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Recovery Fund, accordo firmato: ora tocca all’Italia diventare un paese frugale

E’ a tutti gli effetti una guerra diplomatica quella che ha generato la trattativa tra le più lunghe nella storia della UE. Alla fine gli aiuti economici si riducono a una manciata di miliardi, passando da 750 a 390, con una concessione pari a 209 miliardi per l’Italia.

Hanno vinto i cosiddetti “Paesi frugali”, che significa semplicemente sobri e quindi attenti ai loro bilanci, in linea con le regole comunitarie, e sono quelli che hanno remato contro gli aiuti economici alle nazioni con maggiori necessità di sostegni. D’altronde, come dar loro torto? Se ti fai il mazzo per tenere a posto il bilancio del paese che governi, segui le regole e poi arrivano quelli che sprecano le risorse e sono anarchici alle regole e ti chiedono soldi, tu, che fai?

Qual è la nazione tra le più bisognose in Europa? L’Italia. Ma attenzione, è arrivato il momento di chiarire una volta per tutte una cosa: il belpaese di frugale non ha nulla. E’ una nazione mai a posto con i conti, anarchica e sorda alle regole, che poi – almeno stando alle dichiarazioni dei politici nostrani – pretende pure di andare a Bruxellex a sbattere i pugni sui tavoli.

Non si può pensare di trascinare situazioni simili per anni, di sperperare le risorse pubbliche – i soldi dei contribuenti – e di non badare alle regole comunitarie, di affossare la vita della popolazione italiana, e poi urlare allo scandalo se chi amministra meglio i bilanci pubblici non vuol sentir parlare di aiutarti. Noi in Europa siamo i cugini ribelli, quelli che pensano di poter far sempre come gli pare e di poter ottenere il perdono grazie alla simpatia…

Questo, i cittadini italiani, devono tenerlo sempre ben presente. Non è la UE a essere “cattiva”: è a chi mal governa da anni l’Italia che è necessario chieder conto della disfatta nazionale sotto ogni punto di vista.

Così come si deve tenere ben presente che non corrisponde al vero che la UE sia distante dalle necessità degli Stati membri: giorni di trattative e accordi lasciano comprendere che facciamo parte di un’unione, per quanto sgarrupata, non lineare e omogenea nelle normative comuni, da riformare ed equilibrare, ma pur sempre un organismo di cui facciamo parte, e a cui appellarci al momento del bisogno.

O a cui riferirci, come modello per diventare una nazione migliore, con un sistema paese più lineare, prendendo spunto – senza generalizzare troppo – dalle altre nazioni europee, che magari ci raccontano, a livello propagandistico, una realtà infiocchettata, ma che non gettano alle ortiche, metodicamente, il rispetto, il futuro, la dignità dei cittadini.

Gli aiuti che arrivano attraverso il Recovery Fund non sono gratuiti e il premier Conte lo sa bene. Ora è il momento delle grandi decisioni: rimboccarsi le maniche, gestire oculatamente le risorse, smettere di indebitarsi, rimettersi in riga, cancellare per sempre l’odiosa tendenza a fregarsene di tutto e tutti, in special modo dei diritti dei cittadini che, in ogni caso, sono ora chiamati a far parte di un processo di remise en forme del sistema paese a colpi di riforme e di sacrifici.

Questo ulteriore sforzo, questi sacrifici, saranno da tenere a mente quando la condizione socio economica di tutti subirà l’ennesima stangata, provocata da ulteriori tagli finanziari ai settori sensibili per la popolazione, e alle riforme necessarie per batter cassa e restituire i prestiti e bilanciare i conti. Tutto ciò è frutto, come sempre, dalla gestione anarchica di chi pretende di governare una nazione come la nostra senza mai pensare al domani, aumentando il debito pubblico, gestendo le risorse economiche senza un criterio logico, e gettando dalla finestra il sudore, e il sangue, dei contribuenti.

L’Italia è un paese ricco di risorse e di idee: ciò che manca è un sistema politico in grado di non rendere inutili queste preziose componenti. E attenzione: torneremo a parlare di MES, perché le risorse concesse attraverso il Recovery Fund non basteranno all'Italia per rimettere in senso l'economia. Ci ritroveremo con un volume di debiti enorme, che dovremo restituire con la cessione ulteriore dei nostri diritti civili. Ne riparleremo.

Prima di puntare l’indice, datemi retta, è meglio ragionare contro chi puntarlo…

Foto di Kerstin Herrmann da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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