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Radicali, il Congresso a Rebibbia e la presenza degli ergastolani

Oggi mi sento senza via di uscita, parcheggiato in un binario morto e sto pensando che non ci sia niente di certo nella vita a parte la pena dell’ergastolo.

(Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com)

Ha fatto clamore l’iniziativa del partito Radicale di organizzare un congresso in carcere a Rebibbia dall’1 al 3 settembre invitando numerosi ergastolani sparsi nelle nostre Patrie Galere.

Apriti cielo! C’è stato un secco “no” del Ministro della Giustizia. E non per il congresso in carcere, ma per l’eventuale presenza di ergastolani provenienti da altri istituti di pena. Le dichiarazioni forcaiole e scomposte di alcuni noti personaggi che ho letto riguardo a questa iniziativa del partito Radicale mi hanno fatto pensare che certa ferocia politica non è meno crudele di quella mafiosa. E credo che anche i mass media che le riportano con tanto clamore siano fomentatori della paura che serpeggia tra la gente.

Io non sono uno degli ergastolani invitati al congresso e spero che nessuno si offenda se dico la mia. A me, sinceramente, sarebbe piaciuto di più andare alla celebrazione funebre di Alessandro Margara, scomparso di recente, piuttosto che al congresso dei Radicali perché ho letto che alla messa in chiesa in memoria di questo grande magistrato di sorveglianza hanno parlato in quattro: la magistrata di sorveglianza Antonietta Fiorillo, il magistrato di sorveglianza Franco Maisto, il garante regionale Franco Corleone e l’ex ministro della giustizia Giovanni Maria Flick. Purtroppo, però, non c’era nessun prigioniero o ex detenuto in rappresentanza della popolazione carceraria. E ho pensato che sarebbe stato bello se ci fosse stato lo spazio di tre minuti per un detenuto, perché l’uomo Margara aveva dedicato tutta la sua vita non ai magistrati e ai garanti, bensì ai prigionieri. Ma questa però è un’altra storia.

 Sarebbe stata costruttiva e positiva la presenza di ergastolani al congresso di un partito che si dedica da anni a portare la legalità, la costituzione e la giustizia in carcere (e questo anche in memoria di Marco Pannella). Molti di questi ergastolani che avevano dato la loro disponibilità ad essere presenti li conosco da anni, alcuni da quando ero sottoposto al regime di tortura del 41 bis. Molti di loro hanno dato segni di ravvedimento, inconfutabili, studiando e mettendo in discussione il loro passato. Ritengo che sarebbe dovuta essere una buona notizia per il sistema penitenziario sapere che questi “uomini nuovi” abbiano deciso di uscire dall’omertà, dalla cultura mafiosa e dall’ombra parlando e confrontandosi pubblicamente.

In questa polemica, con tutta sincerità, vedo tanta ipocrisia perché mentre ci viene chiesto di essere bravi, buoni, pacifici, moderati, ragionevoli e capaci di ravvedimento, in realtà vengono attuate delle scelte che spingono a rimanere culturalmente mafiosi. A volte penso che la sconfitta della mafia faccia paura non tanto ai mafiosi, ma a quelli (non tutti) che fanno finta di combatterla. 

Le mie sono parole forti, ma non ne trovo altre perché vedo che quando un uomo ce la mette tutta per cambiare e migliorarsi gli viene costantemente rinfacciato il proprio passato, condannandolo così ad essere bollato come cattivo e colpevole per sempre. Penso che in carcere possa uscire il meglio o il peggio dell’essere umano; peccato che, nella maggioranza dei casi, alcune persone lavorano per fare uscire il peggio. Faccio tanti auguri al partito Radicale per il congresso e mi dispiace che si sia persa un’occasione per sconfiggere la cultura mafiosa e per ricordare all’opinione pubblica che in Italia esiste la Pena di Morte Viva, ben diversa, ma non meno crudele di quella di morte che vogliono ristabilire in Turchia. Un sorriso fra le sbarre.

 

Carmelo Musumeci

Padova, settembre 2016 

 

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