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Petrolio, il sangue della guerra

Da Bagdad a Tripoli: lo stesso disegno neocoloniale”

Attacco all’euro e riconquista neocoloniale due tasselli della stessa strategia

Da qui, il micidiale attacco all’euro, muovendo dai punti più deboli della catena (Grecia, Spagna, Italia, ecc).

Ironia della logica, della buona finanza: l’euro è sotto attacco non per la sua debolezza ma per la sua forza. Perché fa paura!

Perciò, devono fiaccarlo, degradarlo, possibilmente estro-metterlo dal paniere delle monete che contano.

Devono farlo oggi, prima che si completi il processo di unione politica da cui nasceranno un nuovo governo europeo e la prima potenza economica del Pianeta.

Domani sarebbe davvero imbarazzante se non impossibile. L’attacco all’Europa e la “reconquista” del mondo arabo costituiscono, pertanto, due tasselli - chiave nella più generale lotta per la supremazia mondiale.

Intanto, servono a salvaguardare la traballante primazia del dollaro e a garantire alle multinazionali (in gran parte Usa) affari colossali e una quota rilevante dell’approvvigionamento d’idrocarburi e un flusso di petro-capitali indispensabili per le dissestate finanze occidentali.

Sotto tiro i principali partner commerciali dell’Italia

L’Italia, e la Sicilia, sono state trascinate in questa “nuova avventura” un po’ controvoglia. Anche perché queste guerre e/o “primavere”, scoppiate in pieno inverno, si stanno scatenando soltanto contro i regimi di quei paesi di cui l’Italia è il primo o il secondo partner commerciale. A conferma segnalo alcuni dati recenti relativi all’interscambio fra Italia e i 5 Paesi arabi in crisi, elaborati dalla Camera di commercio italo araba (su base ISTAT) e relativi al periodo gennaio-settembre 2010-2011.

         Var.% export Italia  Saldo (mn. euro)     Differenza

                            2010    2011       (mn. Euro)

         -------------------------------------------------------------------------

Libia         - 76,6         - 7009   - 2863        - 4326

Tunisia       - 10,5          789      414         - 375

Egitto         - 7,6           735       86         - 649

Siria        - 3,2              24     - 208        - 184

Yemen       - 60,2          100        29          - 71

 

(Fonte: Bollettino mensile Camera commercio Itarab, gennaio 2012)

Nello stesso periodo, le importazioni italiane d’idrocarburi dal mondo arabo sono calate rispettivamente del 7,4 e del 3,5%, ma è aumentato l’esborso del 20,5% ossia da 39 a 47 miliardi di euro.

Insomma, un affarone per l’Italia!

Casualità o c’è dell’altro? La risposta potrebbe venire da chi tiene l’agenda. Non vogliamo gridare al complotto, ma nemmeno ignorare la realtà dei dati oggettivi derivati dalla sequenza degli avvenimenti: Iraq, Libia, Tunisia, Egitto, Yemen e domani, forse, anche Siria e Iran, tutti principali clienti e fornitori dell’Italia.

Mentre la calma regna, sovrana, nelle più illiberali e oscurantiste dittature petrolifere del Golfo. Una doppiezza che denuncia una sensibilità democratica a senso unico che non si applica- per esempio- alla dittatura dello sceicco del Bahrein impegnato, da quasi un anno e con l’aiuto diretto dell’esercito saudita, a reprimere nel sangue una rivolta popolare che chiede libertà di voto e di espressione.

Nessuno parla e scrive di questa tragica “primavera”. Forse perché il Bahrein ospita le sedi di grandi banche e una potente flotta Usa?

Perciò, sarebbe tempo che gli interventisti nostrani spiegassero al popolo italiano le vere ragioni per le quali hanno schierato le nostre Forze Armate in operazioni politico-militari che, oltre a violare i principi di non ingerenza e di sovranità di paesi esteri, danneggiano gli interessi nazionali del nostro Paese.

L’Italia e la Sicilia sono territori strategici, al centro di questo Mediterraneo turbolento e attraversato da conflitti vecchi e nuovi, perciò devono essere politicamente normalizzate e militarmente pronte per svolgere al meglio il loro ruolo.

Questo parrebbe il “programma”.

Tuttavia, non tutto è scontato. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il... Mare. C’è il nostro Mediterraneo delle grandiose civiltà che, certo, non accetterà di farsi ridurre a mero ricetto di traffici e materiali altamente inquinanti e ad area nevral-gica di una strategia aggressiva contro popoli e Paesi che, con noi della sponda nord, hanno dato vita alla filosofia, alla scienza, alla democrazia.

La militarizzazione delle relazioni intra-mediterranee vanificherebbe l’ipotesi di trasformare l’area mediterranea in uno dei principali poli dello sviluppo mondiale e riportarla al ruolo antecedente al 1492.

La risposta neocolonialista potrebbe non funzionare. L’errore è sempre in agguato. Come abbiamo visto, in anni recenti, gli strateghi dell’interventismo non sono infallibili, anzi, più volte, hanno sbaglia-to analisi e alleanze, tempi e modi d’intervento.

Unire l’Europa, unire il Mediterraneo

Nel mondo, anche in quello arabo, persino negli Usa, c’è tanta gente che rifiuta questa oscura prospettiva; che lotta e spera in un avvenire diverso, di pace e di fratellanza universale.

Cito per tutti l’esempio più chiaro: l’America del Sud, dove è nata una grande speranza per il mondo intero. Qui, infatti, governi e movimenti democratici, progressisti stanno lottando, con successo, per riaffermare la loro sovranità e libertà, il loro diritto all’indipendenza econo-mica, al benessere condiviso, alla vita. Lottano anche per noi che non riusciamo a vedere oltre il telefonino e l’automobile.

E’ tempo che i cittadini arabi ed europei facciano, insieme, la loro parte per riaffermare le loro autonomie e diversità culturali, i loro stili di vita, per unire l’Europa e il Mediterraneo.

A tal fine, bisognerebbe ri-orientare le proteste dei giovani e dei lavoratori verso un grande progetto di cambiamento nella pace, alternativo al fallimentare modello sedicente “liberista” delle relazioni economiche e com-merciali internazionali.

Concludendo. Desidero chiarire che, denunciando tali manovre, non ho inteso difendere dittatori e satrapi, già abbattuti o ancora al comando, con i quali i capi delle potenze neocoloniali “castigatrici” hanno fatto affari scandalosi, anche privati, ma solo riaffermare i principi di non ingerenza e del rispetto dell’altrui sovranità nazionale.

Ed anche la necessità di una lotta popolare per la democrazia vera e per la pace e il benessere condiviso, per salvare l’umanità da una prospettiva tragica e miserabile. Si può fare! Ma ci vorrebbero idee nuove e soggetti politici ben orientati e determinati.

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