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Presadiretta: la minaccia nucleare

Da Putin arrivano parole di guerra, oltre ai missili che stanno devastando l'Ucraina: mai come adesso l'Europa e il mondo sono vicini all'escalation militare. Come siamo arrivati a questo? La puntata di Presadiretta cercherà di dare una risposta a questa domanda.

Putin nel discorso di annessione alle zone dell'Ucraina che si è annesso mettono fine al negoziato, parole a cui ha risposto Zelensky che ha bloccato i negoziati per legge.

Nessuno ha accettato al mondo il risultato del refendum nelle regioni conquistate a Lugansk e Kerson, è solo un modo per Putin per sfidare l'occidente, quella è la nostra terra.

Ma in Russia dietro le parole della propaganda il clima è diverso: crescono le diserzioni, i giovani non vogliono finire al fronte, manca l'equipaggiamento per i nuovi arrivati “portatevi da casa il sacco a pelo” racconta un istruttore.

A Putin non rimane che l'ultimo asso nella manica: “useremo tutti i mezzi a nostra disposizione, non è un bluff”. Tutti i mezzi anche il nucleare, dunque?
All'attacco al ponte di Kerch, nel giorno del compleanno di Putin è seguito l'attacco a Kiev: gli ucraini vogliono vedere le carte in mano a Putin.
L'ex collaboratore Kollyatov oggi esule racconta che Putin vuole negoziare, ma da una posizione di superiorità: oggi sta perdendo la guerra, se la perdesse veramente perderebbe anche il potere, rischiando la prigione se non peggio.

Putin sta rischiando il potere, per questo ora non sappiamo se può colpire o meno. I suoi collaboratori non sarebbero disposti a seguire i suoi ordini – continua Kollyatov.
Si rischia una rivoluzione in Russia, ma le elite attorno a Putin potrebbero organizzare un colpo di stato.

In questi scenari la possibilità di una bomba tattica non è irreale: la guerra rischia di uscire dall'Ucraina anche per gli attentati ai gasdotti sul mar Baltico. La guerra mondiale o europea è concretamente alle porte: da questi attentati chi ci ha guadagnato? Che senso ha avuto l'attacco a queste infrastrutture? Chi ha voluto lanciare questa minaccia?
L'Unione Europea ha preso sul serio una minaccia chiedendo ai paesi di preparare una risposta militare a seguito di questi attacchi, preparando nuovi aiuti militari all'Ucraina.
E la Nato come risponderà? Presadiretta ha intervistato il generale Tricarico: non si può giocare a poker con una persona come Putin, che è stato messo all'angolo da noi, per farlo morire nell'angolo. Non c'è mai stata la volontà di trattare.

Secondo il generale “La Nato è stata tradita da alcuni Paesi membri perché non sono state rispettate le regole costitutive della Nato. Bisognerebbe vedere le riunioni del Comitato Atlantico. Se c'è stata una concertazione vera. Io sono sicuro che non ci sia stata".

Tricarico ha anche criticato l'atteggiamento di Stoltenberg “che ha avuto un ruolo negativo in tutta questa vicenda - perché vorrei ricordare che Stoltenberg è solamente autorizzato a guidare le consultazioni, quindi lui può parlare solamente quando è autorizzato a farlo da tutti i Paesi membri”.

Lottiamo per la pace, chiede il papa, la pace la chiede anche il presidente Mattarella, nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti del popolo ucraino.

Cosa sta succedendo in Russia?

Il simbolo della protesta in Russia è Elena Osipova, arrestata dalla polizia a Mosca: mi è stato chiaro fin dall'inizio di che pasta fosse fatto Putin, provenendo dai servizi segreti. Putin ha un piano, mettersi al di sopra di tutti, come Hitler, che sosteneva che la sua nazione fosse la migliore.

Elena ha dipinto un quadro dedicato ai bambini e alle vittime di Bucha: una quadro che esprime la vergogna per le violenze contro i civili.

Ma non è solo la pittrice a protestare, negli ultimi quindici giorni molti riservisti stanno scappando dalla Russia, in Georgia, in Finlandia, verso la Mongolia.

