Processo Mills, reato prescritto
La Cassazione prescrive il reato a Mills. La prescrizione si è giocata sulla differenza di circa quattro mesi; per il pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, è dall’11 novembre 1999 che decorrono i termini di prescrizione e non a partire dal 29 febbraio 2000, come ritenuto invece dai giudici della Corte di appello di Milano. Prescrizione che, comunque, è stata possibile grazie alla legge del 2005 (legge ex cirielli - governo Berlusconi) che ha ridotto i termini da 15 a dieci anni.
Da quanto si legge, il Pdl interpreta la prescrizione come se fosse un’assoluzione e prende lo spunto per attaccare di nuovo quei giudici che, di fatto, cercano di interpretare la Costituzione (la legge è uguale per tutti) proprio la dove il sig. Verdini lo attribuisce all’attuale sentenza.
Anche il guardasigilli interpreta allo stesso modo e anche lui prende lo spunto per dare più enfasi alle leggi in discussione al parlamento sulle intercettazioni, processo breve e legittimo impedimento.
Ed è proprio l’interpretazione data a rendere inquietante il quadro della giustizia in Italia. Da una parte c’è un governo tutto teso nella difesa a priori dei suoi - inchiesta G8 - dall’altra, un’opposizione che non riesce a staccarsi dal pantano del giustizialismo (rivoluzionar/reazionario) che porta con sé tutti gli elementi della lotta per il potere. Il tutto in nome di un popolo che è sempre più destinato a fare da spettatore anziché essere partecipe della politica intesa come momento di realizzazione di programmi per la soluzione dei problemi.
Dare alla sentenza, che non ha annullato il reato ma lo ha prescritto a causa del restringimento dei termini, una valenza politica significa, a tutti gli effetti, politicizzare la giustizia stessa, ovvero l’istituzione preposta. Politicizzazione che, la stessa maggioranza, almeno formalmente, addebita all’opposizione.
Tutto questo accade proprio all’inizio della campagna elettorale per le amministrative; campagna che dovrebbe vedere le formazioni politiche in campo con programmi ben definiti e chiari da proporre ai cittadini per la soluzione dei problemi. Invece ci ritroviamo, noi cittadini, ad assistere all’ennesima disputa sui problemi dei soli politici e sul come renderli tema principale della politica italiana, evitando così di affrontare i temi essenziali alla vita sociale quali:
1) stato sociale, reso ancor più urgente dalla crisi economica in corso;
2) gestione dell’ambiente, sia nell’ambito dell’edilizia (che ha portato al dissesto idrogeologico di cui se ne vedono gli effetti ogni giorno), sia in quello agricolo e paesaggistico;
3) energia;
4) edilizia abitativa pubblica;
5) sanità;
6) scuola
e altri non meno importanti. Problemi, questi, che se non affrontati in modo adeguato e senza un vero consenso delle parti, potrebbero influire negativamente sullo sviluppo democratico del’Italia.
Certo, la corruzione in ambito pubblico, ma anche privato, è un comportamento che va combattuto, ma c’è veramente bisogno di leggi straordinarie? In Italia esistono già leggi in grado, se applicate, di constrastare la corruzione ad ogni livello e in qualsiasi ambito si manifesta, ma per far ciò bisogna che tutti siano ritenuti uguali di fronte alla legge.
Problemi come la disoccupazione, la casa, la sanità, la scuola e il fisco, non essendo ritenuti emotivamente rilevanti, o ritenuti emotivamente negativi, ai fini elettorali e comunque scomodi perché, per la soluzione, richiedono interventi che potrebbero essere impopolari e di conseguenza potrebbero creare divisioni interne, si guardano bene dal porli come momento di dibattito elettorale tra i candidati e i cittadini.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox