• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > "Pusher" e "cannabis " | La terminologia tradita di Easy Rider

"Pusher" e "cannabis " | La terminologia tradita di Easy Rider

L'uso del termine “pusher” come fattore di propaganda proibizionista da parte della stampa “dipendente”. 

In natura, come in farmacologia, c'è una certa differenza tra una pianta che ti offre vita e una pianta che ti procura morte, come sempre si è sostenuto e si sostiene a favore di una maggior onestà nei confronti del rapporto tra le odierne definizioni di droga pesante e droga leggera, in funzione di una informazione più utile, più scientifica, più realistica di quella fornita dal proibizionismo di stampo finanziario-clericale monopolistico in piena crisi di rappresentanza. 
La cronaca recente su un giornale romano ci offre questo orrendo titolo: “Principe pusher con piantagione nel castello: arrestato”. Un caso isolato? Ma no! La stampa generalista ci ha ormai abituato a questo lemma affibbiato a chiunque venga beccato con più di 10 grammi d'erba... Pusher... Siamo di fronte all'ennesimo caso di informazione-bufala, una ennesima truffa ideologica ai danni del cittadino?
Questo epiteto infatti prende il nome da “The Pusher”, una canzone scritta da Hoyt Axton, e successivamente ripresa dagli Steppenwolf; essa è particolarmente nota per essere presente nella colonna sonora del film Easy Rider del 1969.
Nel testo della canzone si fa la differenza tra uno spacciatore di marijuana — che "vende un sacco di dolci sogni" — e uno spacciatore di droghe pesanti come eroina — un "mostro a cui non importa se vivi o muori".
I testi di questo pezzo musicale, “sparato” all'inizio del film CULT per eccellenza della controcultura internazionale, rappresenta la posizione di tutti gli estimatori delle droghe leggere di tutto il mondo, dagli anni sessanta a tutt'oggi, relativamente alla differenza mortale tra la cannabis e gli oppiacei.

  “Sai che ho fumato un sacco di erba 
  Oh Signore ho spuntato un sacco di pillole*...
  Ma non ho mai toccato niente 
  che il mio spirito potrebbe uccidere. 
  Sai che ho visto un sacco di persone 
  a spasso con la lapide nei loro occhi 
  Ma al pusher non importa, ah 
  Se si vive o se si muore 


  hey dico il pusher dico Dio lo maledica Dio lo maledica.”

A quell'epoca le pillole a cui faceva riferimento la canzone erano allucinogeni come LSD o eccitanti come le anfetamine; quest'ultime si trovavano nelle farmacie contenute nei farmaci dimagranti e avevano il solo effetto di farti restare sveglio per qualche giorno, mentre l'acido lisergico, che era da poco stato scoperto e sperimentalmente sintetizzato da ricercatori statunitensi (vedi Timoty Leary) stravolgeva a tal punto le percezioni da dare l'impressione che esistessero universi paralleli inesplorati in cui si poteva capitare ingerendo determinate sostanze, chimiche o naturali come funghi o rizomi esotici.

  L'”uso” del reale convenzionale senza alternative di fuga per i lunghi anni dell'ideologia vittoriana pregressa e anteriore alle due guerre, se non con i miseri e frustranti tentativi alcoolici, con vomito finale e migliaia di morti di cirrosi, veniva brutalmente interrotto da sostanze che facevano scattare meccanismi cerebrali che consentivano (finalmente?) una tranquillamente diversa visione delle cose. Nasce la cosidetta Rivoluzione Interiore, ovvero la precedenza dello spirito individuale sulla forma rivoluzionaria violenta, reputando questa metanoia necessaria e antecedente a qualsiasi progetto rivoluzionario reale.
Ma la condanna contenuta nel testo è ancora più estrema nella parte finale: 
  
  “...se fossi il presidente 
  la guerra totale sul Pusherman 
  avrei dichiarato 
  io lo ucciderei con la mia 
  bibbia e il mio rasoio e la mia pistola 
  dannazione al pusher maledetto ... il pusher 
  ho detto Dio dannazione, maledizione al Pusherman!”

...Siamo di fronte a un vademecum che chiarisce la considerazione di questo gruppo culturale nei confronti delle droghe pesanti, non a caso in Italia chiamate “Droghe di Stato”, che la vox populi reputa ancor oggi incoraggiate “istituzionalmente” per uccidere un'intera generazione; dove, con questi presupposti, nessuna possibilità di passaggio dall'Erba al loro consumo era nemmeno lontanamente immaginabile.

Pusher significa “colui che spinge” inteso come il soggetto che, vendendo droga, condiziona i consumatori alla dipendenza da una sostanza potenzialmente mortale. Questa definizione, per i growers e i consumatori di cannabis è totalmente impropria e strumentale. Gli “scambiatori” di cannabis, coloro che condividono o vendono nei club privati l'erba da essi prodotta si chiamano e si sono sempre chiamati “dealers”, riportato nel dizionario come : "operatore-intermediario che negozia titoli o beni per conto della clientela e anche per conto proprio”. 
  
Ecco che usare il termine pusher per un coltivatore di piantine di Marihuana, anche se parte di quell'ipotetico raccolto il principe o il povero avessero deciso di venderlo, è propagandistico al proibizionismo ignorante e rozzo. Procurare vita (ai malati e pure ai sani) non è lo stesso che istigarli al suicidio. Se dobbiamo essere americani, vogliamo esserlo anche per quegli aspetti culturali che la politica governativa italiana non gradisce: noi siamo “growers” e chi vende il nostro prodotto (farmacisti compresi) si chiama “dealer” (pronunciato “diler”).

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità