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Povertà in Italia

Sapere chi sta bene e chi sta male in Italia, che cifra riguardi uno oppure l’altro, è puro esercizio numerico per gli istituti di statistica. Verità vera è che in Italia stanno bene in tre: chi non ha niente, il Papa e il re.

Ma non è finita qui, perché chi non tiene niente, cioè che non ha davvero nulla da dare, perché una volta pagate le tasse non gli rimane un euro neppure per mangiare, tra le altre cose finisce per essere iscritto nel libro nero degli evasori fiscali.

Una storiaccia controversa questa dell'evasione fiscale nel nostro Paese, ma valga come accenno che esiste una abissale differenza tra debito accertato e debito riscosso, basta provare a immaginare quanti italiani non pagano il bollo dell’auto, le contravvenzioni, le sanzioni amministrative, il canone tv, l’ex ICI ed attuale Imu. Tutta roba che viene iscritta a bilancio, ma che va ad incrementare quello spaventoso gap che esiste tra i 500 miliardi di euro di mancati introiti dello Stato negli ultimi tre anni ed i 60 miliardi introitati fisicamente dall’erario nello stesso periodo.

Altro discorso è invece il commerciante che non emette lo scontrino, oppure il soggetto che, non essendo lavoratore dipendente e quindi non “succhiato” alla fonte, dichiara al fisco molto meno degli introiti reali. Ma tutta questa roba qui in Italia c’è sempre stata, così come c’era, c’è e sempre ci sarà la corruzione, eppure la crisi e l’ingigantirsi del debito pubblico nazionale sembrano essere deflagrati in questi ultimi anni definiti, anzi, liquidati, come anni di crisi.

Di sicuro forse una volta a tutte queste incombenze, previste e impreviste, si poteva far fronte con maggiore facilità e quindi possibilità, perché circolava più denaro. Oggi si dice che chi non tiene niente, oltre un misero stipendio o salario che sia, non riesce ad arrivare a fine mese; ciò è abbastanza ovvio, dacché tra il giorno di paga, che di norma è il 27, e fine mese, passano al massimo soli quattro giorni ed i soldi, una volta restituiti i prestiti, pagati debiti e bollette, prendono il volo in meno di una settimana su 4 o 5 che ce ne sono in un mese.

Chi non tiene niente, il Papa e il re; queste tre categorie non bastano più a contenere le molte tipologie di essere umano prolificate da un decennio a questa parte. Primo perché chi non tiene niente non si salva affatto; per loro prima o poi potrebbero inventarsi l’espianto coattivo degli organi per compensare le cartelle esattoriali e poi perché se nella categoria dei poveri oggi rientrano anche quelli che un lavoro ce l’hanno, allora quelli che non ce l’hanno, che sono all’anagrafe delle anime di Dio ? 

Siamo nell’epoca dove ogni rimedio si rivela essere puntualmente peggio del male, prova ne sia l’aumento dell’IVA dal 20 al 21% dello scorso anno che ha prodotto un gettito minore per il fisco italiano, senza contare gli effetti recessivi correlati a tale scelta che hanno flagellato e stanno flagellando l’economia reale con il calo dei consumi. A ottobre potrebbe scattare il nuovo ritocco dell’IVA, che dovrebbe passare dal 21 al 22%, ma, visti i risultati conseguiti con il precedente aumento, difficilmente troveranno il coraggio di fare questa mossa, azzardata, e che potrebbe portare a delle conseguenze sul piano dell’ordine pubblico.

Poveri eravamo alla fine della seconda guerra mondiale e poveri siamo tornati a essere; dalla sudditanza teutonica uscivamo e in schiavitù teutonica siamo tornati, perché è davvero difficile raffigurare fisicamente l’appartenenza alla Unione Europea quando a deciderne le sorti è uno solo degli stati membri; quando il parametro di unione, collaborazione e sussidiarietà è rapportato alla unicità di una moneta.

Povera tra i poveri è dunque la Calabria; a leggere il report dell'Istat sulla "Povertà in Italia" reso noto qualche giorno addietro, la nostra regione si attesta al terzo posto, ovvero è leggermente più ricca di Puglia e Sicilia. Ed è ben strano tutto questo, laddove neppure le mafie, che sono prodotto tipico di queste terre, riescono a raddrizzare le sorti. Quindi, delle due una: o la mafia non esiste, oppure gli istituti di statistica ciurlano nel manico, tra Wikipedia e veline ufficiali.

 

Foto: Karen/Flickr

 

 

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