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Oscurare i simboli: la forza (e la debolezza) delle sardine

Oggi i quattro ragazzi che hanno dato vita al fenomeno, a dir poco stupefacente, delle sardine tirano le somme di quello che è successo dalla prima serata di Bologna al punto d’arrivo di Roma. E confermano di non voler darsi la forma di partito.

La strabiliante, e per tanti versi insapettata, risposta di massa ha sorpreso anche loro. Ma non è strano, dopotutto, che ci sia stata.

La Destra appare in crescita perché ha trovato, spostandosi sempre più a destra, un leader che, agli occhi di chi l’apprezza, è carismatico. Ma alla fine è davvero solo un’apparenza: i numeri sono più o meno gli stessi dell’era Berlusconi che unificava una destra solo un po’ meno estremista nei toni e nei valori.

La differenza sta tutta a sinistra dove i tanti distinguo hanno frammentato l’area nei noti mille rivoli, rissosissimi e non dialoganti fra loro, capaci di determinarne l’estrema debolezza elettorale, accentuata dalla fuga nell’astensione da parte dei molti che non trovano una proposta convincente nel ventaglio politico attuale.

È bastato chiamare a raccolta – rigorosamente senza simboli identitari – il popolo di democratici di sinistra-centrosinistra-centro per trovarsi le piazze piene e unite dall’unica volontà di contrastare l’avanzata di una destra illiberale e pericolosa (ma anche di rifiutare la paralisi della sinistra).

La volontà di unirsi – se non altro per opporsi efficacemente all’onnipotenza mediatica del leader leghista – ha preso il sopravvento e si è imposta sulle divisioni, senza peraltro poterle (e nemmeno volerle) annullare: in piazza c’erano probabilmente comunisti duri e puri accanto ai vituperati piddini e ai simpatizzanti grillini, i Papa boys accanto ai radicali, socialisti accanto a liberali e chissà che altro.

Ma sarebbe illusorio pensare che quelle stesse forme identitarie fossero magicamente svanite nel nulla insieme alla sparizione dei simboli.

È bastato infatti che a Roma fosse salita sul palco una donna palestinese, Nibras Asfa, musulmana e velata perché riemergessero subito i distinguo ideologici: il velo è il segno di una convivenza democratica fra identità culturali e religiose diverse, dicono gli uni. No è il simbolo di una doppia sopraffazione patriarcale sulle donne e religiosa sui non credenti che non dovrebbe avere spazio negli spazi pubblici di una società laica né tantomeno esaltati su un palco di sinistra, dicono gli altri.

Sta di fatto che donne di varia estrazione politica (femministe e no), atei razionalisti dell’UAAR o filosofi neoilluministi alla Flores d’Arcais si sono subito inalberati. "Non si risponde insomma alla croce col velo, all’orgoglio cristiano con l’orgoglio musulmano" scrive tranchant Cinzia Sciuto.

Per inciso, personalmente condivido la volontà di alcune donne, qui e là nel mondo, di togliersi il velo sfidando chi lo impone o indossarlo come simbolo di identità culturale laddove viene criticato o addirittura vietato. Ma quello che importa non è quello che pensa un singolo, quanto il fatto che una spaccatura si è determinata fra le sardine proprio su un elemento altamente simbolico.

Per non parlare delle prese di posizione altrettanto divergenti per la presenza, sul palco, del marito di lei, colpevole di cercare visibilità un po’ ovunque: un indiscutibile simpatizzante di Hamas (visti i suoi post su facebook recuperati prima della sospetta cancellazione effettuata alla prima avvisaglia di critiche), organizzazione nata come antisionista e antisemita – nella prima stesura del suo statuto compare infatti anche un hadith che incita all’uccisione non di israeliani né di sionisti, ma sic et simpliciter di “ebrei” – e considerata terroristica dalla Corte di giustizia europea oltre che da altri stati occidentali e arabi. E nemmeno rappresentante, per dirsela tutta, dell'intero fronte palestinese stesso, visto che in passato i contrasti con Fatah portarono a rese di conti decisamente cruente.

In sintesi un riapparire di simboli molto divisivi sul palco di San Giovanni, dopo che a Firenze era stata tolta, proprio per non dare spazio a simboli divisivi, una bandiera rossa. Fra il malumore rancoroso di quella sinistra-sinistra che non intende ammainare i propri simboli storici.

Ingenuità, incoerenza o cambio di rotta della leadership delle sardine?

Troppo presto per rispondere, ma indubbiamente la potenza dei simboli identitari non sarà di facile “contenimento”. Sia che vengano esibiti sia che vengano impediti, parti più o meno consistenti di un qualche ambito della sinistra, faranno i bagagli e torneranno nella loro comfort zone che per piccina ch’essa sia a lor pare una badìa.

