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Qualità della politica e stipendi d’oro

La crisi economica che stiamo attraversando (che pur essendo mondiale è fortemente aggravata da anni di malgoverno) dimostra in modo incontrovertibile la pochezza della nostra classe politica.

La polemica sugli stipendi dei parlamentari, di grande interesse mediatico, determina nei cittadini disappunto e incredulità. La “strategia difensiva” dei politici, poi, alimenta stupidamente tale diatriba innescando una spirale senza fine di polemiche che rischiano di distogliere l’attenzione dai veri problemi che riguardano la nostra classe politica.

Sgombro subito il campo, tuttavia, da qualsivoglia equivoco: in tempi di crisi è giusto che anche i parlamentari diano il loro contributo. A mio giudizio, però, il problema non è ricollegato tanto all’entità della remunerazione di una persona, che pure va presa in considerazione se si vuole pianificare una manovra finanziaria equa, quanto alla produttività di quest’ultima e, soprattutto, al contributo che è in grado di dare alla società in termini culturali, economici e sociali. Se così non fosse anche le remunerazioni di altre importanti categorie sociali, oltre ai politici, dovrebbero essere oggetto di attenzione.

Ora, francamente, fatte le dovute eccezioni che riguardano alcuni parlamentari operosi e competenti (verso i quali va tutto il mio rispetto), non v’è dubbio che la stragrande maggioranza dei nostri rappresentanti, nominati dalle segreterie dei partiti e non eletti dai cittadini, nell’ultimo lustro ha dato dimostrazione di pochezza culturale, intellettuale e (ahimè!) persino morale.

Lo spettacolo indecoroso che un nutrito numero di rappresentanti della classe politica italiana ha fornito negli ultimi anni è fin troppo esaustivo. Si pensi al mercato dei parlamentari, all’utilizzo delle auto blu, alle frequentazioni “discutibili” di importanti personaggi istituzionali, per rimanere soltanto sul versante etico-morale. Se poi sconfiniamo nel campo della cultura generale c’è veramente l’imbarazzo della scelta: dal “tunnel dei neutrini” al “patè d’animo”, dai “feriti ricoverati al Politecnico” alla “Calabria che confina con la Puglia”, dall’”Unità d’Italia nel 1871” a “Roma capitale nel 1891”, ecc..

In una siffatta situazione, considerato anche il numero dei giorni di lavoro settimanale e la qualità e quantità dei provvedimenti legislativi assunti, qualsiasi compenso apparirebbe eccessivo. Del resto la crisi che stiamo attraversando (che pur essendo mondiale è fortemente aggravata da anni di malgoverno) dimostra in modo incontrovertibile la pochezza della nostra classe politica. Pertanto, lo sforzo prodotto da deputati e senatori, nel tentativo di dimostrare che i loro stipendi risultano almeno pari a quelli dei parlamentari tedeschi o francesi e quindi sostanzialmente meritati, visti i risultati, è destinato miseramente a fallire.

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