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Obama e il rilancio della classe media

Lo scorso week-end ero a casa con la bronchite e oltre a tenere compagnia al mio piccolino mi sono letto una parte della biografia del nuovo presidente USA. Mi ha lasciato a bocca aperta ! Devo dire che mai avrei immaginato che il percorso del Sen. Obama fosse cominciato così tanti anni fa. Vi consiglio di leggerla, fa bene allo spirito e Vi permetterà di comprendere meglio i suoi prossimi passi nella scena politica mondiale.

Per il momento però dobbiamo concentrarci su quelle che sono state le sue dichiarazioni dopo la storica elezione e cioè l’intenzione di :

- ridare dignità alla classe media aumentandone il reddito pro-capite con una riduzione di tasse per i redditi inferiori a US$ 250.000

- aumento dei sussidi di disoccupazione

- un pacchetto di stimoli all’economia che possa ridare slancio all’ossatura del comparto produttivo Americano e cioè : l’industria automobilistica.

I redditi

Stando a BEA, Bureau of Economics Analysis, nel 2007 il “personal income” medio per cittadino calcolato su una popolazione di 302 milioni di persone è di 38.609 dollari.

 

 

 

Il dato in se non è particolarmente significativo perché non ci dice la percentuale della popolazione al di sotto della soglia di 250.000 dollari indicata nel piano ma, da quello che si scopre navigando nel sito del BEA, si scopre che anche a New York il reddito pro capite e di “soli” US$ 110.292.

Ho pertanto l’impressione che il numero di persone che negli USA ha un redditto superiore a 250.000 dollari non sia significativo. Ribaltando l’affermazione è come dire ridurremo le tasse a tutti i cittadini americani tranne a coloro che hanno un reddito importante.

Se così fosse, ma dubito il contrario, l’operazione in questo momento storico non è perseguibile a causa del crescente deficit.

 

 

Nel 2 trimestre 2008 infatti il deficit è cresciuto a -183.1 miliardi di dollari dal precedente livello di -175.6 milardi, in questi numeri è incluso solo in parte lo stimolo fiscale voluto dal presidente Bush e l’attuale piano di intervento da 700 miliardi per il salvataggio della finanza creativa, il cosiddetto piano Bernanke & Paulson.

I sussidi

I cosiddetti “sussidi statali” hanno, nel 2007, inciso nel bilancio dell’unione per ben 1.681 miliardi di cui i sussidi di disoccupazione sono stati solo 32 miliardi. Fa specie vedere che i sussidi per i “veterani” siano stati pari a 41 miliardi, poco più dei sussidi di disoccupazione, in un paese che ha all’attivo oltre 23 milioni di ex militari sono pari a poco più di 1.780 miseri dollari per persona all’anno. Per inciso il numero riportato è di 23.442.000 veterani viventi di cui 17.560.000 ex combattenti di guerre sostenute dagli USA; stiamo parlando di circa il 6% della popolazione vivente !

E’ chiaro che questi sono solo i “veterani” poi ci sono da aggiungere gli effettivi che prestano servizio in questo momento storico dove gli States sono coinvolti in almeno due guerre contemporaneamente; non c’è che dire gli Stati Uniti sono decisamente un paese dove la prima industria nazionale è l’industria bellica.

Ora se tanto mi da tanto i sussidi per disoccupazione saranno ancora meno “generosi” di quelli erogati ai veterani. Il numero di disoccupati negli Usa è pari al 6,5% della popolazione in età da lavoro, solo nei primi 10 mesi del 2008 negli Stati Uniti circa 1,2 milioni di lavoratori ha perso la propria occupazione. Pertanto se la proposta di aumentare i sussidi di disoccupazione non può che accogliere il favore di tutti, mi chiedo come si farà a conciliare un aumento considerevole del sussidio, portandolo almeno ad un livello tale da garantire la “sussistenza” biologica, e l’esigenza di contenere il deficit statale.

Purtroppo anche in questo caso il presidente Obama dovrà fare i conti con la disponibilità di cassa.

