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Rai: pensare da privati

Pare che la direzione generale di Mauro Masi, in Rai, riuscirà entrare nei libri di storia aziendale come quella che è riuscita a portare in dissesto conclamato un’azienda che, bene o male, è riuscita a sopravvivere oltre mezzo secolo, e ad un trentennio di competizione. Dal piccolo capolavoro della rottura contrattuale con Sky all’andamento “sospetto” (lo scrive il Corriere, ma loro sono poteri forti, sapete) della raccolta pubblicitaria attuata da Sipra, che non riesce a riflettere i brillanti risultati in termini di quota di mercato dell’audience, tutto sembra andare in una sola direzione: ricapitalizzazione della Rai, cioè mani nelle tasche dei contribuenti.

Naturalmente, a breve (domani stesso) leggerete articolesse di Sallusti e Belpietro che vi informeranno che la colpa è di Benigni e Saviano, della loro avidità, e pazienza che quei compensi generino un margine di contribuzione largamente positivo sulle trasmissioni coinvolte, l’argomento resta very pop per la nostra destra peronista, assieme ai compensi sui titoli di coda ed all’immancabile test antidroga, che a breve Giovanardi riproporrà.

E quindi, che fare? In attesa di una privatizzazione che non arriverà, anche perché le proposte in tale direzione sono e saranno zittite dal Cicchitto e dal Gasparri di turno, con le denunce di “svendita” agli amici”, che poi sarebbero amici diversi da quelli del premier e per ciò stesso “unfit” ad acquistare, perché non sognare ancora un po’ e ragionare come se la Rai fosse davvero un’entità operante in regime privatistico (lo è da molti anni, ma quella resta una amabile finzione).

Dunque, vediamo: abbiamo un capo-azienda che firma il bilancio (della capogruppo e consolidato), ed è pure responsabile delle nomine nelle controllate, pare. Siamo in un contesto di simil-mercato, il signor Masi è retribuito a parametri di mercato. Ergo, gli si applichi la sanzione di mercato: gli si attribuisca ciò che gli spetta, la responsabilità dei conti, e lo si rimuova. E’ così semplice, no? Certo, se ciò avvenisse ne avremmo una ricaduta squisitamente politica sulle scelte che hanno portato la Rai ad avere questo capo-azienda e a compiere scelte gestionali disastrose come quelle che abbiamo sotto gli occhi, e qualcuno potrebbe pure pronunciare le paroline magiche, sia pure assai consunte dalla banalizzazione utilizzo quotidiano: conflitto d’interessi. Nell’attesa della ricapitalizzazione della Rai, e della rivolta fiscale che il premier si accinge a guidare contro se stesso. E andiamo avanti. Verso il baratro.

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