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Origini del femminismo cubano: las mambisas

Il termine mambises (mambí al singolare) è usato per riferirsi ai combattenti indipendenti domenicani, cubani e filippini che nel XIX secolo hanno partecipato alle guerre per la liberazione della Repubblica Dominicana e per l’indipendenza di Cuba e delle Filippine (Guerra dei Dieci Anni [1868-78] e Guerra di Indipendenza di Cuba [1895-98]). L’origine etimologica del termine è ancora incerta, potrebbe derivare dall’africano bantù, dalla radice -mbi che indica “ribelle”. Tuttavia nell’immaginario popolare il termine è stato applicato alle persone che hanno combattuto per l’indipendenza durante una qualsiasi delle guerre d’indipendenza cubane. La parola mambí è associata a Juan Euthinius Mamby, noto come Eutimio Mambí. Mamby era un ufficiale spagnolo nero che disertò per combattere con i dominicani contro gli spagnoli a Santo Domingo nel 1846. Mentre Mamby e i suoi uomini guadagnavano fama, i soldati spagnoli iniziarono a riferirsi a loro come gli “uomini di Mamby”.[1] Anche Miguel Barnet nel suo libro Cimarrón: Historia de un esclavo ritiene che l’etimologia della parola mambí sia sconosciuta, ma si pensa sia di origine africana.[2]Secondo I. Bajini, l’esperienza mambisas, soprattutto i prodotti letterari e le varie mitologie ispirate a quest’esperienza, costituiscono l’humus politico e ideologico su cui s’innesta il “ribellismo” latino-americano e le successive esperienze rivoluzionarie:

 

(…) alla fine del 1963 il giovane Barnet apre il giornale e viene colpito dalla foto di Esteban Montejo, un centenario che in gioventù era stato schiavo e cimarrón, ovvero si era dato per più di dieci anni alla macchia, per reintegrarsi volontariamente nella società soltanto dopo il decreto di abolizione della schiavitù. Il Barnet etnologo decide di andare da lui “a buscar eso que no estaba en los libros de Historia con relación al tema negro en Cuba y la esclavitud”, ma fin dal primo incontro il Barnet poeta comprende che “Montejo era una vida importante, anónima, de la historia de Cuba y que había que rescatarla” (Barnet: Los caminos del cimarrón).

E così, dopo due anni di incontri, registrazioni e trascrizioni, nel 1966 vede la luce Biografía de un cimarrón (in italiano Autobiografia di uno schiavo) novela-testimonio la cui formula ibrida, che permette di rielaborare zone della realtà in un ambito romanzesco con l’ambizioso obiettivo di non intaccare l’oggettività del materiale narrato, sarà poi presa a modello da altri autori cubani e ispano-americani, occupando uno spazio significativo nel panorama letterario degli anni ‘70 e ‘80. L’operazione di Barnet, che riscuote un grandissimo successo dentro e fuori Cuba, risponde in modo esemplare alle aspettative del governo rivoluzionario e si direbbe anzi direttamente ispirata a un suggerimento del Comandante:

En días recientes nosotros tuvimos la experiencia de encontrarnos con una anciana de 106 años que había acabado de aprender a leer y escribir y nosotros le propusimos que escribiera un libro. Había sido esclava y nosotros queríamos saber cómo un esclavo vio el mundo cuando era esclavo, cuáles fueron sus primeras impresiones de la vida, de sus amos, de sus compañeros. Creo que esta vieja puede escribir una cosa tan interesante como nin- guno de nosotros podríamos escribirla sobre su época y es posible que en un año se alfabetice y además escriba un libro a los 106 años. ¡Esas son las cosas de las revoluciones! ¿Quién puede escribir mejor que ella lo que vivió el esclavo y quién puede escribir mejor que ustedes el presente? Y ¿cuánta gente empezará a escribir en el futuro sin vivir esto, a distancia, recogiendo escritos? (Castro, 1961)

È indubbio che la testimonianza di un ex schiavo fosse perfetta per rafforzare un’interpretazione della storia cubana come processo ininterrotto della lotta rivoluzionaria iniziata dalle forze popolari nella seconda metà dell’800. Restava un problema di autoría: Fidel Castro, sull’onda dell’entusiasmo “alfabetizzatore”, ipotizzava improbabili autobiografie scritte dai diretti protagonisti; Miguel Barnet, invece, più pragmaticamente, si elegge portavoce (…) un uomo dalla biografia ideale nella sua pur dimessa normalità, in un crescente coinvolgimento dove il proprio ruolo di mediatore culturale si confonde con quello – dichiarato – di figlio spirituale.[3]

 

