Referendum| La "bufala" del Financial Times e della vittoria del "NO". La caricatura di un giudizio divino
La stampa italiana ha questa caratteristica: tende a rilanciare, amplificandoli, distorcendoli e chiedendosi ossessivamente cui prodest, gran parte dei giudizi su questo disgraziato paese che circolano all’estero in sedi ed ambiti ritenuti “prestigiosi” o “informati sui fatti”. È andata puntualmente così anche per l’editoriale domenicale sul Ft (sulla versione online) di Wolfgang Münchau, il più antitedesco dei commentatori tedeschi, che ormai da anni scrive di imminente disintegrazione dell’Eurozona.
Münchau, in caso di vittoria referendaria del No, si attende “una sequenza di eventi che susciterebbero domande sulla partecipazione dell’Italia all’Eurozona”, aggiungendo, subito dopo, che “le cause sottostanti a questa estremamente inquietante possibilità non hanno nulla a che fare col referendum in sé”.
Secondo Münchau, il punto è che all’opposizione italiana ci sarebbero tre forze politiche dichiaratamente e risolutamente anti-euro. E qui diremmo che la semplificazione è decisamente eccessiva. Il M5S gira intorno al tema, per lisciare il pelo al sovrano popolo stressato ma non è affatto detto che, in caso di vittoria elettorale e di formazione di un governo, procederebbe con il cervellotico referendum sulla permanenza nella moneta unica. Poi c’è il fantasma di Forza Italia, che secondo Münchau sarebbe diventata “fanaticamente anti-euro” (rabidly) dopo la caduta del governo Berlusconi. Sarà, ma a noi questo fanatismo non risulta. Ci risulta invece che Berlusconi si barcameni nelle dichiarazioni pubbliche, alternando quelle sulla cessione del Milan all’introduzione di una “moneta parallela” all’euro, per “agevolare gli scambi”. Lui solo sa come, ma l’ideuzza serve a tenere il motore acceso.
Qualcuno tra voi potrebbe pensare che chiedere una moneta parallela sia prodromico all’uscita dall’euro, ed il pensiero avrebbe qualche fondamento logico. Noi dubitiamo che Berlusconi possa spingersi a tanto. Quindi semplicemente non useremmo gli avverbi usati da Münchau. Poi c’è la Lega Nord, che in astratto è quella più esplicita sulla fuoriuscita dall’euro ma che senza Forza Italia non va da nessuna parte nel paese (e anche con Forza Italia, se è per quello), ed è quindi condannata a ripetere il copione degli ultimi vent’anni e dispari, con la sola differenza che Berlusconi è politicamente moribondo e fisicamente ha ottant’anni.
Quindi, caro Münchau, non così in fretta: ricordi che i politici italiani mantengono un robustissimo track record di cazzari parolai, anche se ultimamente questo primato appare insidiato dalla serissima anglosfera. Ma l’editoriale del tedesco ha dato il via all’abituale copiosa salivazione, ormai definitivamente trasformatasi in bava alla bocca, dei due schieramenti di casa nostra impegnati in questo titanico scontro di inciviltà. “Ecco, il Financial Times sta facendo terrorismo per spingere a votare Sì, maestra!” Trattenendo a fatica il crescente disgusto per questa deforme rappresentazione collettiva, proviamo a valutare cosa potrà accadere la sera del 4 dicembre.
Intanto, è palese e pacifico che il cosiddetto "fronte del No" è troppo frammentato per offrire un’alternativa politica. Basta questo per sgombrare il campo dalla narrativa sugli zombie che tornano a riprendersi il giocattolo radioattivo. Con la vittoria del No Renzi si dimette, viene rimandato alle Camere, inizia un tortuoso processo di riscrittura della legge elettorale in chiave proporzionalista.
D’acchito, parrebbe una conventio ad excludendum del M5S, ma quest’ultimo a sua volta chiede la proporzionale. Poiché parliamo di una “forza rivoluzionaria”, o forse solo sciroccata, che come tale non negozia con alcuno, non è chiaro come la proporzionale possa portare un pentastellato a Chigi. Forse hanno effettivamente paura di governare davvero, chissà. In caso di vittoria del No, Renzi potrebbe mandare qualche sbiadito pontiere Pd a Chigi, per prepararsi alle elezioni del 2018 e tentare di tornare da vincitore.
In caso di vittoria del Sì, ci sarebbe in astratto da riscrivere comunque la legge elettorale. Noi invece abbiamo il sospetto che ciò non avverrebbe, perché Renzi vorrà andare allo scontro finale con il M5S, mediante ballottaggio. L’uomo è un gambler, come noto: tutta la sua gestione dei conti pubblici italiani lo conferma, col continuo rinvio a prevalente deficit e una tantum delle clausole di salvaguardia e la caciara con la Commissione Ue.
Quindi, se volete vedere lo scontro finale tra Renzi e Grillo potete votare Sì, visto che in questo paese l’ésprit florentin soffia forte in ognuno di noi. Ah, detto incidentalmente: se nel 2018 i pentastellati vinceranno le elezioni con questo Italicum, avranno di fronte un Senato delle autonomie controllato dal Pd. Quale migliore occasione per vedere all’opera dal vivo il nuovo, efficientissimo sistema?
Molto, moltissimo, dipenderà tuttavia dall’economia globale nel 2017. Ad oggi, pare che la possibilità di avere un refolo di crescita indotta dall’impulso fiscale espansivo di Donald Trump potrà beneficiare anche chi è rimasto indietro, come noi. In quella eventualità, preparatevi a sentire Renzi ed i suoi rivendicare anche il merito della crescita americana. Grazie a questa crescita indotta, forse molte tensioni in Eurozona verranno anestetizzate, almeno per qualche tempo, e di conseguenza anche la ricorrente menata dell’uscita dall’euro verrà rimessa nel cassetto. Quasi ci spiace, però: avremmo visto volentieri all’opera i parolai dell'”usciam, usciamo”, giunti al dunque. Però, meglio per loro: il giocattolo resterà intatto e moneta politicamente spendibile ad uso dei gonzi.
Dopo aver avuto la caricatura di una casa reale, di una dittatura, di una sinistra e di una destra, ci accingiamo quindi alla caricatura di un appuntamento col destino. Come da tradizione, anche questa ennesima ridicola guerra di religione verrà alimentata da correlazioni spurie sulle quali verranno create, da ambo le parti, narrative sghembe e leggende metropolitane. Del resto, questi sono i nostri maggior prodotti tipici, no?
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