Quindi: che fare?

Se lo chiese ai suoi tempi un politico navigato come Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin, figuriamoci se non se lo staranno chiedendo Mattia Sartori e gli altri tre creatori delle sardine italiane.

L’aspetto più affascinante del loro movimento è stato l’istintivo rifiuto della proposta politica della destra, arrogante quanto prevaricatrice, un “No” ingenuo e infantile, se vogliamo, cioè disinteressato a motivare, argomentare, elaborare, filosofeggiare. E per questo da subito soggetto alle critiche, perlopiù di estrema sinistra, per una mancanza di "contenuti", alias di programmi che propongano soluzioni alla drammatica mancanza d'idee della sinistra.

Dramma della cui mancata soluzione sono i critici per primi i responsabili, con le loro proposte tanto altisonanti quanto impraticabili, i loro (prevedibili) insuccessi a catena e le incomprensibili continue microscissioni che ne hanno devastato la credibilità.

Le sardine non hanno, finora, dato “risposte” (cioè proposte politiche) alla domanda inevasa del popolo democratico. Ma hanno essi stessi rappresentato plasticamente la necessità di porre quella domanda alla classe politica. A cui tocca l’onere di rispondere.

A destra la cosa si risolve facilmente con la classica triade compattante di ogni programma reazionario, dio/patria/famiglia, unita al leaderismo accentuato e poco discutibile dell’uomo "forte" (che affascina poco meno della metà degli italiani secondo un recente sondaggio) e di una concezione della libertà come un semplice "farsi gli affari propri" sempre e comunque.

Ma a sinistra è ipotizzabile una risposta unificante che vada oltre un (peraltro necessario) antifascismo?

Sappiamo che la grande forza insita nell’oscuramento dei simboli identitari (che vengono cioè tolti dalla luce abbagliante del palcoscenico, ma non fatti sparire come se non esistessero e non avessero più alcun senso) ha portato centinaia di migliaia di persone a manifestare – in 92 piazze italiane e 24 in città estere – contro ogni previsione, accomunandole nell’entusiasmo di una ritrovata unità antifascista, antileghista, antirazzista.

Ma esso oscuramento dei simboli rappresenta anche la debolezza del movimento che rischia ad ogni pié sospinto – come a Roma – di vedersi abbandonato in modo pesantemente critico da questi o da quelli: come parlare di temi economici se i liberisti sono l’opposto degli anticapitalisti e dei cattolici che perseguono la "misericordia" dei ricchi verso i poveri insita nella dottrina sociale della Chiesa? E come accennare a temi di politica internazionale se le posizioni – pro o contro Israele, pro o contro Maduro, pro o contro Assad o sull'indipendenza catalana e così via – sono inconciliabili? Come parlare di temi etici se gli abortisti sono invisi agli antiabortisti la cui posizione più dialogante si limita a riproporre, di nuovo, uno sguardo "misericordioso" verso le donne che decidono di interrompere la gravidanza, considerate comunque alla stregua di infanticide? E come proporre di regolamentare il “fine vita” se è ritenuta inaccettabile da tanti che pur fanno parte dell’area di sinistra di cui parliamo?

Al momento non sembra che ci sia una risposta se non quella di evitare le buche più dure, come diceva il cantautore.

Cioè evitare accuratamente i temi più spinosi per non accentuare le divisioni interne, ben note, e spianare la strada alle soluzioni ‘facili’ della destra. I temi sono estremamente complicati e la sinistra è (o dovrebbe essere) consapevole che non esistono soluzioni facili a problemi complessi.

L’unica soluzione è quella di tenere ben vivo questo terreno comune e i suoi spazi. conoscendo la sua fragilità e avendo cura di salvaguardarla evitando costantemente di evidenziare simbologie di parte, sul palco o in rete.

Dopotutto il rifiuto, il No, con cui le sardine sono nate non è affatto l'inconsistente vuoto di contenuti di cui è accusato. Il No - che è rifiuto - è al contrario la prima, fondamentale, reazione a risposte politiche ritenute irricevibili, senza che sia così necessario elaborare una proposta di sostituzione delle stesse. Quindi è – in qualche misura – una risposta anch'esso e una risposta che non lascia scampo a soluzioni abborracciate o contraddittorie. Non è poco.

Ora impedire che la destra conquisti l'Emilia-Romagna è la priorità delle sardine. Purché riflettano bene su quello che fanno. Altri scivoloni come quello di Roma potrebbero intaccare pesantemente la compattezza appena ritrovata.

Foto: taleoma/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.49) 25 dicembre 2019 10:11

    Oggi è Natale è bisogna essere buoni (maxima ipocrisia), pertanto ci vado giù soft. La domanda aurea da porsi è : come possono persone apparentemente normodotate pensare seriamente a un Salvini premier ?. E’autosuggestione, oppure overdose da balle che annebbia la mente, difficoltà percettive, o ancora cos’altro?.