L’origine di questo termine fu una conseguenza del movimento di Restaurazione della Repubblica Dominicana, il 16 agosto del 1865. La Repubblica Dominicana era stata annessa all’Impero Spagnolo nel 1863. Gli ufficiali e i soldati spagnoli, chiamavano “mambises” gli insorti. Sembra che nella Repubblica Dominicana combattessero solo cubani –schiavi, neri e mulatti, o proprietari terrieri come Carlos Manuel de Céspedes, noto come il padre della nazione cubana. Vale la pena ricordare la partecipazione alla guerra di indipendenza di Cuba di ufficiali e di soldati di altri paesi, come Henry Reeve, noto come El Inglesito, il polacco Carlos Roloff, il peruviano Leonuo Prado e il dominicano Máximo Gómez. Quest’ultimo, noto come Generalissimo, è considerato l’autore della prima carica di machete (il machete fu una delle armi più usate) dell’Esercito Cubano di Liberazione, che sarebbe diventata una delle tattiche di guerra principali dei mambises. Il Generalissimo fu proposto candidato alla Presidenza della Repubblica, ma non accettò. Altri ben noti capi mambises furono i generali Antonio Maceo, che si distinse per il suo coraggio e il suo talento militare, nonché per il suo protagonismo nella protesta di Baraguá, e Guillermo Moncada, il cosiddetto Giant Ebano. Quattordici donne hanno affermato l’onore femminile in guerra: nove donne mambisas, che hanno ottenuto la nomina di capitano, una donna divenuta comandante nell’Esercito Liberatore di Cuba, e altre quattro che meritavano, ma non hanno ricevuto, il grado generale.[4] Tra le più note a Cuba annoveriamo Gabriela de la Caridad Azcuy Labrador – «Adela» – nata il 18 marzo 1861 presso la tenuta Ojo de Agua a Viñales, provincia di Pinar del Río. Durante la guerra era un’infermiera e una farmacista. Ha partecipato a 49 battaglie. Fu promossa al grado di capitano, morendo poi il primo gennaio 1914. Ricordiamo anche Ana Cruz Aguero, nata a Las Tunas il 26 luglio 1840, che sparava col cannone in battaglia e che creò un ospedale da campo nella sua casa. Fu promossa a capitano dal generale José Manuel Capote. Morì il 21 gennaio 1936. Un’altra combattente fu Rosa María Castellanos e Castellanos (più nota come Rosa la Bayamesa). nata a Bayamo, in provincia d’Oriente (Cuba), in un giorno non specificato nel 1834.[5] Prima di entrare in guerra era una schiava che ottenne la libertà combattendo nella Sierra Maestra. Ha creato il più grande ospedale di guerra cubano durante le lotte dell’indipendenza, a San Diego del Chorrillo, 20 chilometri a nord-ovest di Santa Cruz del Sur. Fu il Generalissimo Máximo Gómez che la promosse personalmente al grado di capitano. Nel 1895 aveva già 60 anni e il Generale la scelse per dirigere un nuovo ospedale militare, chiamato Santa Rosa in suo onore. Alternò il lavoro d’infermiera con quello di soldatessa. Morì a Camagüey, il 25 settembre 1907. La soldatessa Trinidad Lagomasino Álvarez – le date di nascita e di morte sono sconosciute – era originaria di Sancti Spíritus e fu messaggera clandestina degli insorti nel 1895. Ha sempre agito da sola ed è conosciuta come “La Solitaria”. Ha lavorato come messaggera personale anche del Generale Máximo Gómez. Lo stesso Generalissimo la promosse al grado di capitano. Morì nell’anonimato a Sancti Spíritus nei primi anni della Repubblica.[6] L’unico caso di donna promossa a comandante fu quello di Mercedes Sirvén Pérez-Puelles. Era una donna, per il periodo storico, molto acculturata che aveva ottenuto un dottorato in farmacologia. Nacque a Bucaramanga, in Colombia, da genitori cubani emigrati. Entrò nelle fila insurrezionali il 5 ottobre 1896, nella città di Holguin. Fondò “una farmacia rivoluzionaria” presso Palmarito, a sud di Las Tunas, per fornire medicinali e bendaggi a vari ospedali di guerra fissi e mobili in tutta Holguin. Fu promossa capitano alla fine del 1896 e comandante nel 1897. Morì all’Avana il 25 maggio 1948. Le prime generalesse cubane furono donne come Ana María de la Soledad Betancourt Agramonte, nata il 14 dicembre 1832 a Port au Prince, Camagüey. Si unì con il marito all’Assemblea insurrezionale di Guaimaro proclamando la redenzione della donna cubana. Fu catturata e arrestata il 9 luglio 1871 a Rosalía del Chorrillo. Fu tenuta prigioniera per tre mesi all’aperto, nella savana di Jobabo, come “esca” per attirare il marito, il colonnello Mora. Il 9 ottobre 1871, malata di tifo, fuggì con altri prigionieri e marciò per l’Avana, poi in Messico e in seguito a New York. Nel 1872 visitò il presidente degli Stati Uniti, Ulisses Grant, chiedendo di intercedere per la concessione del perdono agli studenti di medicina cubana imprigionati per l’insurrezione del 27 novembre 1871. Nel novembre del 1875 ricevette la notizia dell’esecuzione del marito. Morì a Madrid il 7 febbraio 1901. Altro nome noto è quello di María Magdalena Cabrales Isaac, nata a San Agustín, San Luis, provincia d’Oriente (Cuba), il 20 marzo 1842. Si sposò con Antonio Maceo il 16 febbraio 1866. Marciò nella giungla con Mariana Grajales durante la gravidanza e quando nacque, con un bambino di pochi mesi. Ha sofferto inoltre la perdita sui monti dei suoi due figli. Ha curato i malati e feriti nei combattimenti. Nel maggio del 1878, alla fine della guerra, è partita per la Giamaica sempre con Mariana Grajales. Ha fondato e presieduto il Club delle Donne Cubane in Costa Rica e in seguito il José Martí Women’s Club di Kingston, in Giamaica. A metà del 1899 tornò a Cuba. Morì nella tenuta dove nacque il 28 luglio 1905.[7]Questi nomi ci dicono che le donne cubane parteciparono attivamente alla lotta anticoloniale, rivendicando contemporaneamente il diritto al voto, al divorzio e al lavoro. La guerra aveva provocato una grande emigrazione, soprattutto negli USA, dove le donne cubane si dedicarono molto alla causa dell’indipendenza dell’isola. Quest’attiva partecipazione femminile sarà premiata con l’ottenimento di una serie di diritti. Dal 1917 le donne a Cuba acquisiscono tutti i diritti giuridici patrimoniali; possono possedere proprietà e possono vendere o amministrare le loro ricchezze senza l’autorizzazione dei genitori o dei mariti. Inoltre, dal 1918 è riconosciuto il diritto al divorzio. Viene promulga, in largo anticipo rispetto al resto del mondo, una legge sulla maternità, una legge che regola il lavoro femminile e che stabilisce uguale salario per donne e uomini che svolgono lo stesso lavoro. Nasce così una moltitudine di organizzazioni femminili, alcune operaie, e persino le donne nere attraverso di esse intervennero attivamente in politica. Dopo il trionfo della rivoluzione contro il dittatore Gerardo Machado, nel 1934 la donna cubana ottieneil diritto al voto. Nel 1939 si realizzò il Terzo Congresso Nazionale delle Donne nel quale finalmente si riuniscono tutte queste organizzazioni, costituendo un fronte che presenterà tutta una serie di proposte e un programma che troverà eco nella Costituzione Cubana del 1940, uno dei documenti della prima metà del secolo XX più progressisti al mondo. La stessa Costituzione, benché di carattere borghese nella sua essenza, dispose l’uguaglianza di tutti e di tutte le cubane davanti alla legge, dichiarava illegale e punibile ogni discriminazione per ragione di sesso, razza, colore o classe e qualunque altro attacco alla dignità umana, stabiliva inoltre il suffragio universale maschile e femminile, ugualitario per tutta la cittadinanza.[8] Proclamava l’uguaglianza dei diritti tra i coniugi nel matrimonio e la piena capacità civile della donna sposata, che non ebbe più bisogno di licenza o autorizzazione maritale per amministrare i suoi beni, esercitare il commercio, lavorare nell’industria, esercitare le professioni, i mestieri o le arti e disporre del prodotto del suo lavoro. Riconosceva anche il diritto della donna all’impiego e a ricevere uguale salario, rispetto agli uomini, per lo stesso lavoro. Purtroppo non tutte le nuove istanze si materializzarono e si creò un’incongruenza tra i diritti proclamati e quelli praticati.[9]

La lotta per una Cuba indipendente e socialista

Nella lotta rivoluzionaria, durante la prima metà del secolo XX, la donna cubana non si limita ad azioni di retroguardia né riveste ruoli tipicamente femminili, ma viene incorpora attivamente nella lotta e nella guerriglia, entrando a fa parte della direzione politica. Prima della Rivoluzione del 1958, la condizione femminile a Cuba era deplorevole e degradante: le donne erano maggiormente soggette a povertà, denutrizione e analfabetismo, la prostituzione (anche infantile o minorile) era un fenomeno massivo (e gestito dalla criminalità organizzata) poiché rare erano le professioni accessibili alle donne. A tal proposito, il ricercatore Salim Lamrami scrive:

 

Bajo el régimen militar de Fulgencio Batista, de 1952 a 1958, la mujer cubana, sometida a la cortapisa de una sociedad patriarcal, sólo representaba el 17% de la población activa y recibía un salario sensiblemente inferior al del hombre por un empleo similar. Limitada al papel de ama de casa encargada de las tareas domésticas, sometida a la omnipotencia del marido, primera víctima del analfabetismo que azotaba a una gran parte de la población, las perspectivas era más bien sombrías para la mujer cubana. Así, de los 5,8 millones de habitantes, con una tasa de escolarización de sólo un 55% para los niños de 6 a 14 años, más de un millón de niños no tenían acceso a la escuela y se quedaban en el hogar familiar, a cargo de la madre. El analfabetismo golpeaba al 22% de la población, o sea a más de 800.000 personas, la mayoría mujeres. A pesar de la obtención del derecho de voto en 1934, bajo el gobierno de Ramón Grau San Martí que emanaba de la Revolución popular de 193,3 el papel de la mujer en la vida política era muy limitado. Así, de 1934 a 1958, sólo 26 mujeres ocuparon cargos legislativos, 23 diputadas y 3 senadoras.[10] (…) Una de las primeras tareas de la FMC fue luchar contra la prostitución, necesidad vital para cerca de 100.000 mujeres de la Cuba prerrevolucionaria, e implicarlas en la construcción de la nueva sociedad. Con la desaparición de las condiciones económicas y sociales responsables de la explotación sexual de las mujeres, la readaptación social fue además facilitada por la existencia de una estructura federativa femenina.
Siguiendo la máxima de José Martí, “ser culto para ser libre”, Cuba lanzó en 1961 una gran campaña de alfabetización que permitió a todos los sectores de la sociedad, en particular a las mujeres –y sobre todo a las mujeres de color– beneficiarse de este progreso social que abría la vía hacia la igualdad. Se crearon ese año más de 10.000 escuelas primarias, o sea más que durante los sesenta años de la república neocolonial. Los resultados fueron inmediatos: cerca de 700.000 personas, entre ellas un 55% de mujeres, fueron alfabetizadas en doce meses y se redujo la tasa de analfabetismo a un 3,8%. En 1961 la UNESCO declaró a Cuba “primer territorio libre de analfabetismo”, hecho único en América Latina y el Caribe en aquella época. En 1961 Cuba creó círculos infantiles destinados a permitir a las madres cubanas el acceso a la formación, al trabajo y a participar en la vida económica del país.[11]

