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Rai per Una Notte: la rete è ’na livella

Il più grande evento di massa del web italiano non è stato solo un contributo alla libertà di informazione, ma soprattutto ha segnato una rivoluzione nel modo di fare e comunicare la politica.

"La speranza è una trappola inventata da chi comanda". Parola di Mario Monicelli, che giovedì 25 marzo ha partecipato a Rai per Una Notte con un contributo video, in cui ha espresso senza mezzi termini la sua preoccupazione per lo stato della società e della politica italiane.

Speranza, secondo il regista, è un sentimento utile ai potenti, perché mette buona la gente. È troppo astratta per diventare rabbia e troppo concreta per essere sogno, manca della stessa pulsione alla distruzione e al cambiamento.

Eppure non si può negare che proprio la speranza sia stata una delle componenti più forti di quella che si potrebbe definire una manifestazione di massa emotiva prima ancora che ideologica, innescata da uno degli eventi mediatici più riusciti degli ultimi anni.

 

L’uso intelligente di tutte le potenzialità dei nuovi media è stata la forza di Rai per Una Notte, che si è differenziata da ogni altra tribuna politica proprio per il suo carattere partecipato. Santoro e il suo staff di giornalisti, insieme con ospiti dal mondo dello spettacolo come Roberto Benigni, Teresa de Sio, Lele Luttazzi, Elio e le Storie Tese, Antonello Venditti, Nicola Piovani, Morgan, hanno realizzato la quadratura del cerchio: comunicazione di massa e nello stesso tempo interattiva.

Diversamente dal tradizionale format di Anno Zero, che ha promosso e organizzato l’evento insieme a Fnsi e Usigrai, stavolta non si è fatta solo informazione.

Certo, abbiamo ascoltato i testi delle intercettazioni telefoniche del presidente dell’Agcom Calabrò e del Commissario Innocenzi ricostruiti e spiegati da Sandro Ruotolo, ma più che stupore dalle gradinate del Paladozza si sono alzate amare risate. Più che informare, qui si è parlato dello stato dell’informazione. E più che parlare, dar vita a un dibattito che comincia e finisce sulle poltrone dello studio, si è creato un nuovo modo di comunicare, una forma che si potrebbe definire "dibattito diffuso".

Poca importanza hanno i contenuti, che sono stati senz’altro interessanti e godibili, ma che il popolo viola, principale destinatario e partecipante dell’evento, già conosceva.

La magia l’ha fatta la reazione emotiva innescata da un evento mediatico che per la prima volta è stato letteralmente una produzione diffusa. Rai per Una Notte non è stata solo una tribuna politica trasmessa in streaming da un palazzetto dello sport.

Arrivando in piazza Azzarita, antistante il Paladozza, potevi vedere decine di giornalisti che scattavano foto alla folla, piccole troupe che fermavano i passanti per un’intervista da trasmettere su questa o quella web tv. Una volta dentro, il panorama era ancora più insolito: il pubblico sovrastava il campo come in ogni evento sportivo che si rispetti, ma come in un talk show televisivo non si era mai visto. Una strana prossemica, che un sapiente gioco di luci ha saputo sfruttare per rendere le gradinate piene di gente parte integrante dello spettacolo.

Ti ci potevi specchiare, in quel pubblico che era scenografia, spettatore e protagonista insieme, nelle mani che applaudivano all’unisono, nelle battute in bolognese che piovevano dall’alto per rintuzzare qualche ospite prolisso. 

E da qualche parte, sugli schermi di centinaia di migliaia di computer, gli utenti di internet si specchiavano in noi presenti, sapendo che il loro clic equivaleva a un cenno di approvazione che sarebbe stato registrato, avrebbe pesato concretamente proprio come il suono delle nostre mani. Centinaia di web tv si sono collegate dalla piazza e dal palazzetto, voci e immagini che hanno rimbalzato da siti ai blog a Youtube a Facebook a Twitter. Gli accessi simultanei solo al sito dedicato sono stati oltre 125mila, quelli tramite Repubblica.it 60mila, assegnando a Rai per Una Notte il titolo di maggiore evento web italiano di sempre.

Il Paladozza non è stato che il nodo centrale di una gigantesca rete informativa, che si è propagata attraverso il web con una potenza esponenziale e probabilmente inaspettata anche dagli organizzatori. Giovedì scorso abbiamo avuto un saggio delle potenzialità dei nuovi media non solo come strumenti di intrattenimento o informazione, ma come mezzi per fare politica.

Contrariamente al luogo comune, internet ha fatto anche cadere l’antipatica definizione di politica "dal basso", perché semplicemente alto e basso non hanno più alcun senso: esiste la rete, e le reti sono piatte.

L’aver capito questo meccanismo, o forse solo averlo messo in moto fortunosamente, è un piccolo grande merito della nostra Italia sgarrupata. Solo qui, dove il sistema dell’informazione e della cultura è così asfittico che "neanche nello Zimbabwe", poteva essere tanto forte la necessità di fare a pezzi la cortina pesante di menzogna, di vane speranze e scenari fasulli che pesa sulla nostra cultura, confondendo sempre più il fine coi mezzi, il vero col falso.

Monicelli l’ha detto, all’inizio della serata: "L’unica cosa che auspico a questo punto è una rivoluzione". Ma forse non immaginava che questa rivoluzione avrebbe avuto luogo proprio quella sera, nella presa di coscienza del fatto che cultura e informazione non sono e non potranno mai più essere appannaggio di uno solo. Insomma, che d’ora in poi, come hanno giurato solennemente Santoro, i suoi ospiti, la sua redazione e tutto il pubblico in piedi sulle gradinate, "la faremo sempre fuori dal vaso".

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