I ragazzi scappano temendo una mobilitazione per una guerra che non comprendono: le storie che racconta la propaganda sull'esercito Nato pronto ad invadere la Russia non convince nessuno. La Russia sta decadendo per colpa della corruzione.
In poco più di una settimana circa 500mila persone sono scappate dalla Russia, dall'inizio di quest'anno se ne sono andati almeno 1 milione di persone in totale.

Il Cremlino preferisce che le persone se ne vadano, perché così si allontanano possibili contestatori: ma il disagio e il dissenso si stanno diffondendo, arrivando a punte estreme, come il suicidio del rapper russo Ivan Petunin.

Altri video che Presadiretta mostrerà nel servizio, mostrano l’uccisione di un comandante dell’esercito da parte di un soldato di leva, l’esplosione a Volgograd di un centro di reclutamento, a cui un ragazzo ha dato fuoco.

I 300mila riservisti chiamati in servizio vengono solo da alcune regioni della Federazione Russa, sono gli uomini delle minoranze non slave, dalle regioni periferiche, le più povere, come Tagikistan, la Buriazia: “sono le vittime più sacrificabili” – racconta Agnese Rossi di Limes a Presadiretta – “agli occhi dei centri di potere che sono in mano ai russi etnici. Ma questa è un’arma a doppio taglio perché per gli stessi motivi molti di questi gruppi etnici si stanno rivoltando, non sentono questa guerra come la propria guerra. Dal 21 settembre si sono registrati oltre 100 proteste, solo in Daghestan sono state arrestate 101 persone che gridavano ‘questa non è la nostra guerra’”.

Ma questo dissenso interno potrebbe portare a delle spinte separatiste?
“Si, già ci sono, queste repubbliche hanno già iniziato a chiedere diversi gradi di autonomia. Queste faglie che si stanno creando nella federazione sono forse l’eredità più drammatica per i destini della Federazione. Qualcosa, cioè, che Putin o chi per lui, dovrà fare i conti a guerra finita.”

“E’ una vera e propria implosione del consenso ” racconta Anna Zafesova giornalista di origini russe che ha lavorato per le più importanti testate italiane: la mobilitazione parziale può essere veramente un punto di non ritorno per Putin, perché rompe il patto con la maggioranza silenziosa che finora ha appoggiato il regime in cambio di tranquillità e benessere.
“E’ probabile che la protesta crescerà perché cominceranno ad arrivare alle famiglie gli annunci che i loro cari sono caduti e poi nuove lettere di coscrizione. A questo aggiungiamo un disagio economico già presente e anche quello andrà a peggiorare. Quindi la gente avrà sempre meno da perdere, dalla prospettiva di rimanere in silenzio..”
Un golpe interno è verosimile?
“Io credo che un golpe interno sia estremamente verosimile e che in questo momento sia l’ipotesi più probabile. Putin è riuscito a mettersi in una situazione dove rende scontenti tutti: i falchi che sono estremamente scontenti della gestione fallimentare di questa guerra.
Quelli che vorrebbero una Russia più democratica, più europea, più pacifica. E adesso è riuscito a scontentare anche la maggioranza silenziosa. Possiamo affermare con una ragionevole certezza che in tanti stiano pensando a come fare un colpo di palazzo.”

Nonostante il clima di repressione la gente sta scendendo in piazza, a Mosca a in periferia dove è scattata la repressione interna: cresce la violenza della polizia, le persone arrestate sono state mandate in Ucraina a combattere. In Russia ci sono attivisti che si stanno battendo contro il regime: “noi apparteniamo alla generazione che deve fare la differenza”, con la dichiarazione di guerra Putin ha dichiarato guerra anche al suo paese.

Ospite in studio era presente il giornalista Ezio Mauro: su Repubblica ha scritto che oggi la leadership vacilla, anche perché è cambiato il sentimento popolare.
Non solo la popolazione ucraina si è schierata compatta attorno al suo paese e il Cremlino non era preparato a questo. I morti sono 55 mila in sei mesi, molto più che in Afghanistan, morti che non si possono nascondere alle famiglie e ai cittadini.

