…”. Ecco, forse vuol dire che siamo davvero spacciati, caro Matteo.

 

Aggiornamento – In una intervista al SoleGraziano Delrio ipotizza una forma di tassazione progressiva dei redditi di capitale. Segnatevi anche questa, e buona fortuna a tutti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.48) 27 febbraio 2014 19:56

    TELE..sparo >

    Renzi è sicuro di trovare (in 2 settimane) ben 60 miliardi per saldare i vecchi debiti della PA nei confronti di imprese.
    Nessuno finora ha visto il foglio excel del programma di governo ed il Ministro Padoan per ora non si pronuncia.

    Delle due l’una.
    Tremonti, Monti, Grilli e Saccomanni spiegano perché (nei 4 anni passati) non si sono mai accorti che le nostre Banche potevano tirare fuori, per conto dello Stato e in un sol colpo, la bella somma di 60 miliardi.
    Oppure Renzi non ricorda (?) che, se è vero che la “formula” Bassanini (ricorso a Cassa Depositi e Prestiti) è stata in passato adottata da altri paesi europei (tipo la Spagna), certi paesi non avevano la vincolante necessità di tenere a freno la crescita di un Debito Pubblico da record.

    Non resta che aspettare fino al 12 marzo.
    Nota. Governare un paese non è spettacolo da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

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