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Prima gli italiani

E’ una frase che può sembrare sensata. Sono, infatti, proprio i cittadini italiani che pagano le tasse con cui lo Stato mantiene tutte le sue funzioni come l’Amministrazione pubblica, la scuola, la sanità, la pubblica sicurezza, le forze armate eccetera per cui dovrebbero essere loro, per logica i primi, a beneficiare di tutti i servizi civili che lo Stato garantisce.

Il fatto poi che questi servizi non siano erogati con quell’efficienza che tutti ci saremmo augurati esula da questo ragionamento, pur rappresentando un punto fondamentale nel successo ottenuto dalle due formazioni politiche alla recente tornata elettorale. Ma, bisogna pur dirlo, il “prima gli italiani“ è una frase (un pensiero) razzista. Lo so che molti tendono a negarlo rassicurandoci in anticipo che non sono razzisti, ma purtroppo è così.

Il fatto è che si crea un discrimine: discrìmine s. m. [dal lat. discrimen -mĭnis, der. di discernĕre«distinguere»], letter. raro. –

Distinzione, divisione, punto di separazione che si basa su un unico criterio molto preciso, quello della nazionalità. Non si guarda ai bisogni delle persone, al loro grado di difficoltà, alla loro situazione economica, familiare eccetera cercando di dare loro un aiuto secondo gli antichi e nobili principi della solidarietà umana, e nemmeno rispettando i più alti principi religiosi che dovrebbero essere alla base (ma forse solo quando fa comodo) di un popolo prevalentemente cattolico.

Si usa invece una regola di separazione che si basa su un unico criterio, quello della razza. Un antico principio di hitleriana memoria che dovrebbe spaventare chi lo usa ma che invece viene sbandierato con spavalderia e noncuranza, con la certezza di essere nel giusto e di non essere assolutamente razzisti, ma giusti fra i giusti.
Lo sa bene il nostro recente Ministro dell’Interno che lo ha usato e lo usa come propaganda elettorale con un sottile ed efficace meccanismo psicologico, quello di creare, ad arte, la paura del diverso a cui viene attribuita ogni colpa, e con parole decise rassicurare un popolo in febbrile attesa di una definitiva soluzione.
Un meccanismo semplice e perfetto che parla alle “pance” degli italiani, provati dalla crisi economica, da quella del lavoro, dallo scadimento dei più fondamentali principi di equità, dai tanti scandali che fanno pensare ad una classe dirigente politica e affaristica sempre alla ricerca del proprio interesse e non di quella del Paese.


Parla, in effetti, anche alla mia, di pancia, devo confessarlo. Sento anch’io il fascino di quelle parole così tranquillizzanti che esprimono intraprendenza e sicurezza ma io la “pancia” l’ho ben collegata al cervello, mentre per molti altri questo collegamento centrale sembra non funzionare troppo bene. 
E succede così che persone normali e intelligenti, amici con cui abbiamo spesso parlato di politica e di società familiarizzando e trovando terreni comuni di accordo e condivisione, improvvisamente ci sorprendono con frasi di questo genere, non rendendosi conto della posizione che si trovano ad assumere. Anzi contestando le nostre osservazioni che tenderebbero a metterli in guardia su quello che stanno dicendo, sulla loro posizione al riguardo.
Credo si possa definire “razzismo inconsapevole” perché il ragionamento logico sembra non riesca a concludersi e si fermi prima, al semplice disagio, senza procedere oltre.
Che gli immigrati siano un problema è evidente a tutti. Che il problema non sia stato ben affrontato dall’Italia (che aveva tutto il tempo ed anche un po’ di risorse per farlo) e nemmeno affrontato dall’Europa, è altrettanto evidente a tutti. Che nel grande numero di immigrati ci siano anche elementi con tendenza alla criminalità è altrettanto logico e possibile. Ma che siano loro la conseguenza del nostro disagio, tale da spingerci a rifiutare loro un aiuto, su questo non sono d’accordo. 
La mia anima di sinistra mi ha sempre fatto mettere in primo piano quella che dovrebbe essere la caratteristica peculiare discriminante della mia parte politica, quella con cui si dovrebbe differenziare fortemente dalla destra, quella solidarietà umana che, pur non essendo credente, cerco di usare sempre come principale criterio di scelta.
Invece che prima gli italiani a me piacerebbe che la politica indicasse prima gli onesti, prima i bisognosi, prima i meritevoli fregandomene della loro etnia, del loro colore, della loro razza.
Conosco italiani spregevoli, italiani completamente inutili, italiani modelli negativi, italiani parassiti; compaiono sui giornali vicende di italiani corrotti e talvolta ci si meraviglia come alcuni si vendano davvero per poche lire, padri di famiglia corrotti per pochi soldi, italiani che ridono delle disgrazie altrui, che si complimentano per una catastrofe con vittime civili.
Sono cittadini italiani ma il posto più giusto per alcuni di loro sarebbe la galera, non certo in cima alla lista. 

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