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Pichetto e il nucleare nel parcheggio aziendale

Il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica non vede centrali nucleari "pubbliche", nel nostro avvenire. E lavora al grande progetto del governo Meloni, quello dell'Italia contromano sul gas europeo.

Interessante intervista di Repubblica al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il simpatico commercialista biellese Gilberto Pichetto Fratin, sull’abbrivio della straniante COP28 emiratina, in cui i paesi produttori di combustibili fossili hanno ribadito la loro posizione di “ripulitura” delle emissioni senza impegnarsi a date precise di phase-out. Non è un tema facile, ne siamo consapevoli. E proprio per questo siamo a commentare l’intervista di Pichetto Fratin.

FATEVI LA VOSTRA CENTRALE

Che si apre con una precisazione: all’attuale governo il nucleare sta benissimo, ma non si parli di costruire centrali:

[…] Ma voglio precisare che noi non costruiremo mai nuove centrali nucleari in Italia. Lo Stato non realizzerà reattori, saranno eventualmente i distretti industriali o le singole aziende energivore a dotarsi di piccoli reattori modulari di quarta generazione. Lo Stato si limiterà a essere un soggetto regolatore. La Piattaforma che abbiamo lanciato continua a lavorare e non si occupa solo di fissione ma anche di fusione.

Quindi, par di capire, se ci sono aziende energivore che vogliono pagare meno l’elettricità, si facciano un delizioso piccolo reattore modulare (SMR, Small Modular Reactor) nel parcheggio aziendale, e il governo guarderà loro con benevolenza regolatoria e promettendo poca burocrazia. Ma questi SMR, a che punto sono? C’è grande entusiasmo, alcuni governi occidentali stanno lavorando per uscire dalla fase di sperimentazione, ma al momento non pare siamo molto più in là di così.

Però abbiamo la notizia: il governo italiano non intende costruire nuove centrali nucleari in Italia. Chissà che ne pensa il vicepremier leghista, che vorrebbe una centrale nucleare accesa a Milano entro il 2032, magari nella zona di Baggio. Forse troveranno la quadra svuotando i cassetti della storia patria, e scoprendo che il nostro rapporto con l’Albania è così storicamente radicato che potremmo riprendere l’idea di quel gran visionario incompreso che lustri addietro resse il ministero dell’Economia.

E se qualcuno pensa che il ministro non abbia il polso della situazione, sappia che è vero il contrario: sono certo che Pichetto ha letto che Microsoft sta assumendo specialisti di infrastrutture nucleari, per produrre piccoli reattori che alimenteranno il suo sistema di intelligenza artificiale. Le situazioni sono comparabili? Beh, perché no? Perché siete così disfattisti da non capire che noi siamo l’Italia e nulla ci è precluso?

Pichetto nell’intervista aggiunge che ci vuole calma e gesso, prima di parlare di uscire dai combustibili fossili. Ad esempio,

[…] il nostro [paese] è ancora fortemente dipendente dai fossili, con una serie di imprese che non possono arrivare alla decarbonizzazione pura. Occorre individuare percorsi di transizione per le imprese altamente energivore, magari adottando nuove tecnologie come la cattura della CO2 emessa o, appunto, i piccoli reattori modulari.

Quindi, par di capire, noi abbiamo le nostre “peculiarità” e di conseguenza non bisogna aver fretta. E comunque ci sono i “percorsi di transizione”, come i piccoli reattori modulari e la cattura e stoccaggio della CO2. Che tuttavia non appare una tecnologia pronta e “microondabile”, al momento. Ma Pichetto è un ottimista, evidentemente. Altrimenti non sarebbe dov’è.

Il nostro paese sta lavorando per triplicare, entro il 2030 la capacità installata delle rinnovabili, il che è un’ottima notizia. C’è però il problema che anche eolico e fotovoltaico producono gli effetti collaterali della malattia nota come nymbysmo, non nel mio cortile di casa, questi mulini a vento e questi pannelli solari. E qui Pichetto è lesto a specificare che il nostro paese resta caratterizzato dal suo eccezionalismo:

Abbiamo un territorio particolare, per i due terzi montano o collinare, con un patrimonio di beni culturali enorme e un comparto agricolo importante. Quindi dobbiamo usare tutta una serie di cautele, trovare percorsi compatibili con la tutela del territorio o delle attività. Ma ci arriveremo.

Quindi, abbiate fede. Siamo o non siamo il paese più bello della galassia? Certo che lo siamo, e quindi bisogna fare attenzione a non creare problemi al nostro equilibrio così meravigliosamente delicato.