La mobilitazione sta creando una forte reazione in quella generazione che non ha legami ideologici col passato, ragazzi che non sentono il significato della guerra di Putin, nonostante la propaganda. È la generazione Z che sta sconfiggendo Putin dall'interno, ribellandosi alla coscrizione – racconta Mauro: oggi non sappiamo come andrà a finire la partita, il complesso militare potrebbe intervenire. È come se il potere volesse additare all'esercito come il colpevole, scaricando le colpe ai militari come errori tecnici e non politici, indirizzando l'opinione pubblica.
Ma all'inizio c'è stata una purificazione linguistica per proteggere i militari, la guerra non era una guerra: oggi il clima è cambiato, la politica non protegge più la parte militare e quest'ultima potrebbe sviluppare una propria teoria del potere.

Putin potrebbe cadere? È una scommessa al buio? Chi potrebbe arrivare alle sue spalle? Possiamo aspettare la caduta di Putin?

Non è detto che Putin cada – la risposta a queste domande di Mauro – il prolungarsi della guerra indebolisce il Cremlino, la risposta di Zelensky è in risposta all'atto di propaganda di Putin con l'annessione delle repubbliche del referendum fasullo.
Ha ragione il papa, si devono tenere aperte le porte del negoziato ma non possiamo trattare alle condizioni del Cremlino, non rispettando la volontà dei popoli.

Al forum economico russo – il nuovo ordine mondiale di Putin

Francesca Nava si è fatta accreditare al forum economico di San Pietroburgo a cui hanno partecipato centinaia di paesi, nonostante fosse in corso la guerra.

La Russia sta costruendo il nuovo ordine mondiale, il nuovo muro nei confronti dell'occidente.

“L’era dell’ordine mondiale unipolare si è conclusa, è un errore pensare che dopo un periodo di cambiamenti turbolenti tutto possa tornare alla normalità e possa tornare come prima. Nulla sarà più come prima!” - sono queste le parole rivolte dal presidente Putin alla platea del forum economico di San Pietroburgo, dal titolo “nuove opportunità per il nuovo mondo”.

Erano presenti tanti paesi, dall'Afghanistan all'Egitto alla Cina.
Putin nel suo discorso ha attaccato l'America, il suo consigliere Kovicov è il tessitore di questo nuovo ordine che mette assieme Cina, India e paesi africani: la Russia ha già dimostrato la sua autosufficienza e la sua indipendenza economica, frutto della nostra (dei paesi europei, Germania in primis) dipendenza dal gas russo.

Secondo il disegno di Putin, Asia e Cina saranno al centro del mondo: il presidente Xi Jin Ping è intervenuto in teleconferenza, confermando l'amicizia e la partnership commerciale tra questi due paesi.
Il mondo non è più unipolare, come vorrebbe l'America – racconta Putin alla platea: una visione che piace ai paesi del Brics, tra cui India, che non ha aderito alle sanzioni contro la Russia. I paesi del Brics rappresentano una buona fetta del PIL mondiale.

L'ex ministro della cultura Medinskij, che ha guidato la coalizione di pace, ha risposto alle domande della giornalista: gli ucraini – racconta – erano d'accordo al 75% della bozza di pace, ma poi sono stati bloccati dagli americani.

Come si raggiunge la pace dunque?
Quando gli ucraini decideranno con la loro testa non con quella di Washington: “Siete voi che state trascinando il mondo in una nuova guerra fredda, non noi”.

L'ex ministro conclude l'intervista con parole dure: “perché questa guerra in Ucraina è così dura? Perché sono anche loro russi, quindi siamo russi contro russi. Il punto è che non sono loro a prendere delle decisioni o, alla fine, non sono soltanto loro (gli ucraini) che prendono le decisioni. Ed è esattamente questo il mondo che non ci piace, è questo il mondo che non sosterremo mai. Questo è quello che l’Occidente deve capire: è insito in ogni russo non arrendersi mai.”

Il Cremlino sta cercando di creare nuove generazioni di patrioti che, da adulti, non mettano in discussione la visione geopolitica di Putin: sin nella scuola i bambini devono essere educati al patriottismo, devono sapere che dovranno difendere un giorno la patria con le armi.

Non devono avere dubbi su quanto sta succedendo in Ucraina: si revisiona la storia, si edulcora la figura di Stalin, si favoleggia dei bei tempi in cui la Russia era potenza mondiale.
Putin e la sua classe dirigente ha come obiettivo di esaltare questi momenti storici, compresi gli anni di Stalin: si tratta di un vero e proprio indottrinamento dei bambini e che passa dal ministero della cultura russo.