 

 

Negli USA molte donne cubane lavorarono attivamente per l’ottenimento di fondi e appoggio politico alla lotta rivoluzionaria. Dentro Cuba, nella clandestinità, si formò il “Fronte Civico delle Donne Martiane” che partecipò alla lotta sindacale, politica e armata. Il 26 Luglio 1953, nell’assalto alla Caserma Moncada, partecipano in prima linea Haydée Santamaría e Melba Hernández. In questo periodo le donne soffrirono molto per i loro ideali, subirono la repressione più terribile, erano stuprate, torturate, imprigionate e, molte di esse, assassinate. In seguito si costituì il “Movimento 26 Luglio” che non è identificabile solo con la guerriglia della Sierra Maestra, ma è un movimento politico e militare che mette radici in tutto il paese. Molte donne fecero parte del movimento nelle città, ma parteciparono anche attivamente alla guerra civile. Nella Sierra Maestra si creerà il “Plotone Femminile Mariana Grajales”, del quale fecero parte tredici donne, tra le altre Celia Sánchez Manduley, Delsa Esther Puebla Viltre, Vilma Espín Guillois, Haydée Santamaría e Melba Hernández, tutte con un passato nella lotta politica e sociale.[12]

La Rivoluzione e le donne

La discussione per la creazione di truppe rivoluzionarie femminili a Cuba cominciò il 4 settembre 1958, sul finire della sera e si prolungò fino all’arrivo dell’alba. Per sette ore, Fidel Castro, Comandante dell’Esercito Ribelle, discusse con la sua truppa la necessità di creare un distaccamento formato esclusivamente da donne. Quella notte del 4 settembre 1958, nelle vicinanze de l’Hospital de La Plata, nella Sierra Maestra, le argomentazioni contro la discriminazione di genere furono difese con veemenza da Fidel Castro. Il dibattito terminò con la creazione di un plotone femminile chiamato “Mariana Grajales”:

 

Sono questi i fatti a cui si riferì il leader della Rivoluzione Cubana nel suo primo discorso al paese il 1° gennaio1959, a Santiago di Cuba, quando elencava i problemi da affrontare per il conseguimento di una società giusta: “io volevo dimostrare alla mia truppa che le donne potevano essere buoni soldati e che i loro erano pregiudizi e che la donna è parte del nostro paese ed è vittima della discriminazione nel lavoro e in molti altri aspetti della vita.”

L’aneddoto illustra in primo luogo la priorità del punto all’ordine del giorno della Rivoluzione cubana e d’altro canto, suggerisce una caratteristica che contraddistingue il processo di ciò che è stato chiamato, nel contesto cubano, la lotta per la la parità delle donne: la volontà politica di equità e le azioni per potenziare questa volontà (che si sono sviluppate in un divenire dove coabitano la partecipazione ed il protagonismo con la resistenza cosciente e/o incosciente, a livello individuale e sociale) al cambiamento.[13]

 

 

Al trionfo della rivoluzione, si legifera ampiamente per consolidare l’eliminazione di qualunque tipo di discriminazione, e soprattutto per proteggere i diritti della donna. Quando viene promulgata la prima legge, quella della Riforma Agraria, il primo titolo per le proprietà delle terre è concesso simbolicamente a una contadina nera, figlia di immigranti haitiani collocati nella zona più povera del paese, nell’oriente dell’isola. L’entrata della donna nel lavoro salariato è massiccia e questo porta alla creazione di tutta una serie di servizi sociali come asili, case di cura per le persone anziane, ludoteche, etc., per coprire tutti i compiti di cura che il patriarcato impone alle donne. Nel 1960 si fondò la Federazione delle Donne Cubane (FMC) che raggrupperà le 800 associazioni femminili che esistevano già al momento di trionfo della Rivoluzione:

 

Il 23 agosto del 1960 (…) frutto della fusione dell’Unità Femminile Rivoluzionaria, la Colonna Agraria, le Brigate Femminili Rivoluzionarie, i Gruppi di Donne Umaniste e la Fratellanza delle Madri, tra le altre organizzazioni già esistenti prima del trionfo, venne fondata la Federazione delle Donne Cubane – FMC. Tutte le organizzazioni di massa menzionate, nacquero con un chiaro ed identico obiettivo: sviluppare e difendere la Rivoluzione da ognuna delle proprie “trincee”; ossia, che è esattamente la stessa cosa, sviluppare e difendere gli interessi dell’immensa maggioranza della popolazione cubana.(...) La Federazione che, grazie all’immenso carisma ottenuto attraverso gli anni, e senza più ulteriori integrazioni, è un’organizzazione di massa che sviluppa politiche e programmi destinati a raggiungere il pieno esercizio dell’eguaglianza della donna in tutti gli ambiti e i livelli della società. Il suo contributo sistematico alla formazione ed al benessere delle nuove generazioni è una delle sue numerose virtù. Nel gennaio del 1959 a Cuba lavoravano soltanto 194.000 donne, il 12% della forza lavoro. Attualmente il 46 % della forza lavoro nell’Isola è rappresentato da esse, circa 1.700.000 persone, occupando in maniera efficiente il 66% degli incarichi professionali e tecnici. Dei 614 parlamentari che formano l’attuale Assemblea Nazionale del Potere Popolare, 265 sono donne. Per quanto riguarda i membri delle attuali Assemblee Municipali del Potere, le donne occupano 5.046 delegazioni delle 15.093 esistenti, il 33,4 %. Ad adesione volontaria, attualmente la Federazione, che celebra i propri congressi ogni cinque anni, conta su di una militanza di più di 4.000.000; tutte al di sopra dei 14 anni di età, poiché questo è l’unico requisito che si esige per l’entrata. Il 13 settembre 1966, alla chiusura della V Plenaria Nazionale della FMC, Fidel disse che “se ci domandassero qual è la cosa più rivoluzionaria frutto della Rivoluzione, è praticamente questo: la rivoluzione che sta avendo luogo nelle donne del nostro paese. Se ci chiedessero quali sono le cose che più ci hanno insegnato nella Rivoluzione, risponderemmo che una delle lezioni più interessanti che noi rivoluzionari stiamo ricevendo nella Rivoluzione è la lezione che ci stanno dando le donne”.[14]

 

 

Il compito della FMC è riuscire nel pieno esercizio dell’uguaglianza dei diritti per la donna in tutti gli ambiti e i livelli della società.[15] Una delle sue prime creazioni è quella delle “Case di Orientamento per la Donna e la Famiglia”, con squadre multidisciplinari nelle quali, tra le altre cose, in questo momento si lavora per contrastare la violenza di genere. In questo momento, la Federazione coordina programmi tra diverse istituzioni governative e non governative su salute, educazione, diritti delle donne rurali, le scienze e la ricerca, l’educazione sessuale e la pianificazione familiare. Nel 1975 è promulgato il Codice di Famiglia vigente che impone l’uguaglianza dei diritti tra l’uomo e la donna, tanto nel matrimonio quanto nel divorzio, a proposito di figli e figlie, etc. Nonostante ci siano ancora molti aspetti su cui legiferare, come per esempio offrire anche all’uomo la licenza di paternità, è stato stabilito come condividere il compito di cura del bebè dal primo anno di vita. Nel 1979, Cuba fu il primo paese al mondo a firmare la “Convenzione Sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro la Donna” e il secondo a ratificarla. Fino al 2011, solo 185 paesi l’avevano ratificata, mentre Stati Uniti e Sudan del Sud, l’avevano firmata ma non ratificata. Solo otto paesi tra cui l’Arabia Saudita, gli Emirati, l’Iran, la Somalia, il Sudan e il Vaticano non hanno ancora firmato la convenzione. In questo momento, le donne cubane sono le uniche donne dei Caraibi e dell’intero continente latino-americano che hanno raggiunto livelli d’istruzione, formazione, emancipazione e indipendenza economica e professionale paragonabile alle donne dei paesi più ricchi e sviluppati del mondo:

I believe that there are two conditions for Cuban women to hold power more visibly. First, it is said that once women acquire the knowledge previously denied to them as part of the patriarchal subordinating strategy, then they are bearers of a sine qua non condition to hold power. Cuban women have acquired knowledge in several ways:

- Due to the feminization process of education in all levels of the Cuban education system, and particularly at secondary and the tertiary levels, women represent 58% of university graduates and 62% of senior high school graduates;

- Women have steadily increased their presence in science and technology. Women account for 45% of all Cuban scientists and approximately 60% of university faculty.

