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Patrice Lumumba assassinato dai servizi segreti inglesi? Un lord britannico rivela il complotto del MI6

Una storia degna di un romanzo di John Le Carré (ma che non sfigurerebbe neppure nei primi film di James Bond). Le presunte confessioni di una Mata Hari inglese in pensione, la lettera di un deputato laburista e l’ombra dei servizi segreti britannici dietro l’assassinio del leader per l’indipendenza del Congo, Patrice Lumumba. Un omicidio per il quale CIA e governo belga si sono già dichiarati “colpevoli morali”, a differenza della Gran Bretagna che ha sempre smentito qualunque coinvolgimento. Fino ad oggi.

Scriveva Graham Greene, nell’introduzione al suo romanzo Il fattore umano, che benché l’Occidente si batta pubblicamente (era il 1982) contro l’apartheid, « [Inghilterra e Stati Uniti] non possono permettersi, per niente al mondo, di lasciare il Sud Africa nelle mani del black power e del comunismo ». Quanto si sta svelando in questi giorni rivela quanto il romanziere britannico ci avesse visto giusto.

Tutto è cominciato con una lettera che Sir David Lea, parlamentare laburista, ha scritto alla London Review of Books, storica rivista letteraria londinese. “We did it”, il titolo scelto per la corrispondenza indirizzata dal baronetto di Crondall:

« In merito alla controversia che circonda la morte di Patrice Lumumba nel 1960, Bernard Porter cita la conclusione di Calder Watson: “Rimane il dubbio se i complotti britannici per assassinare Lumumba... siano mai esistiti. Al momento non lo sappiamo” (LRB, 21 marzo) In realtà, riguardo questo caso particolare, posso asserire che lo sappiamo. Si dà il caso che il sottoscritto abbia preso un té con Daphne Park - eravamo colleghi, ai lati opposti della Camera dei Lord - qualche mese prima della sua morte, nel marzo 2010. Era stata console e primo segretario a Leopoldville, ora Kinshasa, dal 1959 al 1961, il che in pratica (come fu reso noto in seguito) significa che è stata il capo dell’MI6 laggiù. Menzionai la polemica riguardo il rapimento e l’omicidio di Lumumba, nonché le teorie secondo le quali l’MI6 avesse avuto qualcosa a che fare con quell’affare. “Siamo stati noi, replicò, fui io ad organizzarlo” » 

Daphne Park, all’anagrafe Daphne Margaret Sybil Désirée Park, Baronessa Park di Monmouth è stata una diplomatica britannica. Se fossimo in un film di James Bond, questa vecchina dai capelli bianchi avrebbe i tratti di Judi Dench. Il paragone con M, il celebre caposervizio dell’agente 007, non è così azzardato come si potrebbe pensare. La Park è stata una delle più abili ed importanti spie in gonnella (“la Regina delle spie”, secondo il Guardian) del secolo scorso. Il discorso di commiato al suo funerale, tanto per intenderci, è stato letto dall’ex agente segreto Mark Allen. Più o meno quello che accade alla fine di Skyfall...

Miss Park cominciò la sua carriera “diplomatica” durante la guerra, dimostrando subito un talento naturale per la decifrazione di messaggi criptati. Fu per questo motivo che venne reclutata dallo Special Operations Executive, l’organizzazione di sabotatori voluta da Winston Churchill in persona. Dopo la guerra la Park passò direttamente in prima linea, al Foreign Office, il controspionaggio britannico per l’estero (più comunemente noto come MI6). Prima all’ambasciata britannica a Mosca, dal 1954 al 1956, quindi in quella di Leopoldville (l’allora capitale del Congo belga, ora Kinshasa), dal 1959 al 1961.
 

Se le rivelazioni fatte da David Lea non possono esser smentite dalla diretta interessata, morta nel 2010 alla veneranda età di 88 anni, le date tuttavia coincidono, il che renderebbe la storia quantomeno "verosimile": la parabola di Patrice Lumumba, leader del Movimento Nazionale Congolese, iniziata con la vittoria alle elezioni del 22 maggio 1960, si concluse infatti il 17 gennaio 1961, quando venne fucilato da tre diversi squadroni di fuoco, comandati - pare - dal capitano belga Julien Gat.

Daphne Park incontrò davvero Lumumba, come ricordava il Guardian nel 2010, ma nessuno sembra sapere precisamente in quali forme e a che scopo. Dopo la morte del Primo Ministro, la spia britannica venne arrestata e malmenata dagli uomini del Presidente Joseph Kasa-Vubu. Riuscita finalmente a lasciare il paese, s’impegnò affinché l’ONU intervenisse per fermare la guerra civile in atto. Venne onorata, negli anni ‘60, con la croce OBE, l’ordine dell’impero britannico, per gli sforzi compiuti a favore della liberazione dei cittadini britannici fatti prigionieri durante la “crisi del Congo”.

Il cadavere del primo capo di governo della neonata Repubblica Democratica del Congo, secondo la ricostruzione del giornalista Adam Hochschild, sarebbe stato seppellito in un luogo segreto da un agente della CIA. Nel 2001, una commissione parlamentare belga aveva appurato la “responsabilità morale” del Belgio nell’omicidio del politico congolese. La Gran Bretagna, tirata in ballo da diverse inchieste giornalistiche, ha invece smentito ogni accusa. 

Al momento, non vi è modo di confermare quanto scritto da Sir David Lea. Un agente in pensione, vecchio collaboratore della Park, ha dichiarato al Times che ritiene il racconto fatto da Lea del tutto inverosimile: “Non sembra certo il genere di confidenza che Daphne Park si sarebbe mai lasciata scappare. Non è mai stata così indiscreta. E, al di là di questo, l’MI6 non ha mai avuto la licenza di uccidere”. Non proprio quello che cinema e letteratura ci hanno fatto credere per più di cinquant’anni, non vi pare?

 

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