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Perché è sbagliato abolire il canone Rai

La Rai è una delle più straordinarie istituzioni italiane, che per decenni ha informato, istruito e intrattenuto milioni di persone. Ad essa si deve gran parte dell’omologazione linguistica e culturale della nazione. Tutt’oggi essa fornisce servizi giornalistici e d’informazione di un’ampiezza straordinaria, da canali dedicati interamente all’informazione e alla storia, ad altri dedicati all’inglese e all’istruzione. Toglierle il canone, solo perchè ad alcuni politici brucia la loro versione della verità, sarebbe un delitto istituzionale.

Fino a qualche giorno fa si è fatto un gran parlare riguardo all’abolizione del canone Rai. Sebbene tale iniziativa permetta agli italiani di risparmiare un centinaio di euro, sarebbe opportuno, invece, definire i contorni della vicenda, che potrebbe vedere scomparire una delle più benefiche istituzioni culturali mai istituite in Italia.

La Rai, la cui sigla significa Radio Audizioni Italiane, ha una lunga storia che risale al Regio Decreto n. 1067/1923, grazie al quale venne istituita a Torino il 27 agosto 1924 con il nome di URI, e nel 1928 si trasformò nell’ EIAR. Nel 1944 venne denominata RAI, nome al quale si aggiunse la denominazione “Radiotelevisione italiana” quando il 3 gennaio 1954 iniziarono le trasmissioni televisive. 

Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti; gli italiani poi devono a questa portentosa azienda una certa omologazione culturale, specialmente nel campo linguistico, cosa chiaramente positiva, che ha contribuito a superare un regionalismo esasperato.

In poche parole, se oggi gli italiani si sentono un ethnos un po’ più omogeneo e uniformato linguisticamente e culturalmente, lo si deve certamente anche alla Rai, oltre che alla scuola.

Fin dalla sua nascita ha fornito un servizio d’informazione straordinario, dapprima tramite la radio, successivamente soprattutto anche tramite la televisione. Già dai suoi primi albori ha dato spazio oltre che a programmi d’intrattenimento anche a documentari e programmi culturali che hanno contribuito a formare la coscienza di una parte dell’Italia contemporanea.

Certamente, la storia dell’azienda non può essere in tutti gli aspetti positiva. Infatti, proprio per il fatto che essa fornisce un servizio pubblico, si è fatto deliberatamente coincidere ciò con un servizio di Stato e del partito di maggioranza che in larga parte era, ed è, de facto lo Stato.

Da qui il mal costume è diventato diritto, ossia mentre la Rai veniva divisa tra i vari partiti maggiori con le sue tre reti assegnate rispettivamente a ciascuno di questi, l’idea di libertà d’informazione libera e imparziale andava rispettivamente a farsi benedire.

Con l’avvento delle televisioni private poi, oltre ad arrivare sul mercato un polo concorrente e privato, è anche arrivata una serie di influenze che hanno dato inizio a delle trasformazioni nel campo del costume e della percezione della realtà culturale dell’Italia e degli italiani.

Si sa che il servizio pubblico ha sempre tratto linfa vitale dal canone, istituito per sovvenzionarlo, mentre il servizio offerto dalle televisioni commerciali era, ed è legato, all’offerta di spazi pubblicitari durante la programmazione giornaliera.

In poche parole gran parte dei profitti dei networks privati sono tratti dalla pubblicità.

Fin dall’inizio la Rai e la Fininvest sono entrate in “conflitto”, vuoi per lo share, vuoi per il prestigio, cosa quest’ultima divenuta più stridente quando le reti private hanno lanciato servizi d’informazione come la televisione di Stato.

Il problema è poi divenuto ancora più increscioso quando Silvio Berlusconi, proprietario della Fininvest è entrato in politica e ha vinto le elezioni.

Inevitabilmente ha ereditato perciò il lascito che la vecchia partitocrazia aveva fino ad allora esercitato sulla Rai. Se nel bene e nel male è riuscito a controllare quasi due reti di questa, la terza, Rai tre, ha in parte tenuto un atteggiamento “non accomodante” nei confronti dei governi da lui presieduti.

I conflitti d’interessi e gli enormi interessi economici hanno reso la questione alquanto spinosa.