Qualcosa che assomiglia ai Balilla di Mussolini o alla Hitler Jugend: bambini che sfilano alle manifestazioni, bambini tenuti lontano dalla cultura e dalle idee occidentali.

Si sta facendo un lavaggio del cervello ai bambini, anche perché le persone non hanno altre fonti di informazioni diverse da quelle volute dal Cremlino.

I canali non allineati, i giornali che raccontano il paese in modo non conforme sono chiusi: così i russi della strada parlano come Putin vuole che parlino.

La guerra era necessaria, Putin sta facendo quello che doveva essere fatto, nonostante le sanzioni non ci manca niente …

Da dove nasce questa presa della propaganda? Dai fallimenti delle democrazie occidentali, dalla nostra cattiva conoscenza di quella parte del mondo. Dal disprezzo della democrazia e delle sue regole da parte dei tanti partiti nazionalisti che stanno proliferando in Europa, specie in quelli dell'est.

La polarizzazione dello scontro in Polonia

I primi ministri ad essere andati a Kiev a dare solidarietà sono stati quelli Slovacchi e Polacchi: nessuna soluzione diplomatica, secondo questi paesi dell'est, secondo i loro presidenti, come Andrej Duda.

La Polonia è il paese che più di altri ha accolto i profughi ucraini con uno sforzo enorme a cui partecipa tutto il paese. È stata ancora la Polonia ad inviare carri armati e armamenti di ogni tipo all’esercito ucraino, assieme all’Inghilterra di Johnson (e Truss adesso) è stato il paese più direttamente impegnato nel sostenere l’Ucraina contro l’esercito di Putin.

Questo atteggiamento risale dai cinquant’anni di occupazione sovietica quando la Polonia faceva parte del Patto di Varsavia: ma c’è un evento molto più recente nella storia polacca che ha creato con la Russia di Putin una frattura che i polacchi considerano insanabile.

Il 10 aprile 2010 sul Tupolev presidenziale si trovano il presidente Kaczynski assieme a tutti i vertici militari e civili del governo polacco. Sono in viaggio verso Smolensk per commemorare l’eccidio di Katyn dove nel 1940 20mila ufficiali polacchi furono massacrati dall’esercito sovietico e gettati in fosse comuni, uno dei capitoli più neri della dominazione russa sulla Polonia.
L’aereo però si schianta poco prima dell’atterraggio uccidendo tutti i passeggeri, i vertici del paese polacco. Si trattò della tragedia peggiore dopo la seconda guerra mondiale: il primo ministro polacco dell’epoca, Donald Tusk, da sempre sostenitore della collaborazione economica con la Russia e che sarebbe poi diventato presidente del Consiglio Europeo, è l’unico a salvarsi perché al momento del disastro si trova già a Smolensk con Putin.
Le prime indagini fatte dai russi stabilirono che si trattò di un incidente, Donald Tusk accettò la versione russa e anche le condoglianze di Putin, siglate da uno storico e controverso abbraccio. Ma il Parlamento polacco non volle credere a questa versione, anche perché i russi si rifiutarono di restituire i resti dell’aereo, così incaricarono un deputato di istruire una nuova commissione di inchiesta. Il rapporto finale, pubblicato lo scorso aprile, accusa senza appello la Russia ma suggerisce anche che il piano russo non sarebbe stato possibile senza l’appoggio di Donald Tusk.
Le analisi citate nel rapporto proverebbero la presenza di esplosivo sui rottami dell’aereo avallando la tesi di un attentato organizzato da Mosca. La Russia ha rifiutato gli esiti del rapporto ma anche i polacchi sono divisi: il deputato Macierewicz e la commissione sono considerati troppo politicizzati e non imparziali.
Quell'abbraccio e quell'attentato è stata la più grande opera di disinformazione in Polonia – racconta Macierewicz: la commissione russa ha dato la colpa ai piloti polacchi, la nuova commissione ha stabilito i campioni di parti dell'aereo in Inghilterra, rivelando tracce di esplosivo. Questo attentato è servito a spazzar via il gruppo dirigente polacco, che si opponeva ai gasdotti russi, che erano favorevoli all'ingresso dell'Ucraina nella Nato.

