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Perché i braccialetti elettronici contro la violenza sulle donne sarebbero inutili

Diceva Manzoni che il buonsenso c’era, ma si era nascosto per paura del senso comune. La politica italiana smentisce il buonsenso ogni giorno ed il suo senso comune ci copre d’imbarazzo e vergogna.

La panacea del giorno contro la violenza domestica è questa favola del braccialetto elettronico. Gli stessi braccialetti che non hanno mai funzionato per i detenuti, per evitare il sovraffollamento delle carceri. I braccialetti che voleva la Cancellieri, quelli a tecnologia Telecom, l’azienda della cui rete ci si occupa solo un nanosecondo prima che passi in mani straniere a insaputa dei suoi stessi dirigenti. E la Cancellieri è sempre la stessa Cancellieri il cui figlio siede ai vertici di Telecom. E l’appalto di questi congegni è costato allo Stato quasi 100 milioni in quasi 10 anni e in questo periodo di tempo non sono stati nemmeno una quindicina i bracciali applicati ai detenuti; cosa ci fa pensare che si farà in modo di renderli efficaci in situazioni che richiedono risposte urgentissime, dove pochi secondi decidono una vita?

Poi c’è questa deputata PD soddisfatta dell’emendamento al decreto legge che ci si ostina a chiamare “sul femminicidio” ma che non è nato affatto pensando alle donne. E quindi dichiara giuliva che sull’uso del braccialetto “ci sono esperienze già in Spagna e in Francia in questo senso che hanno dato buoni risultati e visto che, tra l’altro, in Italia c’è una carenza di organico sia per quanto riguarda i carabinieri sia la polizia, dare la possibilità di usare le nuove tecnologie sarà un aiuto per le forze dell’ordine”. Una superficialità da brivido.

Il braccialetto elettronico è (dovrebbe essere) l’ultimo anello della catena, in un Paese che vuole occuparsi seriamente di combattere la violenza sulle donne. In Spagna, dove esiste una legge integrale sulla violenza di genere, l’applicazione ed il controllo del funzionamento di questi dispositivi sono decisi in sinergia tra il Governo ed i più alti organi della magistratura. I braccialetti si applicano in casi di rischio alto o estremo, dopo che i giudici hanno valutato le perizie che determinano questo rischio. Ed è una decisione che prende corpo in un massimo di 72 ore. Esistono protocolli di coordinazione tra giudici e polizia e stiamo parlando di unità specializzate sulla violenza di genere per entrambe le categorie.

Professionalità e specializzazione, non c’è altra via per aiutare davvero le donne a vivere. Polizia e carabinieri preparati e dotati di strumenti adatti a valutare il rischio che corre chi denuncia; un metodo che si concilia malissimo con la “carenza di organico” e che ne invoca il contrario, più organico e più specializzato. C’è il midollo delle istituzioni che lavora per la protezione delle donne, prima di apporre un braccialetto a un aggressore come semplice modo per prendere due piccioni con una fava, sgravare di compiti le già oberate forze dell’ordine e dare una parvenza di sicurezza a chi vive nell’angoscia.

I braccialetti elettronici sono costosi, sono una misura di controllo degli aggressori che altrove la crisi economica ha falciato. Richiedono una prassi di applicazione agile e mastodontica al tempo stesso, che le nostre istituzioni disastrate non sono evidentemente in grado di maneggiare. I prossimi cento milioni, prima di essere spesi in braccialetti che potrebbero risultare inutili orpelli, andrebbero assegnati a quei centri anti-violenza che lo Stato, la politica e i titoli dei giornali sistematicamente dimenticano.

 

@MonicaRBedana

Foto: Flickr
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