- Women represent two-thirds of all Cuban professionals and middle technicians.

- If compared to active men working population, active working women have higher educational levels.

Second, Cuban working women have been trained in problem-solving and decision- making, two essential requirements to hold and exercise power. Consciously or unconsciously, Cuban women make decisions when they organize their activities in their jobs, their chores in the second shift, and in social and political activities.

Third condition. Cuban women wage earners, considered as a whole and including professional and technical workers, have promoted at work, because they are present in all occupational categories (including managers); because they perform complex activities; because they are working in all economic spheres (including women’s traditional and non- traditional jobs); and because they have higher educational levels than men.

Fourth condition. During the last forty years, discriminatory actions against women have become gradually more visible, as well as the need to struggle against any form of discrimination.[16]

Primi provvedimenti del governo rivoluzionario

 

Dal trionfo della Rivoluzione nel 1959, le cui fondamenta ideologiche si trovano nel pensiero dell’Eroe Nazionale José Martí, lo Stato cubano fece dell’emancipazione delle donne una delle sue priorità. Il 1° gennaio 1959, a Santiago de Cuba, poche ore dopo il volo di Batista, Fidel Castro illustrò la situazione delle donne ricordando che la missione del processo rivoluzionario è quella di porre fine alla subordinazione sociale dei più oppressi:

 

Es un sector de nuestro país que necesita también ser redimido, porque es víctima de la discriminación en el trabajo y en otros aspectos de la vida […]. Cuando se juzgue a nuestra revolución en los años futuros, una de las cuestiones por las cuales nos juzgarán será la forma en que hayamos resuelto, en nuestra sociedad y en nuestra patria, los problemas de la mujer, aunque se trate de uno de los problemas de la revolución que requieren más tenacidad, más firmeza, más constancia y esfuerzo.[17]

 

La donna cubana fu la principale beneficiaria dei risultati sociali ottenuti. Così, nel 1960, Vilma Espín fondò la Federazione delle Donne Cubane (FMC) per tutelare tutte le donne e porre fine alla discriminazione. Le donne avrebbero finalmente occupato il proprio spazio sociale e contribuito pienamente alla costruzione di una nuova patria per tutti. Fidel Castro ha rilevato l’importanza della manifestazione:

 

Le donne cubane, doppiamente umiliate e relegate dalla società semi coloniale, hanno bisogno di questa organizzazione propria, per rappresentare i loro interessi specifici e lavorare verso la loro più ampia partecipazione alla vita economica, politica e sociale della Rivoluzione.[18]

 

Al momento, la FMC ha più di 4 milioni di membri. Durante i primi anni della Rivoluzione, uno dei primi compiti del FMC fu di combattere la prostituzione, una necessità vitale per quasi 100.000 donne che vivevano nella povertà e nel disagio sociale della Cuba prerivoluzionaria. Con la scomparsa delle condizioni economiche e sociali responsabili dello sfruttamento sessuale delle donne, la riabilitazione sociale è stata ulteriormente agevolata dall’esistenza di una struttura femminile federata che offrì programmi, ben strutturati, per il reinserimento sociale delle donne vittime del prossenetismo organizzato. Seguendo la massima di José Martí, “essere colti per essere liberi”, Cuba lanciò nel 1961 una grande campagna di alfabetizzazione che permise a tutti i settori della società, in particolare alle donne – e soprattutto alle donne di colore – di usufruire di questo progresso sociale che ha aperto la strada all’eguaglianza. In quell’anno furono create più di 10.000 scuole primarie. I risultati sono stati immediati: circa 700.000 persone furono alfabetizzate, il 55% furono donne. Nel 1961, l’UNESCO ha dichiarato Cuba “il primo territorio libero dall’analfabetismo”, un evento unico in America Latina e nei Caraibi in quel momento. Nel 1961 Cuba creò circoli infantili per garantire alle madri cubane l’accesso alla formazione, al lavoro e alla partecipazione nella vita economica del paese. In seguito Cuba sviluppò un arsenale costituzionale e legislativo destinato a promuovere i diritti delle donne e l’uguaglianza per tutti. Gli articoli 41 e 42 della Costituzione stabiliscono l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini e penalizzano qualsiasi “discriminazione basata sulla razza, il colore, il sesso, l’origine nazionale e le credenze religiose”.[19] La legge n. 62 del codice penale (articolo 295) criminalizza, con punizioni che partono da due anni di reclusione, qualsiasi violazione del diritto all’uguaglianza.[20] Le donne hanno quindi accesso a tutti gli uffici pubblici e a tutte le gerarchie delle forze armate.[21] Sul fronte internazionale, anche Cuba ha svolto un ruolo di primo piano nella promozione dei diritti delle donne. L’isola dei Caraibi fu il primo paese dell’America Latina a depenalizzare l’aborto nel 1965. Solo due altre nazioni del continente, la Guyana nel 1995 e l’Uruguay nel 2012, hanno seguito l’esempio di Cuba, concedendo alle donne il diritto inalienabile di disporre del proprio corpo.

 Il fenomeno del “brigadismo”: ovvero le campagne per l’alfabetizzazione

La Campagna di Alfabetizzazione cubana (Campaña Nacional de Alfabetización in Cuba) o brigadismo fu uno sforzo, durato tre anni, per abolire l’analfabetismo a Cuba dopo la Rivoluzione. Cominciò il 1° gennaio 1959 e si concluse il 22 dicembre 1961, diventando la campagna di alfabetizzazione più ambiziosa e organizzata al mondo. Prima del 1959 il tasso di alfabetizzazione ufficiale a Cuba era il 60% e il 76%, in gran parte a causa della mancanza d’insegnanti qualificati e accesso all’istruzione nelle zone rurali.[22] Di conseguenza, il governo cubano di Fidel Castro per ordine del Comandante Ernesto “Che” Guevara, definì il 1961 “anno dell’istruzione” e inviò le “brigate di alfabetizzazione” nella campagna per costruire scuole, formare nuovi educatori e insegnare a leggere e scrivere ai guajiros (contadini). La campagna fu “un notevole successo”. Quando terminò, 707.212 adulti erano stati alfabetizzati, aumentando il tasso di alfabetizzazione nazionale al 96%. Nel 2011, la produttrice e regista Catherine Murphy girò un documentario di 33 minuti intitolato Maestra[23] sulla Campagna di Alfabetizzazione cubana. Il film comprende interviste a volontari che hanno insegnato durante la campagna e filmati d’archivio del 1961. Si stima che 1.000.000 cubani siano stati direttamente coinvolti (come insegnanti o studenti) nella Campagna. Erano state organizzate quattro categorie d’insegnanti:[24]

  1. La Brigata “Conrado Benitez” (Conrado Benitez Brigadistas): 100.000 giovani volontari (dai 10 ai 19 anni) lasciarono la scuola di città per vivere e lavorare con gli studenti rurali, fondando scuole di campagna. ll numero di studenti che hanno lasciato le scuole di città, per unirsi ai volontari e fondare scuole rurali, fu così grande che si crearono programmi educativi “alternativi” per 8 mesi, dall’anno scolastico 1961.
  2. Alfabetizzatori popolari (Alfabetizadores populares): adulti che hanno volontariamente insegnato di città in città. È documentato che 13.000 operai hanno tenuto lezioni per loro colleghi analfabeti dopo le ore di lavoro. Questo gruppo includeva persone che hanno insegnato ad amici, vicini o membri della famiglia.
  3. Brigata “Patria o Morte” (Patria o Muerte Brigadistas): un gruppo di 15.000 insegnanti adulti che sono stati retribuiti dallo stato per insegnare in luoghi rurali remoti, accordandosi con i loro colleghi per essere sostituiti nelle scuole di città durante le loro assenze.
  4. Brigate scolastiche - Un gruppo di 15.000 insegnanti professionali che hanno supervisionato gli aspetti tecnici e organizzativi della campagna brigadista. La brigata “Patria o Morte”, insieme alla brigata scolastica, è talvolta chiamata semplicemente la brigata dei lavoratori (Brigadistas Obreros).[25]