L’industria automobilistica

L’industria automobilistica americana è in condizioni disastrose, il periodo contingente è il peggiore da 25 anni a questa parte e le tre principali società del settore, General Motors, Ford Motor e Chrysler, stanno cercando in tutti i modi di ottenere un prestito “ponte” di almeno 50 miliardi per riuscire a sopravvivere.

Purtroppo il tempo stringe, la General Motor ha dichiarato di non avere abbastanza liquidità per arrivare alla fine dell’anno a meno di “significativi” aumenti di capitale. La più grande compagnia di automobili d’oltreoceano ha riportato perdite per oltre 4,2 miliardi di dollari nel terzo trimestre di quest’anno e la liquidità disponibile è arrivata a 16 miliardi dai 21 di fine Giugno. Se la situazione non si inverte la General Motor sta correndo incontro alla sua fine alla velocità di 1,6 miliardi di dollari al mese.

Anche il piano di fusione con la Chrysler è saltato, piano che qualche settimana or sono aveva trovato spazio sulle maggiori testate finanziarie d’oltreoceano. Il problema è che General Motor è l’industria automobilistica americana, con i suoi 266.000 addetti e con l’indotto rappresenta la spina dorsale dell’industria automotive; un suo deprecabile fallimento significherebbe mandare sul lastrico qualche milione di famiglie per non parlare poi degli impatti finanziari. Le obbligazioni emesse nel corso degli ultimi decenni da GM sono finite nei portafogli di tutti i fondi pensione e non solo, stando alle indicazioni del DTCC l’esposizione del “sistema”, per i contratti CDS, è di oltre 64 miliardi di dollari mentre relativamente alle obbligazioni in circolazione parliamo di cifre che potrebbero far impallidire al confronto con il fallimento di Lehman.

Detto questo è chiaro che nessuna amministrazione può permettersi di lasciar fallire la principale industria americana, tantomeno il neoeletto presidente Obama. A tal fine è molto probabile che sarà data facoltà alla GM, come a tante altre aziende, di accedere ai finanziamenti stabiliti dal piano Bernanke & Paulson; si deve solo dipanare il dubbio se a fronte di una partecipazione nel capitale della compagnia ( equity stake ) o a fronte di un “collaterale” da stabilire.

E’ ancora da stabilire, ovviamente, la durata e l’ammontare del finanziamento. Soprattutto la durata è la variabile chiave dell’operazione perché è ormai chiaro che a breve termine il mercato automobilistico soffrirà dannatamente, mentre è probabile che nel lungo termine il settore saprà riconvertirsi a nuovi modelli ecologici spinti da combustibili eco-friendly : alcool, metano, idrogeno.

Conclusioni

Se da un lato sono abbastanza convinto che non ci saranno problemi a trovare fondi per il settore auto, dall’altro sono preoccupato perché in questo momento storico sarà complesso trovare fondi per la riduzione delle tasse e l’aumento dei sussidi di disoccupazione.
E’ altresì vero però che un modo ci sarebbe, limitare le spese militari che oggi assorbono gran parte delle risorse di bilancio. Un tentativo in tal senso il neo presidente lo farà, ha infatti dichiarato di voler ritirare gran parte delle truppe dall’Iraq e dall’Afganistan, ma sarà interessante valutare se l’indipendenza dimostrata in campagna elettorale sarà confermata durante la sua presidenza.

Non è un caso che proprio in queste ore i media riportino nuovi deliranti messaggi di sfida da parte di Al-Qaeda, a mio avviso un mal celato tentativo da parte delle lobby belliche americane di far pressione sul neo presidente per non ritirare le truppe, un messaggio molto chiaro a chi sa leggere tra le righe.

Ma è proprio da questi messaggi che vedremo il carattere di questo nuovo presidente, se sarà veramente capace di resistere alle tentazioni dei falchi americani mettendo in gioco un nuovo ordine mondiale basato più sulla politica del dialogo che sulla forza.

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