A questo punto nasce la domanda che chiarisce con la sua risposta lo scopo dell’articolo.

E’ lecito abolire il canone perché una piccola parte della Rai è ostile al governo e fa delle trasmissioni che alle volte – e non sempre – si rendono faziose?

La risposta è no. Il canone permette ad una grande azienda di esistere e continuare a fornire ai cittadini, suoi utenti, non solo diversi punti di vista sulla realtà italiana, ma anche un contro bilanciamento di una televisione diversa, che grazie ad altri canali, oltre i tre principali, copre enormi canali dell’informazione giornaliera, sia con le testate regionali sia con un canale satellitare apposito, Rai News 24. Vi è poi un intero network dedicato alla riscoperta della storia come Rai Storia con trasmissioni culturali 24 ore su 24; e che dire ancora del servizio internet gratuito di TV on demand o degli altri canali come Rai Educational o le tre reti radio, …la lista potrebbe continuare.

Dietro le affermazioni da parte di qualche politico si celano due aspetti della vicenda: il primo riguarda l’ignoranza riguardo a cosa sia e cosa offre il servizio pubblico Rai, la seconda nasconde un atto velato da un populismo della peggior specie e da enormi conflitti d’interessi.

Sono ben felice che ci siano trasmissioni, dato che tolleriamo “isole” e quant’altro, come Report, Annozero e Ballarò, ed anche se alle volte meritano giuste critiche, almeno non hanno paura di dissentire e gridare in faccia ai politici quello che fanno di sbagliato.

Insomma - tanto per parafrasare Santoro - che cosa sarebbe la Rai senza trasmissioni come queste?

Il canone Rai deve rimanere, per garantire, non solo trasmissioni che dissentono dalla fazione politica al potere, ma anche per continuare a fornire la stragrande maggioranza di servizi e di opzioni di grande utilità per la collettività.

Commenti all'articolo

  • Di poetto (---.---.---.127) 12 ottobre 2009 17:39

     Personalmente, da utente che paga il canone, ritengo che ci siano molte cose che nella Rai non vanno.

    L’esagerata presenza della pubblicità che danneggia la visione di film ed altri programmi, tanto per cominciare.

    Perché, io che pago il canone, devo vedere un film pieno di pubblicità, come nei canali privati che vivono di pubblicità?

    Perché pagare i vari presentatori, artisti ed altre figure del mondo dello spettacolo, cifre spropositate? Ci fanno pagare il canone e poi spendono parte dei nostri soldi per dare una cifra enorme per avere, tanto per dire un nome, Travolta cinque minuti ad un programma televisivo.

    La lista delle cose che non vanno potrebbe continuare e sarebbe solo un lungo e noioso elenco.

    Se la Rai è stata, senza ombra di dubbio, un importante motore della nostra cultura e dunque era corretto pagare il canone, in quanto questa offriva un servizio degno di questo nome, trovo ora qualche remora nella “giustezza” del canone.

    • Di Giuseppe Caglioti (---.---.---.43) 12 ottobre 2009 21:18
      Giuseppe Caglioti

      Posso essere d’accordo sul compenso elevatissimo dei conduttori di alcuni programmi, così come sulla riduzione della pubblicità, ma il mio articolo si riferiva non esclusivamente alle tre reti Rai (Rai Uno, Rai Due e Rai Tre), bensì a tutto il servizio che l’azienda rende con decine di canali, quasi tutti gratuiti, e con decine di testate giornalistiche tra nazionali e regionali.
      Io sono uno di quegli utenti che guardano Rai Storia, Rai Educational con i suoi corsi d’inglese, oppure rai news 24 e che utilizzano la piattaforma internet tutte le sere, e lo faccio in modo gratuito, grazie al canone.
      Altresì attraverso internet posso avere accesso a tutte le reti che l’azienda propone sulla piattaforma digitale. Si aggiunga che questo lo possano fare( per non dire lo fanno) anche persone che non pagano il canone. 
      Non ho voluto difendere a spada tratta la Rai, ma evidenziare che togliere il canone significherebbe eliminare un servizio( da intendersi tuot court) che la Fininvest può solo lontanamente sognare di proporre in modo gratuito con le sole sovvenzioni della pubblicità

      Ps. Ho apprezzato il commento critico e costruttivo, grazie.l
       


  • Di dd (---.---.---.159) 12 ottobre 2009 19:09

    bravo poetto. io personalmente mi chiedo come possa, un articolo del genere, comparire su agoravox...
    oggi....