    Fabio, ma tu te lo immagini Salvini, con il suo background culturale e con tutto l’armamentario di rosari, santini e crocefissi, ad un tavolo internazionale ? C’è da far tremare i polsi al solo pensiero; eppure ci sono persone che ci credono. E non è una questione di destra o sinistra, qui la politica c’entra marginalmente, è più una questione che attiene alla sfera strettamente personale.

    A meno che non ci sia il freddo e razionale disegno di voler buttare definitivamente questo paese nel cesso. Allora è tutto chiaro.

    auguri

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.107) 25 dicembre 2019 10:20
      Fabio Della Pergola

      Concordo, è una questione di antropologia culturale (ah no, aspetta... che c’entra la cultura?!)..... auguri anche a te.

    • Di GeriSteve (---.---.---.161) 26 dicembre 2019 00:38

      Salve,

       

      ringrazio Fabio per il bell’articolo che mi sembra rappresenti bene la situazione e gli interrogativi che pone e ringrazio Paolo che con il suo commento centra benissimo il problema Salvini.

       

      Ringrazio ma rimprovero entrambi per aver fatto emergere i due tristi rancorosi ma per aver perso troppo tempo a rispondere loro.

       

      Vado al commento di Paolo: "ma tu te lo immagini Salvini, con il suo background culturale e con tutto l’armamentario di rosari, ... eppure ci sono persone che ci credono."

       

      Salvini è un filo-nazi, ci sono poteri forti globali che tifano su di lui come a suo tempo su Hitler, ma non va confuso con Hitler, perchè la psicologia di massa del fascismo di oggi è parzialmente diversa da quella di allora.

       

      Da allora è successo ciò che per primo denunciava Pasolini: i cittadini sono stati trasformati in consumatori, mediante una lunga, accanita campagna dei controllori della TV e poi di altri mass media. La TV degli anni 50 e 60 ha glorificato un Mike Bongiorno che astutamente si presentava come uno scemo acriticamente servo del potere e in cui era tanto più facile identificarsi tanto più si sapeva di non essere una elite nè culturale nè sociale. I fanatici di Hitler erano (erroneamente) convinti di essere sostenitori di un superuomo, mentre quelli di Salvini si riconoscono proprio nella sua pochezza e apprezzano che vada al potere uno come lui, che quindi potrebbe rappresentarli. Non sono dei cittadini che vedono in Salvini il miglior statista per il bene dell’Italia: non capirebbero neanche quest’affermazione. Sono semplicemente compiaciuti che vada al potere uno che li scimmiotta bene, è come se ci andassero loro, come quelli che vincendo in un videogioco credono di vincere nella vita.

       

      Dopo più di mezzo secolo di incultura consumista la quantità di persone telecomandate che non pensa con il suo cervello e a cui piace tutto e solo ciò che il mercato vuole che piaccia è fortemente aumentata: questo è il problema e il pericolo.

       

      La discesa in piazza delle sardine è la risposta dei cittadini a questo pericolo; hanno idee e obiettivi diversi fra loro perchè sono liberi pensatori che ancora pensano con la loro testa ed è giusto che sviluppino visioni e idee diverse: il loro lato unificante è il ribellarsi al sonno della ragione, a chi pretende di pensare per loro e a chi pretende di raggirarli per raggiungere il potere e diventare così azionista della grande corruzione e della mafia che sta mandando in rovina l’Italia.

       

      Certo, in uno scontro muro contro muro per vincere sarebbe meglio che quelli che sono ancora dei cittadini avessero tutti la stessa ideologia e gli stessi obiettivi politici, ma così non è, ed è un bene che le sardine abbiano suscitato un movimento di gente che orgogliosamente si riconosce nel ruolo di cittadini e respinge quello dei burattini telecomandati da spin doctors, opinion makers, professionisti di public relations, cioè dai professionisti della persuasione occulta.

       

      Il fatto di poter essere anche domani dei cittadini capaci di autodeterminarsi è un bene prezioso e per quel bene vale la pena di superare il classico frammentamento delle sinistre. Per quel superamento le sardine potrebbero avere un ruolo prezioso.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.107) 26 dicembre 2019 01:16
      Fabio Della Pergola

      Vedere i sostenitori del salvinismo arrampicarsi sugli specchi pur di offendere le pacatissime, per quanto determinate, "sardine" è una gioia per gli occhi. Capisci dall’astio sconclusionato che trasudano con continuità che questo movimento, per nulla violento (con loro forte disappunto tant’è che devono inventarsele le notizie di fatti illeciti che, al dunque, non sono mai riferiti a loro), è molto temuto. Sta di fatto che le sardine hanno sottratto la platea televisiva e le piazze al leghista e hanno ridato vigore a un popolo di sinistra smarrito e depresso. Vedremo cosa succederà in seguito, ma quel che si è visto finora è assai piacevole.