HUB HUB, HURRAH

Ma è sul futuro ben più prossimo che al ministro piace soffermarsi. E cioè su uno dei progetti distintivi del governo Meloni: l’Italia come hub energetico d’Europa. Noi raccoglieremo il gas che viene dall’Africa e lo spingeremo verso il Nord Europa. Senza timore di essere fuori tempo massimo, s’intende:

L’Italia diverrà centrale, perché il gas arriverà da Sud invece che da Nord: saremo probabilmente noi che lo dovremo fornire a Paesi come l’Austria, la Germania o l’Ungheria. Questo significa incrementare, con il piano RePower Eu, i nostri gasdotti. Ma comunque il Pniec prevede una diminuzione entro il 2030 di oltre 10 miliardi di metri cubi nel consumo.

Ora, io non sono un esperto, ma quel “probabilmente” utilizzato dal ministro mi preoccupa. Poi mi chiedo quali e quanti investimenti serviranno, visto che dovremo sostenerli noi, o meglio l’Eni (noi, appunto). Sapendo che la TAP che arriva dall’Azerbaijan punta a raddoppiare la capacità a 20 miliardi di metri cubi annui entro pochi anni. C’è anche il dato del nostro piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che prevede entro il 2030 una flessione di oltre dieci miliardi di metri cubi nel consumo di gas.

Quindi, riepilogando: l’Italia vuole fare l’hub del gas europeo, stringendo accordi commerciali con i paesi africani. Quanto servirà investire, per realizzare l’obiettivo? E sapendo che i consumi sono previsti in calo sostanziale da qui a pochi anni, da noi e altrove, che almeno una pipeline già esistente punta a raddoppiare la capacità a breve e che in molti paesi si è affermata la preferenza per terminali galleggianti LNG, che sono per definizione rimovibili, non è che noi italiani corriamo il rischio di ritrovarci con un bel po’ di stranded assets, di qui a un lustro, finanziati da PNRR e RePowerEU? Ah, saperlo. Per ora, mancano dati e cronoprogrammi, proprio come per il Piano Mattei.

Comunque sia, ho fiducia nell’Eni e nel suo gruppo dirigente: aiuteranno il governo pro tempore a non finire sugli scogli o con un tubo in mezzo agli occhi. Sia chiaro: l’intera transizione ambientale è maledettamente complessa e con molte parti mobili. La tecnologia evolve ma forse ci stiamo portando un po’ troppo avanti con la fantasia, tra cattura e stoccaggio della CO2 e piccoli reattori modulari da annaffiare amorevolmente ogni sera e attaccare alla presa del condominio o dell’azienda. E, da osservatore esterno, temo che questa leggenda metropolitana dell’Italia come hub europeo del gas arrivi con almeno una ventina d’anni di ritardo.

Nel frattempo, il dato di realtà è che le aziende italiane pagano il gas al prezzo più alto d’Europa. Verrebbe voglia di dire “fate presto” ma siamo certi che il nostro governo ne è consapevole, e che il ministro preposto sta lavorando alacremente. Quindi, non ci resta che fargli a nostra volta i complimenti, che la sua modestia gli impedirà di cogliere.

Foto Di Quirinale.it, Wikipedia

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.145) 14 gennaio 14:57

    Il meccanismo è semplice : Partecipiamo con entusiasmo ( vedesi Draghi Macron e Sholz allegri in gita a Kiev) a distruggere l’economia europea ( 30% ultimo dato con Germania in recessione), assecondando il piano USA GBR, consistente nello staccare il tubo del gas russo ( bomba su Nord Stream 1 e 2). Piano finalizzato, con il sostegno economico e militare all’Ucraina, per stoppare e far regredire lo sviluppo della prima economia mondiale, ovvero la UE. Gas metano naturale che, pur essendo un fossile, è in assoluto quello più pulito. Oltretutto a un prezzo meno di un terzo di quello che paghiamo ora ( peraltro in parte sempre russo) e senza un limite quantitativo. Per rimediare, si fa per dire, ci inventiamo questa cretinata del nucleare tascabile da parte di chi non sa letteralmente di cosa parla. Avanti cosi perché al peggio non c’è limite. 

    Quando anche i Neanderthal italici si renderanno conto della " stravaganza" di questa classe dirigente al di sotto di ogni sospetto, ecco pronta la scusa : superbonus, banchi a rotelle e monopattini. Viva l’Italia.

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