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Quando la violenza su minori è legge

Un’interpretazione surrettizia di una direttiva europea, un regalo a Mediaset e alle multinazionali dello spettacolo, un ostacolo a Internet, una minaccia per i provider, un clamoroso restringimento della libertà di espressione. Questo, in sintesi, il succo del "Decreto Romani", la polpetta governativa avvelenata travestita da legge, in questi giorni in discussione alla Camera.

Ficcare le nocche nelle costole e premere con forza, ma senza dare pugni. Strisciare su e giù con le scarpe sugli stinchi, ma senza dare calci. Questo e altro in una “guida brutale” che riassume le tecniche per infliggere deliberatamente dolore e umiliazione a ragazzi di età inferiore ai diciassette anni rinchiusi in carceri private britanniche. Con tanto di visto del ministero della Giustizia. Ne parlava ieri The Observer, specificando altre misure di costrizione fisica ritenute utilizzabili nel caso i minori dovessero “creare problemi”:

Il manuale che le contiene, classificato tra i documenti governativi “riservati” (restricted), specifica che alcune punizioni potrebbero provocare “fratture al cranio” oppure “cecità temporanea o permanente a causa del distacco della retina o rottura del bulbo oculare”. E che “quando la respirazione è compromessa la misura smette di essere costrittiva e diventa una emergenza medica“.

Secondo alcuni si tratta dell’istituzionalizzazione dell’abuso su minori. Il ministero, in sua difesa, rivela che tali tecniche sarebbero state usate “molto raramente”. Peccato abbiano condotto alla morte di diversi adolescenti, tra cui il quindicenne Gareth Myath e Adam Rickwood, di appena 14 anni, entrambi deceduti nel 2004 a seguito di “incidenti” nelle carceri private. Casi tutt’altro che isolati, come spiega questo rapporto della Children’s Rights Alliance for England, intitolato – eloquentemente – We are the boss, we have control. When they send you here you have no control. Una vera e propria cultura della violenza, insomma: lo testimoniano i nomignoli utilizzati dallo staff delle strutture (“crusher”, “mauler”, “clubber”), e i racconti dei “winners”, i “vincitori”, coloro i quali ricevono più botte. Come questi:

Alcune di queste storie parlano di chiare violazioni dei diritti umani. E nonostante questo, la battaglia per ottenere giustizia sembra appena cominciata. Insomma, anche nella civilissima Europa del 2010, certi bambini sono meno bambini di altri.

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