    • Di paolo (---.---.---.49) 25 dicembre 2019 22:13

      Ma da quando normodotato è un insulto? Avessi detto ipodotati lei avrebbe ragione. Normodotato significa soggetto che dispone di normali capacità cognitive. Ma dov’è l’insulto ?

  • Di paolo (---.---.---.49) 25 dicembre 2019 18:11

    Sul canale History HD mi sono casualmente imbattuto in un comizio di Adolf Hitler in cui arringava la solita folla oceanica ai suoi piedi. Tra le innumerevoli cazzate di quel pazzoide mi ha colpito quella per cui lui " si ergeva a baluardo di difesa della cristianità ". Ieri o ieri l’altro, non ricordo di preciso, in un comizio Matteo Salvini ha ripetuto,a tal proposito, le stesse identiche parole. Ora, escluso a priori che Salvini abbia mai letto il Mein Kampf, essendosi probabilmente fermato all’ultima edizione del "Capitan padania", è pur sempre una coincidenza che fa riflettere. Certo i due non si possono mettere sullo stesso piano, ci mancherebbe e poi sappiamo che Matteo ha un cuore grande fatto di nutella e che dispensa amore e non parole d’odio, ma sentire ripetere da un mio contemporaneo una frase del genere mi ha fatto sussultare. Non è che, ridendo e scherzando, questa che per il momento è al massimo una parodia di fascismo poi non diventa qualcosa di più serio. Ne siamo proprio sicuri? Perchè anche il ventennio era partito tra frizzi e lazzi, totalmente sottovalutato, per poi diventare una tragedia. E’ vero, erano altri tempi, c’erano folle di ignoranti e non c’erano tv e internet, ma qualcosa mi dice che, sotto sotto, "questi democratici incompresi e perseguitati dal rancore dei sinistrorsi" ci stanno riprovando; " l’uomo forte con i pieni poteri"(?!!). Boh!

    Buon natale anche ai "supporters" di Salvini e che l’anno nuovo ci regali un briciolo di giudizio in più a tutti.

  • Di paolo (---.---.---.49) 27 dicembre 2019 17:06

    Ha ragione GeriSteve, meglio soprassedere. " La vulgata resistenziale" (?!!).

    I "negazionisti, i "terrapiattisti",i "paraculisti".......
    Amen

  • Di paolo (---.---.---.49) 28 dicembre 2019 09:54

    Caro Persio, in uno dei suoi ultimi editoriali Travaglio ha virato da " cazzaro verde", che è più uno scanzismo, al più immediato ed incisivo "pagliaccio".

    Tornando ai commenti di cui sopra ai quali Fabio, con la pazienza di Giobbe, tenta (secondo me invano) di ricondurre al raziocinio il compulsivo e frenetico simpatizzante verdognolo, mi duole sottolineare come a volte le letture siano più di danno che arrichimento culturale. A volte producono uno stato confusionale che va a discapito del buon senso. Un giudizio sull’individuo Salvini, in linea con GeriSteve, dovrebbe scaturire da quel buon senso che qualsiasi normodotato (= dotato di normali capacità intellettive = QI ) dovrebbe far prevalere sugli istinti.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.225) 28 dicembre 2019 12:12

      Caro Paolo, un po’ mi scoccia ricorrere alla consunta "Reductio ad Hitlerum", ma non era un pagliaccio anche Baffetto? Non lo era anche Mascellone? Per citare solo i più noti personaggi "folcloristici" che, contro ogni "buonsenso", hanno scalato il potere trasformando la farsa in tragedia?

      Ora, io onestamente non credo che Salvini, con i suoi "bacioni" distribuiti a destra e a manca, sia un personaggio di quella categoria, ma non credo nemmeno che lo si possa contrastare efficacemente rimarcando la sua pochezza come persona e come leader politico.

      A mio parere lo si può contrastare solo analizzando le motivazioni del consenso che gli viene attribuito da tanti italiani. Queste motivazioni sono la cosa seria da considerare e alla quale è necessario dare risposta.

      Dal mio punto di vista quella che rilevo è ormai una sorta di disperazione che percorre larga parte della cittadinanza. Disperazione, frustrazione, che non trovando risposta si trasformano in rabbia, in odio contro la classe politica, contro lo stesso buonsenso (ho scoperto il Grassetto!) quando gli si oppone.

      Per questo i ragionevoli e ben composti interventi critici sulla realtà attuale che non considerano l’origine del malessere, che volutamente ignorano le ragioni reali della rabbia della cittadinanza, li considero solo operazioni di distrazione, coperture destinate a proteggere un certo status quo.



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