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Quanto pesano l’economia sommersa e quella criminale in Italia

Non poche polemiche suscitò un'analisi di Stratfor della scorso anno, secondo cui l'Italia tiene testa alla crisi grazie all'economia sommersa, considerata di fatto "una rete di sicurezza" che "le autorità, soprattutto a livello locale, tollerano e spesso incoraggiano per evitare il malcontento sociale e per guadagnare voti".

L’economia sommersa è l’insieme di tutte le attività economiche che contribuiscono al prodotto interno lordo ufficialmente osservato, ma che non sono state registrate e quindi regolarmente tassate, con l’esclusione del giro d’affari delle attività criminali. In pratica, in base questa definizione possiamo dire che esistono tre PIL: quello ufficiale, quello sommerso e quello criminale.

Dando per certo il dato inerente al primo, cerchiamo di capire a quanto ammontino gli altri due.

Il PIL sommerso

Partiamo da un fatto: i dati sui consumi delle famiglie italiane sono costantemente superiori a quelli sui redditi dichiarati, sintomo di una ampia diffusione dell’evasione fiscale, soprattutto al Sud. 
La distribuzione territoriale fa addirittura presumere che l'economia meridionale riesca a sopravvivere proprio perché non paga le tasse, posto che il divario economico e sociale con il Nord va sempre più allargandosi e che, stando ai più recenti rapporti sul tema, per il Mezzogiorno è difficile anche solo sperare in un futuro migliore.

Passando ai numeri, le valutazioni di Banca d’Italia, Corte dei Conti, Istat ed Eurispes sul sommerso vanno da un terzo a oltre metà del fatturato in chiaro del settore privato.

Per la Banca d'Italia, che si basa sull’analisi del flusso di denaro contante nel quadriennio tra il 2005-2008, l’economia inosservata (evasione più crimine) rappresenta il 31,1% del PIL. In valore assoluto l’economia che sfugge alle statistiche ufficiali sfiora i 490 miliardi di euro, 290 dei quali dovuti all’evasione fiscale e contributiva e circa 187 all’economia criminale.

Per la Corte dei Conti l'evasione si situa intorno al 18% del PIL, dato che pone l’Italia al secondo posto della graduatoria internazionale, dopo la Grecia. La Corte, a differenza di Bankitalia, piuttosto che valutare in modo sistematico il fenomeno del sommerso in termini di imponibile, valuta il mancato gettito e in particolare gli effetti perversi e pesanti della corruzione sul funzionamento della pubblica amministrazione.

Secondo l’Istat - rapporto del 2010 in riferimento a dati del 2008 - il sommerso rappresenta tra il 16,3 e 17,5% del PIL, ossia tra 255 e 275 miliardi di euro. Il dettaglio dell’evasione è così ripartito: 32% nel settore agricolo, 12,4% nell'industria e 20,9% nei servizi.

Più pessimiste le stime dell'Eurispes: 540 miliardi di euro (35% del PIL ufficiale): circa 280 miliardi dovuti all'evasione fiscale e contributiva, circa 160 di lavoro nero nelle imprese, circa 100 di economia informale. Nello stesso anno il PIL criminale avrebbe superato i 200 miliardi di euro. Il dato si basa estendendo i risultati su oltre 700mila controlli da effettuati presso le imprese da parte della Guardia di Finanza - attraverso i quali sono stati riscontrati 27 miliardi di euro di base imponibile sottratta - ai circa quattro milioni di piccole e medie imprese. Da qui si arriva ai quasi 160 miliardi sopra indicati.

Sommando i tre PIL (ufficale, sommerso e criminale) il prodotto interno italiano complessivo schizzerebbe a oltre 2.200 miliardi. Troppo per considerare le stime Eurispes coerenti con la realtà.

Il PIL criminale

La quantificazione di fatturato e patrimonio delle mafie è molto difficoltosa: secondo i diversi studi (Sos Impresa: Banca d'Italia e Transcrime), si passa da 26 a 138 miliardi di euro. Di solito le stime si basano su valutazioni soggettive ritenute attendibili dalle fonti investigative istituzionali (denunce, sequestri e confische), ma si tratta di criteri basati su presunzioni assolute e molto approssimative: ad esempio si ritiene che i sequestri di droga siano in rapporto di uno a dieci rispetto al consumo reale.

La fonte che di solito viene presa a riferimento per la quantificazione in termini economici delle attività criminali è il rapporto annuale di Sos Impresa, secondo il quale nel 2010 il fatturato delle mafie era stimato in 138 miliardi di euro, la liquidità disponibile in circa 65 miliardi, l’utile in 105 miliardi.

Tuttavia le fonti utilizzate (rapporti ufficiali sui traffici illeciti che non sono oggetto dell’attività di Sos Impresa) e la metodologia impiegata (elaborazione di dati che provengono dai Rapporti semestrali della Dia, dai Bollettini della Banca d’Italia, da Unioncamere, oltre ai riscontri dell’associazione sul territorio) non sono precisati con chiarezza, anzi le stime vengono definite “azzardate da un punto di vista prettamente scientifico” dalla stessa associazione.

La Banca d'Italia ha effettuato una stima basandosi sulla domanda di contante integrata da informazioni sulle denunce per droga e prostituzione messe in relazione al PIL delle singole province italiane. Un rapporto pubblicato nel 2012 attribuisce all’economia criminale un valore pari al 10,9% del PIL nel periodo 2005-2008, ma in ascesa nell'ultimo anno preso in considerazione al 12,6%.

Più contenuti i dati di Transcrime (centro di ricerca sul crimine transnazionale): il giro d’affari della criminalità organizzata ammonterebbe in media “solo” all’1,7% del PIL, con un fatturato che varia in un intervallo compreso tra i 17,7 e i 33,7 miliardi.

L’ipotesi di fondo dello studio è che solo una fetta delle attività illegali sia controllata da organizzazioni criminali (ad eccezione delle estorsioni, tipiche del crimine organizzato): il fatturato delle mafie varierebbe tra il 32 e 51% del PIL illegale. Tuttavia elle cifre complessive non rientrano i ricavi da attività per cui non esistono dati ufficiali, come il gioco d’azzardo.

Mentre sul fatturato delle mafie i dati risultano contrastanti e poco indicativi, viceversa sul patrimonio accumulato i numeri mancano del tutto, così come sulle infiltrazioni delle organizzazioni criminali nell'economia legale. L'unico dato certo è che il patrimonio sottratto fino a oggi alla criminalità organizzata e a disposizione dello Stato ammonta a circa 20 miliardi. In altre parole, sugli aspetti più opachi dell’economia illegale non esistono analisi.

Difficile, dunque, contrastare un fenomeno se non si riesce neanche a stimarne approssimativamente le dimensioni quantitative.

N.B: I dati qui riportati sono tratti dalle analisi sul sito Economy 2050. Per approfondire, si veda anche La Voce.info, che raccoglie qui tutti gli articoli degli ultimi anni su lavoro nero, evasione fiscale, affari della criminalità organizzata e gli altri aspetti dell’economia sommersa e illegale che penalizzano pesantemente il nostro Paese.

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