Il partito che governa la Polonia è stato fondato dall'ex presidente Kaczynski, che dopo l'incidente di Smolensk ha acuito la sua ostilità nei confronti della Russia e nei suoi simboli durante gli anni della guerra fredda.

Il passato sovietico, i suoi monumenti, viene ora rimosso nella nuova Polonia libera, dove si parla decomunistizzazione: è compito dell'istituto di memoria nazionale, che considera i simboli del comunismo sovietico come la svastica dei nazisti.
Ma non è solo un discorso di simboli: anche l'economia si sta derussificando, nella penisola sulla Vistola hanno creato un canale per creare uno sbocco sul mare senza dover chiedere conto ai russi, nella vicina enclave di Kaliningrad.

La Polonia non vuole dipendere dal gas russo, sebbene compri ancora il gas dalla Germania: questo paese si sta anche proponendo come una potenza militare regionale, in special modo nei confronti del supporto all'Ucraina.

La Polonia confina con tre paesi coinvolti nella guerra: tutti gli altri paesi europei se vogliono aiutare l'Ucraina devono passare per la Polonia.

Questo paese sta creando nuove relazioni economiche e militari con altri paesi, anche in previsione della crisi causata dalla guerra: nonostante l'inflazione però le persone sono convinte del sostegno all'Ucraina, sono convinte di dover fermare la Russia.
Anche l'industria polacca vede la guerra da una posizione diversa rispetto a quella di altri paesi, perché sono un paese di terzisti, hanno meno bisogno di energia.

La guerra ha polarizzato le posizioni in campo, o si sta di qua o di la. Nessuna via di mezzo è possibile, nemmeno nella Polonia (modello di riferimento per nostri leader di partito) che rispetto ai diritti civili si colloca lontano dall'Europa.

Il paradiso fiscale in Serbia

Con l'arrivo delle sanzioni, sono crollati gli scambi e i voli tra la Russia e l'Unione Europea. Ma nei giorni delle sanzioni un paese europeo ha scelto di non rispettare le sanzioni: la Serbia ad esempio continua a fare affari con la Russia. Presadiretta ha intervistato il CEO di EventBetGaming, Starostenkov, venuto proprio in Serbia per lavoro: “sono arrivato qui a marzo, ho aperto un conto in banca e una società, è stato facile, poi ci siamo mossi per capire come ottenere i permessi e visti per far arrivare lavoratori dalla Russia.”

La sua società sviluppa software per giochi online, è una compagnia che opera a livello internazionale, i clienti esteri sono europei ed americani: come mai la scelta di arrivare in Serbia?

“Qui possiamo portare avanti i nostri rapporti con la Russia e con l’Europa, le banche occidentali non ci bloccano i pagamenti e questo significa continuare ad avere clienti in tutto il mondo.”

Quindi è venuto qui per evitare le sanzioni: a marzo la sanzioni avevano messo a rischio la sua società, i 6 ml di fatturato e i suoi 120 dipendenti.
Aprire la sua filiale in Serbia è stato il modo migliore per proteggere la sua attività e continuare a crescere: quella serba infatti diventerà la sede principale dell’azienda, hanno già trovato un ufficio più grande dove spostare i dipendenti ed allargarsi. E non sarà l’unica azienda russa che si trasferirà qui, altre aziende stanno arrivando in Serbia: imprenditori russi stanno comprando appartamenti in città per loro e per le famiglie, “dieci russi ogni giorno vengono da me a chiedere un appartamento” racconta un’agente immobiliare a Presadiretta. Il risultato è un aumento dei prezzi nel mercato immobiliare a Belgrado dove, in pochi mesi, è nata una comunità di russi espatriati con decine di gruppi su Telegram che organizzano ogni sera cene ed eventi.

Cene dove queste persone condividono le scelte su come gestire la burocrazia nel nuovo paese, come seguire le leggi serbe, “tanti di noi hanno dovuto spostarsi in fretta per non perdere il lavoro.”

Bojan Stanic, analista economico, racconta come dall’inizio della guerra in Ucraina ad oggi siano state aperte più di 350 aziende di capitale russo, stimano che siano oggi 20000 i russi arrivati in Serbia: “quando hanno iniziato ad avere problemi coi pagamenti e ad avere problemi coi clienti si sono spostati da noi.”

