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 Home page > Tribuna Libera > Non dargliela vinta

Non dargliela vinta

Era la fine di luglio di alcuni decenni fa e a una donna che conosco molto bene, accadeva di andare a partorire, la sua prima creatura, in una clinica convenzionata romana, piuttosto che presso l'ospedale che le aveva detto non avrebbe potuto allattare se non in una sala comune.

Non aveva voluto sapere, malgrado l'ecografia,se fosse un bimbo o una piccina. Passarono ore e ore prima di partorire, lo chiamano travaglio, ma poi avvenne tutto e per il meglio, era un maschietto sano e forte. Quando la riportarono in camera, attesa da mamma e suocera, sentì un dolore tremendo, assai superiore a quello provato poco prima, per cui non aveva fatto un grido...era così forte che morse un panno ancora sulla barella. L'infermiera la portò di corsa ad un piano dove si accesero tutte le luci, era una sala operatoria e capì che la stavano per addormentare senza un perché, era questione urgente, era questione di vita o di morte, della signora. Passarono ore e ore perchè c'era in corso una emorragia interna e furono fatte trasfusioni fino a trovare dove suturare; erano stati avvisati i famigliari a partire dal marito che era in pericolo di vita. Era salva, era stata salvata.

Era miope quella signora e microcitemica e da sempre anemica, le fu sconsigliato di allattare, ma quella signora era testarda e allattò il bambino, stando ferma a letto, e ci stette ferma così per dieci giorni, la sua gioia infinita cresceva... Quando le portavano il piccolo, che era l'unico che piangeva perchè sempre affamato, si accorse un giorno che si erano sbagliate bambino...riceveva le visite del marito, sempre più freddo e serio e quelle affettuose di cari, amici e famiglia. Allattarlo era una gioia infinita, erano insieme, non voleva pensare ad altro.

Poi fu operata con allora una quasi sconosciuta metodologia dell'anestesia epidurale, era troppo vicina l'altra totale di ore e ore. A ferragosto era a casa.Con il piccolo. Entrò e dopo pochi minuti il marito le disse che era meglio si separassero, non c'era una ragione precisa. C'era.

Lei, la signora, guardò il piccolo terrazzo del soggiorno e pensò che forse era meglio scavalcarlo con il bambino e farla finita ma c'era una seggiolina di legno rosso e paglia, che le aveva regalato un'amica anni prima, le fece tenerezza, lì sopra leggeva e scriveva poesie. Non lo fece. Ci furono molti giorni a seguire di allattamento, sei mesi per la precisione, in cui visse non da sola ma con il suo piccolo, anche tanta stanchezza. Dai primi giorni lo mise a dormire nel lettino di una cameretta vicina,dove prima il marito ci stampava le foto. Allattava a letto perchè spesso le girava la testa, le dissero poi che era la cervicale, le dissero poi dopo alcuni decenni che aveva una spondiloartosi degenerativa.

Sorrideva sempre al bambino, lasciava le lacrime e l'amarezza per le ore della notte, quando non la vedeva e poi imparò anche a sorridere di notte e a non sorridere più a chi le aveva fatto del male.

Ci furono altri momenti a dir poco difficili ma la signora era testarda, aveva imparato a non dargliela vinta, qualunque fosse il prezzo da pagare, La seggiolina esiste e resiste ancora.

E' una testimonianza che passo per quelle donne colpite da depressione, chiamiamola così, la pressione fisica e psicologica di certi eventi su una donna. Vi abbraccio e abbraccio quegli uomini che sanno e capiscono di cosa parlo.

Doriana Goracci

 

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