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Pensioni, la riforma che non c’è

Pensioni, la riforma che non c’è. Finchè c’è vita… c’è lavoro!

Gli interventi previsti dalla legge di bilancio 2025, approvata dal governo Meloni, hanno mantenuto inalterate le misure dell’anno precedente riguardo alle pensioni, confermando l’assenza di modifiche significative. Nonostante le promesse elettorali di una riforma strutturale per superare la legge Fornero, sia Meloni che Salvini non sono riusciti a concretizzare tali cambiamenti.

L’obiettivo del governo Meloni sembra ora essere quello di superare la legge Fornero innalzando l’età pensionabile fino a 70 anni e riducendo l’assegno previdenziale. Un nuovo modello che spinge i lavoratori a rimanere al loro posto fino alla morte, camuffando questo obbligo come un “incentivo”.

Pensione post-morte: sembra essere lo slogan non ufficiale del governo. I cosiddetti ‘incentivi’ mirano a trattenere i lavoratori, che hanno i requisiti per il pensionamento, inchiodati alla scrivania fino alla fine. Un sistema che permette di lavorare anche oltre una certa età, con la promessa di un leggero aumento dello stipendio.

Per i dipendenti pubblici, potrebbe essere introdotta l’opzione di lavorare fino a 70 anni. Inoltre, si discute l’introduzione di un accredito figurativo per il bonus previsto, estendendolo anche ai lavoratori con i requisiti per il pensionamento anticipato, indipendentemente dall’età, ossia chi ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi.

Si lavora anche a un nuovo round di silenzio-assenso per il conferimento del Tfr ai fondi previdenziali per coloro che non hanno esplicitamente scelto diversamente.

In sintesi, il governo sembra alzare sempre più l’asticella delle pensioni, sperando che qualche migliaio di lavoratori non riesca a superarla.

Le opzioni per il pensionamento anticipato, come Quota 103 contributiva, Ape sociale e Opzione donna, restano invariate. Tuttavia, queste opzioni continuano a riscuotere scarso successo a causa delle pesanti penalizzazioni economiche:

  • Quota 103 contributiva: consente l’uscita anticipata dal lavoro con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, ma con il calcolo dell’assegno interamente basato sul sistema contributivo.
  • Ape Sociale: misura di accompagnamento alla pensione per categorie specifiche di lavoratori in condizioni di disagio.
  • Opzione Donna: prorogata per le donne che raggiungono i 61 anni di età entro il 31 dicembre 2024, ridotti fino a 59 anni per chi ha due o più figli, con almeno 35 anni di contributi. L’accesso è limitato a determinate categorie di lavoratrici, come disoccupate o caregiver, e l’assegno è calcolato interamente con il metodo contributivo.

Insomma, il governo ha confermato e potenziato gli incentivi per i lavoratori, sia pubblici che privati, che pur avendo raggiunto l’età pensionabile scelgono di continuare a lavorare. In particolare, per coloro che maturano i requisiti per la pensione anticipata e Quota 103, è previsto un bonus che aumenta il reddito netto, esentando da tassazione IRPEF la quota di contributi che rimane in busta paga invece di essere versata all’INPS.

La Legge di Bilancio 2025 prevede un incremento del 2,2% per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo nel 2025 e dell’1,3% nel 2026. Questo intervento mira a garantire un parziale adeguamento all’inflazione e a evitare la perdita di potere d’acquisto dei pensionati con assegni minimi.

Nonostante le aspettative di una riforma strutturale del sistema pensionistico, la manovra attuale si limita a prorogare misure esistenti e a introdurre incentivi per la permanenza in servizio. L’obiettivo dichiarato è quello di sostenere i lavoratori e garantire la sostenibilità del sistema previdenziale, ma resta da vedere se queste misure saranno sufficienti a rispondere alle esigenze dei lavoratori e dei pensionati italiani.

Insomma, anche questo governo alza l’asticella delle pensioni nella speranza che qualche migliaia di lavoratori ci lascino le penne prima di superarla!

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