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Quanto vale un italiano?

L’Italia ha aderito tramite l’Istat al progetto Human Capital dell’ OCSE che indirizza verso una strategia basata su definizioni e assunzioni comparabili a livello internazionale del capitale umano (C.U.) per valutare la capacità di una società di produrre i beni e servizi necessari a soddisfare i propri bisogni che chiaramente dipendono dalla quantità, qualità e combinazione delle risorse a disposizione.

Il capitale umano viene incluso tra le risorse economiche a disposizione di una società insieme all'ambiente e al capitale fisico. E viene considerato come l’insieme “delle conoscenze, delle abilità, delle competenze e degli altri attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale economico”.

Data per buona la definizione e lasciando ad altra discussione la comparazione o la valutazione sempre più matematica e sempre meno umanistica che tentiamo di dare ai singoli individui, vale la pena riflettere sul dato comunque non banale che dà la misura (ripeto discutibile) del valore medio di un italiano, intorno ai 342 mila euro.

L'Istituto di statistica si è basato sulla capacità di generare reddito nell'arco della vita e il valore complessivo che ne viene fuori, riferito al 2008, è di 13.475 miliardi di euro, pari a oltre otto volte e mezzo il Pil dello stesso anno, dato che potrebbe sembrare sorprendente ma purtroppo anche in questo caso l’Italia risulta essere l’ultima tra gli Stati aderenti all'Ocse.

Ma riflettiamo per un attimo su cosa ci fa precipitare infondo alla classifica internazionale:

  • il forte divario di genere, con le donne che valgono 231 mila euro (-49%) rispetto agli uomini apprezzati in 453 mila euro;
  • il valore riconosciuto agli under 35 di 556 mila euro mentre per gli over 55 il valore scende a 46 mila euro anche se queste stime rischiano di venire riviste al ribasso dato l'alto livello di disoccupazione giovanile Italiana oggi al 41%;
  • l’ altissima differenza di valore riconosciuto a chi gode di un titolo di laurea, 636 mila euro e, chi invece dispone solo di una licenza elementare o media di 216 mila euro, ennesima dimostrazione del fatto che l’istruzione e la cultura fanno prezzo…

Insomma molto, moltissimo materiale di riflessione soprattutto se si pensa che il 2008 anno a cui fa riferimento lo studio dell’Istat la crisi e i suoi momenti peggiori erano ancora abbastanza lontani, quindi confesso di provare sconforto al solo pensiero di quanto nel corso dei successivi 6 anni si sia depauperato e perso, in considerazione dell’aumento esponenziale di abbandono scolastico, dei NEET, della fuga di cervelli, del peggioramento del nostro sistema di istruzione, economico e sociale.

Vi confesso che considero questo studio, non la misura del nostro valore di italiani  (l’umanità per sua natura è imprevedibile, basti pensare alle grandi rivoluzioni della storia partite sempre dagli ultimi, da quelli che sembravano magari nell’ aspetto o nel ceto uomini o donne privi di valore economico o sociale) ma non posso non considerare questa statistica un metro delle opportunità a cui rinunciamo tutti i giorni; questo paese nemmeno un secolo fa usando gli stessi parametri forse sarebbe stato sul podio dei migliori per l’ingegno e la capacità dimostrata dalla nostra società e dal nostro sistema sociale, è tempo di tornare ad essere migliori, partendo proprio dall’istruzione, che sicuramente non è l’unica componente che misura il nostro capitale umano, ma nella società e nell’economia della conoscenza, se affiancata al merito, è quella che lo fa per un buon 50%.

Per approfondimenti : Istat “Il valore monetario dello stock di capitale umano

 

 

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