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Notte magica ad Alghero con Renzo Arbore & l’Orchestra Italiana

Il ritorno sull’isola undici mesi dopo il successo di Cagliari. L’Orchestra compie 19 anni e tributa i grandi maestri ispiratori: Renato Carosone e Roberto Murolo. Il “Never Ending Tour” ad Alghero e Carbonia grazie a La Via del Collegio. 

Quando il faccione furbo di Totò fa capolina sul fondale ed il trailer in bianco e nero lo riporta protagonista nel pubblico, le note di “Malafemmena” prendono carne nella voce limpida di Gianni Conte, il brivido è fortissimo nell’Arena algherese. L’emozione ascende sino all’applauso: lungo, spontaneo, intenso. Non ne conteremo più, saranno decine gli applausi a scena aperta, irrefrenabili dal pubblico, per l’artista amato in tutta Italia e non solo. “Grazie Tante”, la risposta semplice e ripetuta in tante occasioni, cifra di eleganza e bravura, sacrificio e dedizione. Undici mesi dopo la notte evento all’Anfiteatro Romano di Cagliari (il 3 settembre 2008), Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, tornano in Sardegna per rinnovare nuove emozioni. “..Pensavamo ad un anno di spettacoli, con questo gruppo, ne sono trascorsi 19...” - ammette modesto, senza nascondere orgoglio e soddisfazione, nel suo racconto dal palco. “Never Ending Tour” è il titolo (quanto mai eloquente) della tourneè, organizzata in Sardegna dall’associazione La Via del Collegio, con la quale Arbore rientra in Italia, reduce dalle recenti trasferte all’estero. L’ultima in Messico, lascia i ricordi recenti per la Fiera Internazionale del Libro, dove l’Orchestra con Arbore, rappresenta l’Italia: “Noche de Onda” è il brano dedicato e “..i Messicani sono più tristi..dei Napoletani tristi...” - la didascalia di Arbore. Classico il palinsesto dello show: apertura poco prima delle 22.00, sul maxi schermo sfilano le demo dei principali successi mondiali dell’orchestra, sulle note registrate della sigla d’apertura “Comme facette mammeta”, prendono posto i musicisti. “Bona Estaldes!” è il saluto che Arbore rivolge al pubblico entrando in scena, scatta l’applauso dei duemilacinquecento accorsi a vederlo, il feeling è immediato. “Era de Maggio” è il primo brano in scaletta. Gianni Conte è superbo nell’esecuzione e davvero all’altezza di dare voce ai più bei versi di Salvatore Di Giacomo, nella Napoli di fine Ottocento.
 
Duetta con la statura dei grandi poggiando sulla base dei mandolini, Barbara Bonaiuto, black voice, unica singer nella formazione. Consolidata negli anni con 15 elementi, selezionati dalla grande scuola musicale, in prevalenza di origine partenopea. Li presenterà tutti, uno per volta, come fa in tutti i suoi concerti, Arbore, dopo aver dedicato buona parte dello show ai due Maestri del cuore: Renato Carosone e Roberto Murolo. Al primo dedica una sefardita incalzante con “O’ Sarracino”, al secondo una struggente “Regginella” che rintocca la mezzanotte in brividi sempre più intensi. Lo show abbraccia la storia della Canzone Italiana, contaminata in tanti influssi neo latini che testimoniano la storia di un popolo, quello italiano. Alla tradizione dei Classici Napoletani: “Voce e Notte”, (Nicolardi, De Curtis) - “Dicitincello Vuje” (di Fusco e Falvo) - “Luna Rossa” (Vian, De Crescenzo), si fondono quelli nazionali: Mimmo Modugno (“Piove”), Gabriella Ferri nell’interpretazione “Dove sta Zazà” (di Cutolo e Cioffi), Nino Manfredi (“Tanto pè cantà”). 


Tante le variazioni a tema, grazie ai musicisti eccellenti. Dominano le percussioni con Beppe Sannino. Esemplare quando accompagna alle congas Arbore in “Malafemmena” e più tardi quando assiste il suo compagno ai drums, Gegè Telesforo, in un formidabile solo vocale. Telesforo che duetterà più volte con il lidear maximo, calamita scrosci d’ applausi per i prolungati sket, unico europeo (secondo Arbore) sulla scia dei grandi americani del Novecento. Non scherza con l’estensione vocale, neppure l’altra voce di Napoli, Mariano Caiano, mentre la sezione mandole è sempre il fiore all’occhiello: insuperabili i Maestri Gennaro Petrone, Salvatore Esposito e Nunzio Reina. Unici nel loro apporto, gli “stranieri”: Claudio Cataldi alla fisarmonica, direttamente dalla culla dello strumento a mantice (Castel Fidardo delle Marche) ed il chitarrista romano Nick Cantatore. Tutti provvisti di gilet etnici, variopinti e molto sudamericani, i musicisti calzano eleganti mocassini di un rosso papale, compreso lo stesso Arbore che più volte userà uno slang catalano in omaggio alla location. E’ ricco di aneddoti e fattarielli lo spettacolo che muta in talk show, sino ad ingaggiare il pubblico in coro polifonico. Un crescendo, forgiato dal Maestro che dopo la mezzanotte e oltre due ore di esibizione, dirige il pubblico, tutto in piedi, all’apice dell’ entusiasmo. I bis sono cantati dall’improvvisato Coro Maria Pia e comprendono i miti della memoria: “Il Clarinetto”, “Ma la notte”, “Vengo dopo il TG” e finalmente a furor di popolo “Luna Rossa”. Non vuol chiudere Renzo se non dopo “Il Materasso”. Giura su una fantomatica cartomante calabra che invocando insieme la felicità, nel ritornello, questa durerà almeno un anno. Si squarciano le gole e la felicità è proprio per tutti, almeno per una notte. La replica a Carbonia, suggestivo scenario della Gran Miniera di Serbariu. 

Commenti all'articolo

  • Di Rossella (---.---.---.164) 6 agosto 2009 08:51

    I grandi artisti non si smentiscono mai! Avrei voluto essere tra quelle magiche note che non mancano di emozionarmi.
    Noto con piacere che la scaletta dà ampio spazio alla musica della mia Napoli che, nonostante i tanti, troppi problemi, resta immortale nella sua grandezza, almeno attraverso le innumerevoli, eterne, amate melodie partorite dai mille artisti partenopei.
    Buona musica!!

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