Il governo ha fornito materiale didattico ai volontari. Gli insegnanti che hanno viaggiato nelle aree più remote dell’isola, per istruire i contadini, ricevettero un’uniforme grigia standard, una coperta calda, un’amaca, due libri di testo e una lanterna a gas, in modo che le lezioni potessero essere svolte la sera, dopo che il lavoro era terminato. I sostenitori della rivoluzione, troppo giovani o altrimenti incapaci di partecipare alla caduta del tiranno Fulgencio Batista, videro nella campagna brigadista un’opportunità per contribuire al successo del nuovo governo e la speranza di innescare una coscienza rivoluzionaria nei loro studenti. Molti dei testi didattici utilizzati durante la Campagna di Alfabetizzazione si sono concentrati sulla storia della Rivoluzione, con forti messaggi politici. Ciò rese il movimento un obiettivo dell’opposizione controrivoluzionaria che usò atti violenti di terrorismo per destabilizzare Cuba e creare un’atmosfera di paura. Dal 1960 al 1965, almeno 681 atti di terrorismo furono commessi contro il popolo cubano.[26] Diversi atti violenti sono stati commessi contro la proprietà pubblica, in particolare il bombardamento del più grande magazzino del paese, El Encanto, il 13 aprile 1961. Quell’anno, gli insegnanti, gli studenti e i contadini furono torturati e assassinati per terrorizzare la comunità agricola e ridurre il sostegno alla campagna di alfabetizzazione. Diversi giovani insegnanti furono uccisi da gruppi terroristi. Vi sono numerosi sospetti che questi gruppi terroristi siano sono stati sostenuti dal governo degli Stati Uniti. È noto che la CIA ideò e sostenne l’“Operation Mongoose”[27]in questo periodo, tentando di far cadere il governo di Castro attraverso una campagna di propaganda, di guerra psicologica e di sabotaggio contro lo Stato di Cuba.[28] La campagna d’alfabetizzazione unì il paese perché, per la prima volta, le persone di città compresero quanto dura fosse la vita dei contadini prima della rivoluzione. Molti dei volontari della Campagna di Alfabetizzazione continuarono a seguire la carriera d’insegnante e il numero d’insegnanti diventò 11 volte superiore a quello del periodo prerivoluzionario. La percentuale di bambini iscritti a scuola, a Cuba (età 6-12), aumentò consistentemente nel corso degli anni:

  • 1953- 56%
  • 1970- 88%
  • 1986- quasi 100%

Si stima che 268.000 cubani abbiano lavorato per eliminare l’analfabetismo durante il primo anno della Campagna. Nel 1962 il tasso di alfabetizzazione del paese era del 96%, uno dei più alti al mondo. Gli educatori cubani addestrati durante la Campagna continuarono ad assistere nelle campagne di alfabetizzazione altri 15 paesi stranieri, per i quali un’organizzazione cubana ha ricevuto il premio King Sejong Literacy Award dall’UNESCO. Negli ultimi 50 anni migliaia di insegnanti cubani hanno raggiunto paesi come Haiti, Nicaragua e Mozambico. Le lettere di ringraziamento a Fidel Castro, inviate all’ UNESCO per valutare il successo della campagna nel 1964, sono conservate con fotografie e dettagli su tutti i 100.000 volontari in un museo a La Ciudad Libertad (Città della Libertà), non molto distante da La Habana.[29]

La FMC e la formazione delle donne cubane

Nel caso di Cuba, la questione dell’informazione e della formazione sulle tematiche di genere è particolarmente complessa. Le biblioteche sono piuttosto datate e le scarse risorse del paese, aggravate dal decennale bloque economico, comunicativo e informativo, non consentono un grande acquisto di libri, riviste e accesso a informazioni. Tuttavia vi sono alcune eccezioni, come la FMC, la Casa de las Américas e la Cattedra delle donne presso l’Università de La Habana, istituzioni che possiedono una notevole quantità di materiale informativo, materiale storico e pubblicazioni. Le tre istituzioni hanno promosso per anni lo sviluppo di diplomi, master, tesi di laurea e dottorati di ricerca sulle questioni di genere. Per ovviare a queste grandi difficoltà si utilizza molto internet. A Cuba internet non è ancora ampiamente diffusa, tuttavia vi si accede gratuitamente presso le Università, i grandi istituti culturali e i Centri di Ricerca. Il flusso informativo che parte dal resto dell’America Latina, in questo momento, raggiunge l’isola solo in modo intermittente. Non vi è una propagazione popolare, ma chi svolge funzioni d’ufficio e aziendali può ottenere sistematicamente informazioni sull’argomento. Nondimeno, la produzione di testi nazionali sul genere, grazie alla Cooperazione Internazionale, al notevole lavoro dell’“Editorial de la Mujer”, “La Gaceta de Cuba” e la “Casa de las Americas” sono aumentate negli ultimi tempi. Nonostante le difficoltà e le carenze, non vi sono impedimenti nel “nominare le cose”, nel “dare testimonianza”. L’anomala instabilità, la miseria, il difficile lavoro non hanno impedito in alcun modo di ricevere nuove idee e attuare numerosi esperimenti sociali. Sia a Cuba che nel resto del Nuestramérica c’è una lunga tradizione di lotta femminista. Il femminismo a Cuba ebbe inizio nel XIX secolo con il pensiero letterario e poetico di Gertrudis Gómez de Avellaneda[30] e attraversò tutto il XX con la lotta per l’accesso al suffragio, la legge sul divorzio e la parità genitoriale. La sociologa Marta Núñez Sarmiento riferisce che le correnti femministe furono stigmatizzate a Cuba per molti anni, e persistono ancora pregiudizi verso di esse.[31] Eppure il movimento femminista cubano, nato nelle prime decadi del secolo scorso, svolse un ruolo rivoluzionario che permise di soddisfare importanti rivendicazioni in date molto recenti, con la Legge sulla Patria Potestà (1917), la legge sul Divorzio (1918) e la Legge sul Suffragio Femminile (1934). Nonostante i pregiudizi, a Cuba diverse intellettuali femministe sono state “istituzionalizzate” e vengono studiate nelle scuole come Vicentina Antuña, Mirtha Aguirre e Camila Enríquez Ureña, tutte donne apertamente femministe che apportarono interessanti cambiamenti e analisi sulle questioni di genere. Prima del gennaio 1959, il femminismo che esisteva a Cuba era un femminismo di natura liberale e borghese. La Rivoluzione Cubana smontò la struttura di classe preesistente e fu logico che all’interno di essa si biasimasse anche questo tipo di femminismo. Perciò la Federazione delle Donne Cubane optò per distanziarsi da quel genere di femminismo. La Federazione delle Donne Cubane rappresenta casalinghe, operaie, contadine, donne interessate a supportare un evidente scontro classista. La cosa più incredibile ma certa, fu che a Cuba, dopo la Rivoluzione, le donne furono introdotte in tutti i settori della vita civile e sociale, sebbene Cuba continuasse a essere un paese culturalmente patriarcale. Per questioni tanto storiche quanto semplicemente culturali, a Cuba il termine femminismo fu respinto nonostante esistessero corrispondenze tra i principi umanisti espressi dalle varie filosofie femministe (occidentali e non) e quelli del Progetto Sociale della Rivoluzione Cubana. La storia cominciò nei primi anni del secolo XX. Allora i primi movimenti femministi cubani furono molto criticati dalla società, soprattutto dalla stampa, perché i loro obiettivi attaccavano il potere degli uomini e ubicavano le donne lontane dal tradizionale servilismo e dalla tradizionale sottomissione. La realtà che s’imponeva alle donne agli inizi del secolo XX era quella di vivere relegate nella sfera domestica, senza partecipare in nessun modo alla vita sociale. La donna era esclusivamente l’addetta all’educazione dei figli, perciò fu limitata la sua partecipazione nell’ambito pubblico. Non aveva né diritto al voto, né all’opinione; era utilizzata come un oggetto sessuale e stigmatizzata come santa o prostituta. Per cambiare questa situazione, irruppe nel mondo politico Pilar Jorge di Tellas,[32]che creò nel 1918 il Club Femminile di Cuba. Cominciò in questo modo la lotta per i diritti femminili a Cuba. Pilar divenne l’Animatrice del Corso Civico Superiore e Diritto Sociale, una campagna per l’educazione civica e l’istruzione femminile. La Campagna in questione promosse l’istruzione delle donne rurali e dei sobborghi urbani, alle quali furono somministrate nozioni igienico-sanitarie, di economia domestica e rudimenti di educazione civica. Il Club Femminile di Cuba creò la prima forma d’istruzione e formazione per le bambinaie, e lentamente si divulgò in tutto il paese, mostrando quanto pesavano i pregiudizi e le convenzioni sociali nella mente di molte donne cubane. Tuttavia c’è da dire che, nonostante i primi Movimenti Femministi Liberali facessero molta paura, le loro rivendicazioni, in realtà, si limitarono a una mera “eguaglianza formale”, senza intaccare i sostanziali rapporti di potere. Tutto si ridusse a una mera rivoluzione di costume. Altro singolare “paradosso” del femminismo cubano fu che la FMC, nonostante per lunghi anni abbia rifiutato l’aggettivo “femminista”, non dichiarandosi mai tale, non si discostò in nessuna occasione dalle vecchie rivendicazioni egualitarie del femminismo liberale ottocentesco. Non solo, la FMC arricchì il tradizionale dibattito femminista sulle “eguaglianze-formali” con critiche e analisi ben più radicali, basate su richieste di eguaglianza sostanziale, a partire da quella economica. Infatti, per lunghi anni la FMC si batté affinché le donne cubane avessero pieno diritto sul loro corpo, accesso alla salute sessuale e riproduttiva e gli stessi diritti degli uomini sul lavoro e in campo economico. Il femminismo cubano, non dichiarandosi “femminista”, andò oltre l’etichetta e divenne una filosofia-radicale che trasformò in meglio la vita d’intere generazioni, creando legami e tessendo relazioni con vari movimenti femministi internazionali:

 

El IV Congreso de la Federación de Mujeres Cubanas en 1985 evidenció el auge de la presencia femenina en todas las esferas de la sociedad. Esta organización facilitó la participación de cubanas y cubanos en eventos internacionales que permitieron comparar la situación de la mujer cubana con lo que sucedía en otros países.

Cito tres ejemplos: la reunión preparatoria de los países latinoamericanos para la Conferencia de las Naciones Unidas sobre la Mujer en Nairobi, (La Habana, 1984); la Reunión Internacional de las Mujeres sobre la Deuda Externa (La Habana, 1985), y la Conferencia Mundial de la ONU sobre la Mujer (Nairobi, 1985).

La participación de las cubanas y cubanos en intercambios internacionales dedicados a la mujer aumenta a partir de 1985. Asisten como expertos a eventos derivados del Decenio de la Mujer, convocados por organizaciones cubanas o por agencias de la ONU; Cuba, y específicamente la FMC, continúa representada en las sesiones de la Convención sobre la Eliminación de todas las Formas de Discriminación contra la Mujer de la ONU (CEDAW), y las discusiones que allí se desarrollan sirven para retroalimentar las políticas sociales referidas a la mujer cubana. Académicas cubanas

desarrollan intercambios con colegas de universidades de América Latina, Estados Unidos, Canadá y Europa Occidental, y entran en contacto con los programas de estudios sobre la mujer existentes en esos centros. Las entrevistadas reconocen que les atrajeron las corrientes feministas con vocación de comprender las desigualdades entre hombres y mujeres en las sociedades en que viven, y, sobre todo, los problemas de la feminización de la pobreza. Todos estos intercambios coinciden con la preocupación de la UNFPA por los estudios sobre Población y Desarrollo, que promueve emplear enfoques sociológicos cuando se analizan las informaciones

demográficas. La FMC coordinó investigaciones sociales con académicas cubanas

y extranjeras, que movilizaron nuevamente las investigaciones sociológicas en el país, no solamente las referidas a las relaciones de género. Me refiero al estudio de la textilera “Celia Sánchez Manduley” (1987), al de la textilera Ariguanabo con la

norteamericana Helen Safa (1986-1989) y al estudio comparado sobre empleo femenino en cinco países de las Américas (1987-88).

El Seminario Nacional sobre la Aplicación de las Estrategias de Nairobi en Cuba (1988) produjo reflexiones multidisciplinarias sobre la situación de las cubanas.[33]

 

In questo momento la FMC riconosce che a Cuba sia esistito, nel periodo rivoluzionario, un femminismo al quale possiamo affibbiare l’aggettivo che desideriamo: di sinistra, rivoluzionario o socialista, ma è stato femminismo. Perciò la FMC si è riappropriata dell’etichetta, definendosi organizzazione “femminista”. Il termine per anni contestato e denigrato, adesso si ripresenta intorno a valori prettamente rivoluzionari e patriottici.[34] Solo nei primi anni novanta del secolo scorso, la parola “femminismo” fece la sua ricomparsa presso le accademie cubane in cui varie docenti e ricercatrici crearono “dipartimenti di studi sulle donne”, nelle università, per approfondire i temi di genere. Nel 1984 l’Ufficio della Commissione delle Nazioni Unite (CEPAL) tiene a La Habana, sotto l’egida della Federazione delle Donne Cubane, un evento: la Conferenza per il Decennio delle Donne delle Nazioni Unite. L’evento diede ulteriori stimoli e spinte agli studi di genere sul territorio cubano, in una prospettiva internazionale. Norma Vasallo, una delle titolari della “Cattedra della Donna” nate presso l’Università de La Habana, contribuisce notevolmente a promuovere i primi passi negli studi di genere, per uno sviluppo teorico del femminismo, in modo che queste idee siano articolate e integrate nel pensiero cubano, come parte dello sviluppo delle scienze sociali.[35] Il machismo e la discriminazione però non sparirono del tutto con la promulgazione delle leggi; si rese necessaria un’analisi di genere sulle ragioni di quest’oppressione e politiche più attive contro di essa. A Cuba, tutti i diritti inerenti alla tutela della salute e la dignità della donna sono pienamente riconosciuti, la salute sessuale e riproduttiva è garantita, così come l’educazione sessuale e la pianificazione familiare, la maternità è retribuita per un anno, e i dati degli organismi internazionali sulla mortalità infantile e sulla mortalità materna dimostrano i progressi compiuti in questi ultimi anni. Il “Comitato di Esperte” per l’eliminazione della discriminazione contro la donna delle Nazioni Unite considerò, nel suo 15° periodo di sessioni, che la “legislazione cubana relativa all’uguaglianza tra uomini e donne è una delle più progredite in tutta l’America Latina”. Le politiche sociali e le strategie di sviluppo economico del governo rivoluzionario cubano, dal 1959, ebbero come obiettivo fondamentale l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione e sfruttamento per motivi di classe, razza e genere. Da allora si sono progettate e implementate politiche pubbliche il cui proposito strategico è sempre stato quello cancellare le barriere culturali, ideologiche, psicologiche, economiche e sociali che hanno tenuto le donne in condizioni di subordinazione e marginalità. Uno degli esempi più importanti, soprattutto nell’attuale situazione di crisi economica, è quello delle “Commissioni di Coordinamento dell’Impiego Femminile”, dirette a migliorare la partecipazione lavorativa delle donne ed evitare le discriminazioni tanto nella contrattazione quanto nella permanenza nel lavoro. Le commissioni sono integrate con la FMC, la CTC, Centro dei Lavoratori Cubani, e il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Grazie alla sua gestione, migliaia di donne ebbero accesso all’impiego, in forma diretta o attraverso corsi di abilitazione. Lo stato, creando questa nuova fonte d’impiego, pensò di proteggere queste lavoratrici col regime di previdenza sociale. Le donne cubane lavoratrici comunque possono contare sulla protezione nella maternità, sui sussidi in caso d’invalidità totale, temporale o permanente, pensione o morte del marito. Tutto questo è riportato nel decreto-legge. 278 del 30 di settembre 2010. Negli ultimi anni una nuova generazione di donne si è unita a questa lotta con nuove visioni, nuovi atteggiamenti e nuove idee. La Federazione delle Donne Cubane (FMC) assieme ad altre organizzazioni cubane per i diritti LGBTIQ, analizzano e propongono politiche per offrire nuovo impulso, da una prospettiva di genere, alla lotta contro la discriminazione nell’accesso a determinate professioni o luoghi di potere, tanto in politica come nell’imprenditoria o nell’amministrazione; si lavora per l’eliminazione del sessismo nel linguaggio; si lotta contro la violenza maschilista; si dà impulso a nuove politiche educative e campagne affinché il lavoro domestico sia condiviso per tutte e tutti i membri della famiglia; si valorizza l’immagine della donna nei mezzi di comunicazione. Nella lotta al machismo, al sessismo, per il diritto alla diversità di genere è fondamentale il lavoro realizzato dal CENESEX (Centro Nazionale di Educazione Sessuale).[36] In questo campo bisogna ricordare che a Cuba, sin dagli anni ‘80, si realizzano operazioni di riassegnazione del sesso (cambio di sesso) gratuite e a carico dello stato. Il CENESEX nacque nel 1989 grazie alle pressioni istituzionali di donne appartenenti alla Federazione delle Donne Cubane. Il CENESEX si batte notevolmente per contrastare l’omofobia e le discriminazioni contro la comunità LGBTIQ cubana, offrendo consulenze sanitarie, psicologiche e legali gratuite a chiunque ne avesse bisogno, organizzando corsi di educazione alla sessualità e pubblicazioni scientifiche a tema:

 

Es importante resaltar que la Federación de Mujeres Cubanas (FMC) desempeñó un importante rol en la institucionalización de la educación sexual y en su inclusión en las políticas sociales del país. La participación comprometida de la FMC en la educación de la sexualidad promovió, desde los primeros años, procesos de transformación social garantes de la equidad de género y el empoderamiento femenino. 

En 1989, el GNTES se convirtió en el Centro Nacional de Educación Sexual (CENESEX). Con la creación de esta institución «se ampliaron y profundizaron las bases científicas de la educación sexual y comenzó la introducción del enfoque de género como eje transversal del Programa Nacional de Educación Sexual (ProNES)» (2). Resultado de la ampliación de la estrategia de comunicación social del ProNES, en 1994, el CENESEX fundó la revista Sexología y Sociedad, dedicada a divulgar los resultados de investigaciones y las reflexiones sobre diversos temas vinculados a la sexualidad humana.[37]

 

Anche nell’agenda legislativa del 2012 del Parlamento Cubano si riporta il dibattito inteso a studiare la legalizzazione dell’unione tra persone dello stesso sesso, il loro riconoscimento nel nuovo Codice di Famiglia e i loro diritti patrimoniali e personali. Con l’attuale crisi economica mondiale le donne sono le più danneggiate dalla perdita d’impiego e dalla precarietà. La riduzione della spesa nelle politiche sociali, come per esempio i fondi di aiuto a persone dipendenti, obbliga le donne a ritornare al ruolo di badanti e balie. In Spagna, ad esempio, le prime misure adottate dai vari governi legati al Partito Popolare vanno direttamente all’attacco dei diritti sociali ed economici acquisiti dalle donne e le ricollocano sotto il dominio della morale cattolica nella vita pubblica e privata, minando tra le varie cose il diritto all’aborto. Tuttavia a Cuba, a dispetto dei vari problemi che si trascinano da decenni a causa del blocco economico e di alcuni errori governativi, aggravati ora dalla crisi economica mondiale, si salvaguardano i diritti sociali e questo succede a priori, mentre si tenta di ampliare il fronte dei diritti civili e della libertá personale. Chi più trae beneficio da diritti acquisiti e conservati sono proprio donne. In tutte le province sono conservate le “Commissioni” di Impiego Femminile, si continua a dare molta importanza alla tutela dell’impiego femminile mentre, le madri single e le donne disabili, continuano a godere di speciali protezioni. Inoltre s’incoraggia la partecipazione delle donne alle cooperative agricole e nei lavori d’artigianato. In sintesi, come migliaia di donne cubane gridarono per strada i primi anni della Rivoluzione: “Senza donne non c’è Rivoluzione” e “la Rivoluzione sarà femminista o non sarà.” A Cuba un notevole contributo all’affermazione del femminismo negli studi letterari è stato offerto dalla scrittrice cubana Mirta Yáñez che ha formalizzato il suo ingresso all’Accademia Cubana della Lingua, in un atto celebrato il 30 marzo 2015, nella scuola San Jerónimo de La Habana. Mirta Yáñez è una studiosa dei personaggi femminili della letteratura romantica latino-americana, impiega le teorie di genere per svelare gli effetti simbolici del dominio patriarcale nella letteratura della regione.[38] Rende evidente i parametri di subordinazione con cui gli autori romantici latino-americani del XIX secolo concepiscono le donne e le costringono a uno spazio intimo e domestico. Yáñez sostiene che la narrazione del romanticismo colloca le donne al centro della letteratura per rafforzare i modelli androcentrici dominanti, dove l’uomo è autore della storia mentre la donna è colei che la subisce in silenzio. La prospettiva di genere ha permesso all’autrice di esaminare i meccanismi simbolici e narrativi per connotare l’ideale di un femminile subordinato. Ma al tempo stesso, il suo approccio ha rivelato la tendenza, tra le scrittrici di quel tempo, a mettere in discussione l’ordine garantito dalla disuguaglianza sociale, familiare e sessuale in cui le donne furono collocate.[39]

 

 


[1] The Life and Death of Ignacio Agramonte, La Vida y la Muerte de Ignacio Agramonte, Comite pro museo de Camaguey Ignacio Agramonte, documento pubblicato in spagnolo a Camagüey, Cuba, nel 1941, successivamente tradotto dallo spagnolo all’ inglese nel 2016 da José Prats, disponibile su http://www.camagueycuba.org/vmdeia/vmia.htm, ultimo accesso 09/01/2018.

[2] M. Zeuske, Revista De Indias, Vol. LVIII, n. 212, Università di Colonia, Germania, 1998, su internet: Http://Revistadeindias.Revistas.Csic.Es/Index.Php/Revistadeindias/Article/Viewfile/765/835&A=Bi&Pagenumber=1&, ultimo accesso 25/09/2017

[3] I. Bajini, Con el machete me basta, Memorie di schiavitù e propositi didascalici nella Biografía de un cimarrón di Miguel Barnet, Università degli Studi di Milano, 2008, su internet: http://club.it/autori/culture2008/10IMPBAJINI.pdf, ultimo accesso 25/09/2017

[4] Dizionario Enciclopedico di Storia Militare di Cuba, Historia Militar de Cuba (1510-1868), Centro de Información para la DefensaMINFAR, su internet: https://www.ecured.cu/Historia_Militar, ultimo accesso 25/09/2017

[5] L. Hernández Serrano, Mujeres en las guerras de Independencia, Juventud Rebelde, 21 agosto del 2009, su internet: http://www.juventudrebelde.cu/cuba/2009-08-21/mujeres-en-las-guerras-de-independencia-/21 agosto 2009 21:11:16 CDT, ultimo accesso 25/09/2017

[6] A. Caner Román, Mujeres cubanas y el largo camino hacia la libertad, Síntesis y conclusiones del Taller de lectura n° 71, Biblioteca Nacional José Martí, agosto de 2004, su internet: http://librinsula.bnjm.cu/1, ultimo accesso 25/09/2017