    • Di Giuseppe Caglioti (---.---.---.43) 12 ottobre 2009 21:30
      Giuseppe Caglioti

      Beh, inutile chiederselo!
      AgoraVox è un nome composto dalla parola latina "vox" che significa " voce" , e dalla pariola greca "agorà"che significa "piazza".
      Potrebbe tradursi liberamente come " Voce di Piazza".
      Nelle piazze, non si ascoltano sempre le opinioni che si vorrebbero sentire!
      Come constato, la mia, in questo caso, è una di quelle! Grazie!

  • Di sganapino (---.---.---.70) 12 ottobre 2009 20:31

    Aggiungo che in Italia vi sono milioni di famiglie che non pagano il canone. Proporrei quindi, ma la prima proposta la fecero altri tanti anni fa, di togliere il canone e inserirlo tra le imposte a carico di tutti coloro che pagano le tasse. Senz’altro si avrebbe una riduzione a carico di tutte le famiglie che ora lo pagano.

  • Di Jefferson (---.---.---.210) 9 novembre 2009 08:29

    Puttanate. Io non guardo completamente la tv da anni e non ne sento assolutamente la mancanza. Di quello che pensano gli altri e le "maggioranze" non mi frega un cazzo. SE LA PAGHI CHI LA VUOLE VEDERE. Io non ne ho pieni i coglioni di tutta la televisione. E non ci metto un centesimo, che alla "maggioranza" piaccia o no. La democrazia è una perversione idelogica, e questo articolo una masturbazione fuori della realtà. L’ennesimo tentativo di imporre un idea balorda a tutti quanti citando quattro nozioni storiche e due stronzate ideologiche di contorno.

    POTETE MORIRE TUTTI. LA MIA TASCA È CHIUSA! 

    E MI CI PASSANO LA FACCIA IN CULO LE MAGGIORANZE ED I LORO RAPPRESENTATI! CAPRONI! BESTIE! 

  • Di Giuseppe Caglioti (---.---.---.137) 9 novembre 2009 12:08
    Giuseppe Caglioti

    Beh, la mia è un’opinione, andrebbe rispettata, le volgarità le rimando tutte al mittente!
    Se lei non gurada la Tv poi, non vedo il motivo per cui debba pagare tale SERVIZIO!

  • Di (---.---.---.27) 21 febbraio 2012 10:40

    ...si ragionava cosi 50 anni fa, quando non c’era la possibilità di scrivere certi articoli su internet.... Lavori per la RAI?

    • Di Giuseppe Caglioti (---.---.---.112) 21 febbraio 2012 13:31
      Giuseppe Caglioti

      DUE ANNI E MEZZO FA ancora credevo nel Servizio Pubblico, anche contro l’imperversare mediatico di Mediaset, e con il presente ho voluto spendere due parole a favore del canone e del servizio Rai offerto su tutta la PIATTAFORMA RAI. Tuttavia di acqua sotto i ponti ne è passata, ed anche io ne ho viste troppe... tutte queste cose hanno fatto cambiare idea anche a Me. Io amo essere coerente, ma il cambiare idea questa volta l’ho reputata una virtù. Qui troverà un mio recente articolo NON proprio a favore del canone, dove ho anche fatto persino "ammenda" di averlo scritto ---> http://www.agoravox.it/RAI-il-servi...;

      ps...No non lavoro in Rai. Normalmente non chiedo la cancellazione degli articoli che scrivo. E’ un bene che rimangano entrambi per mostrare come l’opinione della gente LEGITTIMAMENTE CAMBI se si persiste in un comportamento erroneo e dannoso per la coscienza collettiva. Giuseppe Caglioti

    • Di Giuseppe Caglioti (---.---.---.112) 21 febbraio 2012 13:39
      Giuseppe Caglioti

      Ops... Ecco il link inserito in modo corretto del mio secondo articolo sulla Rai —> "RAI: il servizio pubblico è quasi morto"

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