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Orribile politica, atroci politicanti e pessimi cittadini

Una riflessione sulla nostra vita pubblica, tra 25 aprile e 2 giugno, e con i risultati del primo turno delle elezioni francesi in mente.

Pare sia doveroso, per chi scrive di cose italiane, scagliarsi contro la nostra classe politica. Pochi dubbi sul fatto che sia pessima, costituita da soggetti di scarso livello intellettuale e di infimo valore morale, ma è sbagliato pensare che sia la causa prima della crisi della nostra democrazia. I nostri orridi politicanti, infatti, non esercitano il proprio mandato per diritto divino né ci sono stati imposti con la forza da una potenza straniera: è grazie ai nostri voti che certi figuri siedono in Parlamento; è grazie al nostro disinteresse per la cosa pubblica che i partiti sono saldamente nelle mani del peggio, o quasi, della nostra società.

“Loro”, i politici, hanno la sciocca alterigia delle peggiori aristocrazie. Noi, comportandoci da plebe, svendendo i nostri diritti in cambio di favori, privilegi od esenzioni, non ci siamo finora davvero meritati altro.

“Il pesce puzza dalla testa”, dice il proverbio, ma quel che dovremmo finalmente comprendere, mentre si avvicinano il 25 aprile ed il 2 giugno, è che la testa della Repubblica, i titolari della sua sovranità, siamo noi.

Una verità che preferiamo negarci, come preferiamo attribuire il dissesto del nostro bilancio a cause diverse dalla somma dei nostri comportamenti individuali. Hanno rubato i politicanti che noi abbiamo eletto? Sì, forse molto. Abbiamo rubato noi, evadendo il fisco, godendo di pensioni a cui non avevamo diritto, lavorando poco e male per la pubblica amministrazione o lucrando oltre ogni misura sugli appalti? Certo, e certamente moltissimo: tanto da mettere in pericolo la sopravvivenza finanziaria del Paese.

Prendere coscienza di questo, sarebbe il primo passo per risanare tanto la nostra politica quanto le nostre finanze, ma non abbiamo alcuna intenzione di farlo. Preferiamo dare credito a chiunque ci si presenti con delle assoluzioni, piuttosto che con delle soluzioni.

A chiunque ci dica che la responsabilità è d’altri; dei meridionali, dei settentrionali, dei romeni, degli extracomunitari e, in modo assolutamente analogo, delle banche, degli speculatori o di chissà quale misterioso super-potere.

Non vale neppure la pena cercare di far ragionare i leghisti, quale che sia il loro nome locale, di cui è pieno il nostro continente; è proprio da una crisi della ragionevolezza che traggono la loro origine. Da una malattia dello spirito iniziata almeno un paio di secoli fa (Gibbon finì di pubblicare “Storia della decadenza e caduta dell’impero romano” nel 1788, all’incirca suoi coevi sono i “Canti di Ossian”), quando, raggiunta l’egemonia mondiale e assillata dall’ansia della propria decadenza, l’Europa abbandonò il programma rinascimentale ed illuministico per rifugiarsi nel proprio passato pre-classico, iniziando quella fuga nei miti consolatori della nazione e della razza, figli maledetti del romanticismo, che ci ha portato dritti agli orrori del ‘900.

Inutile pure cercar di far riflettere sulla realtà chi se ne va in giro con la propria verità in tasca. Inutile far osservare loro notare che le banche, che vorrebbero responsabili di tutto, valgono una frazione (un quinto? Un decimo?) di quanto valessero prima dello scatenarsi della crisi finanziaria. Inutile tentare di far notare loro le più ovvie tra le contraddizioni. Una? Da una parte rilevano come i banchieri stiano ricavando lauti utili dal differenziale tra l’1% d’interresse che pagano alla BCE e il 4% o giù di lì che ottengono dallo stato quando ne sottoscrivono i titoli. Dall’altra, gli stessi affermano che l’inflazione sia superiore al 3,5% dichiarato. E’ alla portata di un bimbo capire che 1 più 3,5 (ammesso che il dato sull’inflazione sia vero) fa 4,5 e che quindi gli avidi banchieri, di fatto, perdano denaro o quasi nel momento in cui investono in Btp. Alla portata di un bimbo, ma non di chi ha bisogno di un babau a cui attribuire ogni colpa; incomprensibile, come qualunque altro conto anche elementare, a chi preferisce i sogni e gli slogan ai progetti.

Non so cosa accadrà nelle nostre prossime elezioni, ma certo il 17.9% ottenuto da Marine Le Pen al primo turno delle presidenziali francesi non è un buon segnale, come non lo è l’11% o giù di lì ottenuto da Jean-Luc Melenchon, il rappresentante del Front de gauche (Fdg) che ha in programma, tra le altre cose, un salario minimo garantito di 1.700 Euro il mese (perché non 17.000 o 1.700. 000? Se dobbiamo sognare, facciamolo alla grande).

Sono segnali pessimi, anzi, perché il nostro sistema non prevede secondi turni che releghino gli estremisti ai margini della scena e perché la nostra “crisi di cittadinanza” è assai più profonda di quella francese; arriva a coinvolgere quasi tutti e porta tanti a dubitare dell’utilità della stessa democrazia.

Dubbi che faremo bene a rivolgere verso noi stessi e la nostra capacità di essere, prima che barbari cornuti o rivoluzionari più o meno da salotto, davvero cittadini.

Commenti all'articolo

  • Di Piero Canzoniero (---.---.---.77) 26 aprile 2012 01:04

    ... non vorrei fare l’avvocato del diavolo, in quanto concordo pienamente con l’autore sulle responsabilità civili di tutti, però alcune cose vorrei puntualizzarle. Nell’ordine: non abbiamo eletto noi questi picari parlamentari, ma sono stati nominati in quanto lacchè dei ladroni grossi. Se "Noi, comportandoci da plebe, svendendo i nostri diritti in cambio di favori, privilegi od esenzioni" siamo imputabili del comune disastro, sarebbe comunque utile una scala per quantificare le responsabilità. Posto che è eticamente un errore sia non fare il biglietto sull’autobus che truccare appalti multimilionari in euro per favorire le cosche, vorrei che però non ci fosse ambiguità sulle conseguenze e sulla conduzione della vita sociale. Quindi va bene il mea culpa ma alcune distinzioni mi sembrano doverose. E non perchè la colpa è degli altri.

    In fin dei conti i politici avevano la nostra delega per tutelarci e non per fotterci

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