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Regno Unito, verso le pensioni patriottiche

Il governo laburista britannico eredita dai conservatori l'idea di incanalare il risparmio previdenziale nazionale verso investimenti domestici. Difficile non cogliere l'obiettivo di sostituire investimenti pubblici con fondi privati.

Il governo laburista britannico di Keir Starmer e della Cancelliera Rachel Reeves eredita dai Conservatori l’idea che il risparmio previdenziale nazionale debba essere incanalato verso investimenti domestici, in infrastrutture e finanziamento di imprese, soprattutto startup. Tra le ipotesi di lavoro vi è l’accorpamento dei fondi pensione dei dipendenti delle municipalità, che gestiscono circa 360 miliardi di sterline.

Oggi, gli 86 fondi pensione comunali sono riuniti sotto le insegne del Local Government Pension Scheme for England and Wales (LGPS), che sarebbe il settimo fondo pensione più grande del mondo per somma di attivi. In pratica, però, le gestioni restano separate tra i partecipanti, ostacolando economie di scala, anche se negli ultimi anni in questo ambito sono stati ottenuti alcuni risultati

Ridurre la pletora di fondi pensione pubblici

Oltre alle sinergie di costo, il precedente governo conservatore ha incoraggiato i fondi ad accelerare quegli sforzi di messa in comune, investire di più in “progetti di livellamento verso l’alto” e raddoppiare le loro allocazioni al private equity, una classe di attivi più rischiosa a causa della sua illiquidità, nel tentativo di incoraggiare la crescita economica.

La Cancelliera Reeves ha dichiarato che si attende che i fondi pensione che partecipano al LGPS mettano in comune i fondi su una scala molto più ampia in modo da estendere la presenza in attivi del Regno Unito. Volontariamente oppure in forza di legge, se non ci saranno progressi entro marzo del prossimo anno. Il Tesoro ha dichiarato che “saranno intraprese azioni per liberare tutta la potenza di investimento del LGPS da 360 miliardi di sterline per renderlo un motore per la crescita del Regno Unito”

La revisione esaminerà anche come ridurre i 2 miliardi di sterline spesi in commissioni annuali dal LGPS. La spinta per un maggiore accentramento rischia di causare tensioni con i gestori fiduciari dei fondi LGPS, vincolati da obbligo legale a investire nel miglior interesse dei loro membri. Va da sé che, in caso di risultati insoddisfacenti, i comuni e i lavoratori subirebbero un aumento dei loro contributi previdenziali.

È dunque in corso una revisione del sistema pensionistico britannico, che punta ad aumentare gli investimenti nell’economia del Regno Unito, aumentare i risparmi pensionistici delle persone e contrastare gli “sprechi” e i costi di gestione, anche eventualmente tramite il consolidamento nei fondi del settore privato. Tale revisione si affianca al nuovo disegno di legge sulle pensioni, presente nel Discorso del Re, cioè il programma del nuovo governo, che promette test dei rapporti di qualità-prezzo dei fondi pensione per i regimi a contribuzione definita, cioè quelli in cui il lavoratore versa e il cui montante previdenziale è sottoposto all’alea delle condizioni di mercato.

Investimenti illiquidi e infrastrutturali

In parallelo, Reeves vuole rafforzare il ruolo dei fondi pensione britannici negli investimenti aziendali e infrastrutturali nazionali. Uno spostamento degli investimenti da parte dei regimi a contribuzione definita di appena l’1 per cento potrebbe fornire 8 miliardi di sterline di “nuovi investimenti produttivi” nell’economia del Regno Unito, ha affermato il cancelliere.

Come avrete intuito, il tema degli investimenti domestici nei fondi pensione sta diventando una costante di questa fase storica dell’economia globale. Servono imponenti capitali per la transizione ecologica e tecnologica, per infrastrutture materiali e digitali e per la Difesa. Le casse pubbliche boccheggiano, la demografia tende a gonfiare i deficit pensionistici attuali e potenziali. La concorrenza tra sistemi economici e paesi si intensifica, ostacolando ogni ipotesi di messa a fattor comune tra gruppi di paesi.

Lo scenario che possiamo ipotizzare è quindi di questo genere: una progressiva riduzione dell’impegno pubblico nel primo pilastro, non tanto per liberare risorse quanto per evitare di aumentare deficit e debito, e un irrobustimento del secondo pilastro, cioè del rischio di mercato, con aumento degli investimenti nazionali, per supplire alla ridotta capacità di spesa pubblica in conto capitale.

Sostituire fondi privati a capitale pubblico

Una manovra altamente rischiosa e incerta, ma che sembra essere diventata la prassi di riferimento dei governi alla ricerca di soldi in un periodo di bilanci pubblici in affanno. Ricordiamo che non c’è nulla che garantisca che gli investimenti illiquidi ottengano ritorni maggiori rispetto a quelli quotati ma, se così fosse, il loro profilo di rischio sarebbe necessariamente più elevato e posto a carico delle generazioni future di pensionati o aspiranti tali.

Sullo sfondo, il drenaggio di capitali per mano del mercato statunitense e della sua attrattività, imprenditoriale e fiscale, e la tendenza all’inaridimento delle quotazioni tradizionali di borsa. Possiamo quindi classificare questa tendenza a proporre quote obbligatorie, pur se inizialmente minime, di risparmi previdenziali domestici in investimenti illiquidi e infrastrutturali, come una forma larvata di repressione finanziaria. Con tutto quello che ciò implica.

Si potrebbe sostenere che, anche in caso di obbligo di investimento su alternativi illiquidi, le percentuali suggerite sono minime e quindi non problematiche. Ma sappiamo che, una volta aperta una via, i limiti cadono.

Per ora, occorre essere consapevoli che questa può diventare una tendenza imposta dalle ristrettezze di finanza pubblica, e che anche in Italia ci sono spinte nella stessa direzione. Non so se alla fine queste risulteranno best o worst practices, ma tant’è.

Photo by © UK Parliament / Maria UngerCC BY 3.0, via Wikimedia Commons

Questo articolo è stato pubblicato qui

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