[7] A. Caner Román, Mujeres cubanas y el largo camino hacia la libertad, Síntesis y conclusiones del Taller de lectura n° 71, Biblioteca Nacional José Martí, agosto de 2004, su internet: http://librinsula.bnjm.cu/1, ultimo accesso 25/09/2017

[8] T.Díaz Canals, Cuba y el feminismo nuestroamericano, CLACSO, Buenos Aires, 2015, su internet: http://biblioteca.clacso.edu.ar/clacso/becas/20150730113613/TeresaDiazCanals.pdf; ultimo accesso 05/07/2017

[9] C. Bianchi Ross, La Costituzione del 1940 (I),Pubblicato su Juventud Rebelde dell' 08/02/15, su internet: https://ilvecchioeilmare.blogspot.it/2015/02/l-costituzione-del-1940-di-ciro-bianchi.html; ultimo accesso 05/07/2017

[10] S. Lamrami, Mujeres en Cuba: la Revolución emancipadora 1/2. Por Salim Lamrani, La Habana (Cuba), 2015, su internet: espanol.almayadeen.net/articles/main/3074/mujeres-en-cuba—la-revolución-emancipadora-1-2—por-salim-l, ultimo accesso 10/05/2017

[11] Ibidem

[13] I. Moya, Situazione e status delle donne, nel processo della rivoluzione cubana, Uno sguardo di prospettiva di genere alla situazione e allo status delle donne, nel processo della rivoluzione cubana,Centro di Cultura e Documentazione Popolare - popoli resistenti - Cuba - 25-05-09 - n. 275, su internet: http://www.resistenze.org/sito/te/po/cu/pocu9e25-005087.htm; ultimo accesso 05/07/2017

 

 

 

[14] P. Azanza Telletxiki, Federazione delle Donne Cubane: mezzo secolo di luminosa esistenza, da Rebelion.org, popoli resistenti - cuba - 03-09-10 - n. 330; traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare, su internet: http://www.resistenze.org/sito/te/po/cu/pocuai03-007423.htm, ultimo accesso 05/07/2017

[15] CEPAL, Anuarios Estadísticos de América Latina y el Caribe, 1989, 1990, 1991, 1992, Santiago del Chile, su internet: http://www.eurosur.org/FLACSO/mujeres/ecuador/orga-1.htm; ultimo accesso 05/07/2017

 

[16] M. Núñez Sarmiento, Cuban Strategies for Women’s Employment in the 90’s: a Case Study with Professional Women, Prepared for delivery at the 2000 meeting of the Latin American Studies Association, Hyatt Regency Miami, March 16-18, 2000, Department of Sociology, University of a La Habana, pp.16-17, su internet: http://lasa.international.pitt.edu/Lasa2000/NunezSarmientoEng.PDF, ultimo accesso 20/06/2017

[17] F. Castro Ruz, Discurso pronunciado por el Comandante Fidel Castro Ruz, en el Parque Céspedes de Santiago de Cuba, República de Cuba, 1. de enero de 1959, su internet: http://www.cuba.cu/gobierno/discursos/1959/esp/f010159e.html, ultimo accesso11/09/2017

[18] A. Caner Román, Mujeres cubanas y el largo camino hacia la libertad, Síntesis y conclusiones del Taller de lectura n° 71, Biblioteca Nacional José Martí, agosto de 2004, su internet: http://librinsula.bnjm.cu/1, ultimo accesso 25/09/2017

[19] Costituzione della Repubblica di Cuba, 1976, articoli 41 e 42, su internet: http://www.italia-cuba.it/cuba/schedacuba/costituzione.htm, ultimo accesso 18/04/2017

[20] Codice Penale Cubano, Asamblea Nacional del Poder Popular, en su sesión del día 29 de diciembre de 1987, su internet: http://www.wipo.int/edocs/lexdocs/laws/es/cu/cu004es.pdf, ultimo accesso 18/04/2017

[21] D. I. Giro López, Donne che fanno la rivoluzione, Difesa di Cuba, 20 agosto 2013, su internet:http://www.cubadefensa.cu/?q=node/2158, ultimo accesso 18/04/2017

[22] M. Uriarte, Cuba: Social Policy at the Crossroads: Maintaining Priorities, Transforming Practice, an Oxfam America Report, 2002, pp. 6-12; su internet: http://www.oxfamamerica.org/newsandpublications/publications/research_reports/art3670.html, ultimo accesso 28/08/2017

[23] Catherine Murphy è una filmmaker statunitense, attivista e educatrice. Il suo lavoro si concentra principalmente sulla giustizia sociale e l’alfabetizzazione nelle Americhe. Murphy fondò il progetto The Literacy nel 2004 e Tres Musas Producciones nel 2009; per informazioni: Maestra Vanderbilt Curriculum Guide, Centro Studi latinoamericani, Università Vanderbit, su internet: http://www.maestrathefilm.org; ultimo accesso 14/09/2017

[24] R. Supko, Perspectives on the Cuban National Literacy Campaign; Latin American Studies Association; 26 September 1998, su internet: http://lasa.international.pitt.edu/LASA98/Supko.pdf, consultato il 28/08/2017

[25] Ibidem

[26] Ibidem

[27] A. R. Alvarez, The Early Years of Terrorist Operations Against Cuba; Injustice in Miami, Cuban News Agency (ACN), 2002; su internet: . http://www.ain.cubaweb.cu/patriotas2/coberturacompleta/2005/jul15early.htm, ultimo accesso 28/08/2017

[28] A. García, The Crime in Limones Cantero is Still Fresh; Escambray (Cuba), 11 December 2009; su internet: http://www.escambray.cu/Eng/bandits/limones09121124, consultato il 28/08/2017

[29] M. Uriarte, Cuba: Social Policy at the Crossroads: Maintaining Priorities, Transforming Practice; An Oxfam America Report. 2002, pp. 6-12, su internet: http://www.oxfamamerica.org/newsandpublications/publications/research_reports/art3670.html; ultimo accesso 28/08/2017

[30] M. Ángeles Ayala Aracil (Universidad de Alicante), Gertrudis Gómez de Avellaneda, Biblioteca Virtual Miguel De Cervantes, su internet: http://www.cervantesvirtual.com/portales/gertrudis_gomez_de_avellaneda/, ultimo accesso 10/09/2017

[31] M. Núñez Sarmiento, Los estudios de género en Cuba y sus aproximaciones metodológicas, multidisciplinarias y transculturales (1974-2001), CEMI, Avana, 2001, pp. 5-14, su internet: http://bibliotecavirtual.clacso.org.ar/ar/libros/cuba/cemi/genero.pdf, ultimo accesso 18/04/2017

 

[32] C. McKervey, The Cuban popular revolution of 1930-33, The View from the South, Global Learning, Clinton, South Carolina (USA), 2014, su internet: http://www.globallearning-cuba.com/blog-umlthe-view-from-the-southuml/the-cuban-popular-revolution-of-1930-33-ruben-martinez-villena; ultimo accesso 11/09/2017

[33] Ivi, pp. 15-16

[34] T. Díaz Canals, Cuba y el feminismo nuestroamericano, CLACSO, Buenos Aires, 2015, su internet: http://biblioteca.clacso.edu.ar/clacso/becas/20150730113613/TeresaDiazCanals.pdf, ultimo accesso 18/04/2017

[35] Ibidem

[36] Y. Bombino Companioni, Studies on sexuality and gender: Its visualization in the Sexología y Sociedad magazine, Centro Nacional de Educación Sexual (CENESEX), Licenciada y máster en Sociología, investigadora agregada y miembro de SOCUMES, Revista Sexología y Sociedad. 2013; Vol. 19, No. 1, su internet: http://revsexologiaysociedad.sld.cu/index.php/sexologiaysociedad/article/view/8/54, consultato il 25/05/2017

[37] Ibidem

[38] Mirta Yáñez, Cubanas a Capitulo, Segunda Temporada, Editorial Letras Cubanas, La Habana (Cuba), 2012, pp.5-20

[39] Ibidem

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