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Quando il lavoro uccide: 1080 lapidi nel 2010

Le chiamano morti bianche perché non fanno notizia. Sono circa 1080 le persone che hanno perso la vita nel 2010, quasi 3 al giorno. Le cifre agghiaccianti, fornite dall'Osservatorio Indipendente di Bologna, sono quelle di una guerra. Una guerra combattuta giorno per giorno da gente costretta a lavorare per pochi soldi, senza difese, senza tutele.

Eppure la notizia non occupa la prima pagina di nessuna delle principali testate nazionali, alle prese con ben altre preoccupazioni, come la stagione dei saldi che non riesce a decollare. E nonostante l'ecclatante incidente della ThyssenKrupp nel 2007 abbia fatto il giro del mondo (leggi l'articolo), dobbiamo rassegnarci al fatto che i morti sul lavoro, una macchia indelebile nella coscienza italiana, non sono un tema che vende nelle edicole.

Marco Bazzoni (Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza-Firenze) riporta su L'Unità dei dati preoccupanti: "Le Asl hanno un personale ispettivo ridotto all’osso che è formato da circa 1850 tecnici della prevenzione (o ispettori Asl), che sono in continuo calo, perchè man mano che molti tecnici vanno in pensione, non ne vengono assunti altri. Tanto è che se dovessero controllare tutte le aziende che ci sono in Italia, che sono circa 6 milioni, ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 33 anni, quindi considerando la vita media di un’azienda, praticamente MAI".

Il giornalista Giorgio Santelli ha riassunto la drammatica situazione italiana in un servizio per Rainews24:

E se da un lato il Governo trascura la sicurezza del lavoratore, dall'altro lancia una maldestra campagna di prevenzione: "Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene" (guarda il video), uno slogan ipocrita e provocatorio secondo i familiari delle vittime, che ne hanno già chiesto la cancellazione. Lo scrittore Carlo Lucarelli, che alle morti bianche ha dedicato una puntata della prossima serie di Blu Notte, boccia senza appello la campagna: "il governo da un lato non mette il lavoratore in grado di pretendere nulla e dall’altro lo colpevolizza". Tra i firmatari della petizione che chiede il ritiro dello spot c'è anche Antonio Boccuzzi, operaio sopravvissuto al rogo dell’acciaieria torinese Thyssenkrupp in cui morirono 7 colleghi: "È un messaggio vergognoso. Una sconfitta per il lavoratore, offensivo per i familiari, una presa in giro per precari e manovali in nero».

Fonte

Commenti all'articolo

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.42) 12 gennaio 2011 22:48
    Paolo Praolini

    Appena 30 morti in più del 2009, forse da questo punto di vista si fanno troppe chiacchiere!

  • Di Renzo Riva (---.---.---.235) 13 gennaio 2011 01:37
    Renzo Riva

    Cosa dirti Marco Nurra studia ancora e informati.
    Vuoi sapere perché sono morti alla Thyssen-Krupp?
    Per ora quanto scritto tempo fa poi il resto.

    Scritto e pubblicato come articolo su Agoravox il 27 Novembre 2009

    Pubblicato come lettera su: "Il Gazzettino", giovedì 03.01.2008, nel fascicolo del Friuli a pagina XIII a mia firma. 

    Ed anche le più alte cariche dello Stato
    continuano a ciurlare per il manico
    facendo tanta "ammuina".
     
    Consentitemi una considerazione sulle morti per infortunio sul lavoro, incidenti domestici, incidenti stradali e sulle prese di posizione di esponenti sindacali successive ai gravi fatti riportati dalla cronaca. L’incipit potrebbe essere: piangere il morto per imbrodare il vivo!
     
    Più banalmente, anche in casa ne succedono di tutti i colori. E non mi riferisco solo alle donne ammazzate dagli uomini (l’inverso succede, ma più raramente), ma proprio agli incidenti domestici. Secondo l’Istat ne muoiono di più cadendo dalla scala per pulire i vetri che nei cantieri. In base agli ultimi dati disponibili dell’Istituto nazionale di statistica, pubblicati nel 2001, in Italia avvengono ogni anno 3 milioni 672mila infortuni in ambito domestico, di cui mediamente si registrano 8mila mortali. Sono circa 7mila le morti sulla strada e circa 1.300 le morti sul lavoro.
     
    Conclusione? Potenza dei numeri. Nell’anno 2005 i 6 milioni di lavoratori esposti a rischio (ovviamente non gli impiegati, a cui al massimo può cadere un faldone sul piede) hanno generato all’incirca gli stessi morti. I morti sui luoghi di lavoro, al netto dei 638 riconducibili a incidenti stradali in itinere, sono 642. Il numero di decessi sulle strade è dunque molto più alto di quello all’interno dei luoghi di lavoro. Si può dunque concludere che la probabilità media di morte per ogni ora dedicata agli spostamenti su strada è fra 20 e 30 volte superiore alla probabilità di morte che si registra mediamente in un’ora trascorsa sul posto di lavoro.
     
    I 35 milioni di utenti della strada hanno generato una cifra superiore ai 7.000 morti; i milioni (dato non disponibile) di lavoratori domestici, casalinghi/e e altri, hanno generato oltre 8.000 morti.
     
    Secondo voi chi è sottoposto al maggior rischio? I morti sui luoghi di lavoro, sono 642 e non 1.280 perché 638 sono riconducibili a incidenti stradali in itinere al luogo di lavoro. Comunque troppi. Ma di chi è la responsabilità?
     
    Una considerazione finale sul fatto accaduto alla Thyssen Krupp, le acciaierie di corso Regina Margherita a Torino. Ma i sindacalisti delle Rsu cosa facevano? E gli altri "distaccati", piuttosto che sindacalisti, sembrerebbero quasi un esercito di 44.000 travet piuttosto che persone "distaccate" appunto per tutelare il mondo del lavoro.

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