Oggi, inizio di ottobre, siamo a 1000 aziende e 50mila cittadini della federazione russa si sono trasferiti qui a cui si aggiungono altri imprenditori che hanno trasferito la società senza nemmeno spostarsi fisicamente in Serbia, come succede nei paradisi fiscali.

Nel quartiere commerciale della capitale, Nuova Belgrado, nel vecchio mercato regionale sono state registrate ben 62 società di capitale russe, ma i giornalisti di Presadiretta non ne hanno trovata nemmeno una.

La Serbia è diventata un’oasi per le aziende e i lavoratori russi che così riescono a sfuggire alle sanzioni del resto Belgrado ha sì condannato l’attacco all’Ucraina ma è l’unico stato in Europa che ha deciso di non imporre sanzioni.

L'oligarca serbo, Karic, è stato colpito dalle sanzioni: ma i serbi che hanno subito già le sanzioni negli anni 90 sanno come resistere, hanno il gas a poco prezzo che arriva dalla Russia, “le sanzioni faranno male all'Italia e all'Europa”.

La Serbia di Vucic vuole entrare in Europa, ma al contempo sbandiera la sua amicizia con la Russia di Putin, la politica delle due sedie, inseguire Europa e Russia per avere i maggiori vantaggi politici ed economici.
Vucic ha fatto un ulteriore accordo con la Russia nella scorsa primavera, uno schiaffo all'Europa che in quei mesi stava cercando fonti alternative: quel gas è un cappio al collo per la Serbia, come successo alla Germania e all'Italia che hanno preso per anni gas ad un buon prezzo.

Le posizioni filo russe stanno prendendo piede in Serbia, caso unico in Europa: i serbi scendono in piazza a favore dei fratelli russi, con le Z dipinte sulle strade. Qui la visione è all'opposto di quella polacca o ucraina: il sentimento che domina è quello anti occidentale, quello del partito di estrema destra Dveri. In Serbia si ricordano ancora i bombardamenti del 1999, a Belgrado, fatti dalla Nato: a 23 anni dalla guerra in Kosovo, la maggior parte delle persone considerano questa regione come parte della Serbia.

La guerra in Ucraina ha riacceso queste tensioni: l'Unione Europea ha fatto pressioni per la separazione del Kosovo, la Russia no e questo è visto come una ingerenza. Nonostante l'UE abbia investito 4 miliardi di euro in Serbia, in nuove strade, università. Ma sono soldi che non scaldano il cuore delle persone: il partito democratico serbo, fautore dell'ingresso in Europa ha perso i voti in questi anni a vantaggio dei partiti populisti.

La Serbia ha oggi un sistema non democratico, non c'è una magistratura indipendente: l'Unione Europea ha chiesto alla Serbia solo una cosa, la stabilità.

La guerra allontana la democrazia e i suoi principi, in tutti i sensi, anche nei paesi non in guerra.

La pace, nonostante tutto, è adesso: lo chiede il papa, lo chiedono i pacifisti, attaccati dai troppi falchi che ronzano attorno a questo conflitto.
Si deve sedersi attorno al tavolo anche col diavolo: il dialogo tra nemici va fatto ora, bisogna dire basta alla spirale della guerra. Il negoziato non è visto come una possibilità purtroppo, né dai paesi in guerra, aggressore e aggredito, ma nemmeno dall'Europa.

Bisogna smettere di fare gli spettatori, occorre gridare, occorre farsi sentire, scendere in piazza.

“La Russia ha perso la guerra, ora dobbiamo impedire l'escalation nucleare”: non sono le parole di un putiniano, sono quelle di Kissinger.

Anche perché se la Russia ha perso la guerra, a vincere sono le aziende che producono armi: come l'Italiana Leonardo cresciuta in borsa nel 60%. Le aziende del settore degli armamenti stanno vivendo un momento d'oro, che è iniziata all'inizio del millennio, spiegano gli analisti del Sipri.
La guerra in Ucraina ha fatto crescere i fatturati delle aziende delle armi, le stesse armi che si rivoltano anche contro di noi: sono le armi usate per controllare i flussi di migranti alle frontiere. 

Armi usate per bloccare i migranti alle frontiere, persone che scappano da quelle guerre alimentate dalle armi. 
Armi che la Croazia, ad es, ha comprato grazie a fondi europei: sarà questo al centro della prossima puntata di Presadiretta.

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