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Quando i colpevoli diventano innocenti e gli innocenti diventano colpevoli

Renzi non può pensare di farla franca: ha tradito il mandato elettorale, anche quello delle primarie, ha chiesto la fiducia su un D.L. in bianco, e ora pretende di mettere sotto processo chi non ha votato la fiducia al governo. Certo, c'è la disciplina di partito, ma possibile che essa valga solo per chi disattende la delibera della direzione, e non vota la fiducia al governo, e non per chi tradisce il mandato elettorale? Merita di essere cacciato chi tradisce la direzione o chi tradisce gli elettori? Conta di più la classe dirigente del partito o gli elettori?

Sono domande, queste, che ci interrogano sul significato di partito, nella realtà delle primarie e della personificazione della politica. Il partito è una comunità di iscritti, di elettori che condividono e votano un certo programma, e non si identifica con il suo segretario, specie quando non rispetta il mandato elettorale e il D.N.A. del suo partito.

Rispettare i principi fondamentali della Costituzione, non stravolgere lo statuto dei lavoratori, non fare accordi con un pregiudicato, fanno parte del D.N.A. del partito.Tradire questi principi è qualcosa di più della violazione del mandato elettorale, significa tradire il partito e la sua storia, violare la sua identità, la sua natura.

Quando Renzi ha fatto l'accordo del Nazareno, massacrato la volontà popolare con riforma del Senato, e la legge elettorale, cancellato l'articolo 18 e sostenuto che il lavoro è un dovere, e l'imprenditore deve essere libero di licenziare anche ingiustamente, ha tradito il mandato elettorale ed il suo partito.

E l'opposizione nel partito? La sinistra PD? la base del partito? La base non si è ribellata. L'opposizione ha detto qualche parola di circostanza, per dare un senso al suo ruolo, poi ha taciuto. Tutti hanno consentito al tradimento del programma elettorale, e del D.N.A. del partito. 

Per questo il Pd vive una situazione assurda, nella quale,i colpevoli diventano innocenti, e gli innocenti diventano colpevoli. Il segretario di un partito di centrosinistra fa una politica di destra, e mette sotto accusa chi si batte per una politica di centro sinistra. Una classe dirigente che tradisce il mandato elettorale, e cerca di espellere chi è fedele a tale mandato. E così succede che sul banco dell’accusa sieda chi dovrebbe stare sul banco degli imputati.

C’è una via d’uscita da questa follia? Certo, c’è una via d’uscita.

Quando c'è contrasto tra volontà della classe dirigente e la volontà degli elettori, l'ultima parola spetta a questi ultimi, che quantomeno dovrebbero essere interpellati sulla materia del contendere, specie quando essa riguarda l’identità del mandato e l’identità del partito. Non si può invocare per le primarie la partecipazione di elettori e di iscritti, e poi non tenerne conto, quando vi e contrasto tra questi soggetti e la classe dirigente. Un referendum tra gli iscritti e gli elettori sulla legge elettorale, la riforma del Senato, sulla cancellazione dell’art.18, potrebbe dare una risposta chiara e definitiva su questi temi, che sono le ragioni del contrasto tra maggioranza e minoranza PD.

Ma per realizzare questa soluzione ci vuole una minoranza ed una base coraggiosa e motivata, e al momento il PD non ha né l’una, né l’altra. 

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

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