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Prova a prendermi

Frank William Abagnale Jr. fu uno dei truffatori più abili di tutti i tempi.
Riuscì a incassare, grazie alle sue doti di falsario, circa 2,5 milioni di dollari, emettendo assegni fasulli in ben ventisei paesi diversi.
 
Nonostante non si fosse mai laureato, insegnò alla Brigham Young University, si spacciò per un pilota della Pan Am viaggiando in tutto il mondo grazie al deadheading, fu assunto come pediatra in un ospedale della Georgia e riuscì persino a superare l’esame da avvocato, che gli permise di lavorare nello studio legale più prestigioso dell’intera Louisiana. E tutto questo prima di aver compiuto ventuno anni.
 
“Prova a prendermi” racconta la sua vita, o meglio, la sua fuga dall’agente speciale che gli diede la caccia.
 
Al divorzio dei suoi genitori Frank (Leonardo Di Caprio), ancora un ragazzino, decide di scappare e andare a vivere nella grande New York. Non sapendo come sopravvivere, e non avendo un lavoro, Frank decide di sfruttare le sue doti naturali di adulatore e falsario. Inizia così la sua epopea che lo porterà fino in Louisiana, dove s’innamorerà di una giovane infermiera, Brenda Strong, figlia di un prestigioso avvocato del paese (Martin Sheen).
 
Frank cercherà di costruirsi una famiglia, ora che la sua è andata in pezzi, ma l’agente Carl Handratty (Tom Hanks) gli tiene il fiato sul collo.
 
Spielberg trasforma quella che sembrerebbe una commedia semplice e spensierata in un calderone di temi profondi e delicati, unendo all’ironia una velata ma sempre presente suspance. L’ottimo risultato è dovuto anche in gran parte ad un cast a dir poco formidabile: Di Caprio è ormai un astro che non accenna a spegnersi, che nel duetto con il sempreverde Tom Hanks dà il meglio di sé ancora una volta (se poi consideriamo che per la maggior parte delle riprese il suo stato di salute era pessimo). Ma altrettanto straordinario è Christopher Walken, che trasforma un ruolo del padre di Frank, all’apparenza secondario, quasi di fondo, in un personaggio dalla personalità forte e malinconica. Non a caso questa straordinaria interpretazione gli valse la candidatura al premio Oscar come miglior attore non protagonista.
Non è tutto rosa e fiori nella vita del falsario più famoso d’America: al centro di questa storia non c’è la gioia sfrenata, bensì una profonda solitudine.
E’ la solitudine, infatti, uno dei temi chiave di tutto il film, portata in grembo da un trittico formato dai tre personaggi maschili.
 
Frank, nonostante possa volare da un posto all’altro continuamente e avere tutto quello che desidera senza fatica, sente la mancanza di un legame affettivo vero, autentico, come quello che aveva con la sua famiglia, e soprattutto con suo padre. Ora i suoi genitori sono divorziati, suo padre ha dovuto vendere il negozio di famiglia e si è ridotto a lavorare come postino. Sua madre si è risposata e si è rifatta una famiglia. Frank è una trottola impazzita che corre alla velocità della luce, salta da un posto all’altro, va e viene, prende e lascia, tutto di sfuggita.
 
Una trottola rimane in piedi finché continua a girare, questo Frank lo sa, e lo sa anche suo padre, caduto nella pirandelliana trappola della vita che non gli lascia più scampo. Come Mattia Pascal aveva avuto l’incredibile colpo di fortuna di trovarsi morto e non sepolto, libero di vivere la vita senza le catene della formalità e del lavoro, così Frank è un soggetto inclassificabile e in classificato, una meteora scintillante nel grigio e statico mondo moderno.
 
È infatti proprio quando cerca di fermarsi che Handratty gli si avvicina sempre più.
 
Poi c’è Frank Abagnale Senior, il padre di Frank, lasciato dalla donna cui aveva dedicato tutta la vita, dopo aver conquistato il suo cuore in un piccolo paesino francese, durante la guerra, ed averla portata in America. La sua è una figura malinconica e solitaria, alla pari dell’agente speciale Handratty, talmente preso dal suo lavoro da non poter stare accanto alla sua famiglia.
 
E proprio alla vigilia di Natale, quando i legami familiari si fanno più forti, proprio come la loro mancanza, Frank telefona puntualmente a Carl, quasi per ricevere un conforto e, inconsciamente, una nuova figura paterna alla quale aggrapparsi.
 
Una regia come al solito precisa e magistrale, ricca di trovate originali che conferiscono al film un’invidiabile originalità.
 
Un film intenso, frizzante, mai statico o noioso, accompagnato da una colonna sonora, eseguita da John Williams, che si guadagnò la candidatura al premio Oscar.

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