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Non bestemmiare. Nemmeno dentro casa

Niente pare più ripetitivo delle intolleranze religiose. Forse solo le intolleranze alimentari esistono e si ripetono da altrettanto tempo. E già una frase simile potrebbe costarmi una scomunica (o una fatwa o un chérem).

Ma come si fa a non diventare (pesantemente) sarcastici quando nel 2012 si deve ancora leggere che una pièce teatrale ritenuta "blasfema" viene assalita (per ora verbalmente in Italia, ma fisicamente - con tanto di offese antisemite rivolte alla direttrice ebrea del teatro in questione - in Francia) dalle truppe d’assalto del credo religioso ?

Dopo aver assistito alle sollevazioni popolari - con un numero imprecisato di morti - nel mondo islamico, per via delle famose vignette satiriche danesi che “offendevano” il Profeta (uso le virgolette perché non avendole viste - il mio interesse a proposito stava e sta a zero - non saprei che dirne), ma dopo aver visto anche una nuova versione anticopta della stessa questione; dopo aver assistito alle ingiurie rivolte a una bimbetta in maniche corte e alle quasi risse con qualche signora sui posti a sedere ritenuti (ma la legge non la pensa così) vietati alle donne su un paio di autobus ‘kosher’ israeliani; oggi abbiamo di nuovo un classico delle intolleranze religiose ‘doc’: l’insofferenza cristiana verso tutto ciò che – a torto o a ragione – è ritenuto offensivo nei confronti del cristianesimo stesso. I nuovi crociati sono di nuovo in azione, in una riedizione di quanto avvenuto a metà anni sessanta quando il drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth scrisse "Il Vicario" (da cui poi Costa Gravas trasse un film titolato "Amen") che affrontava lo scabroso argomento del silenzio di Pio XII sullo sterminio nazista degli ebrei e che in Italia fu semplicemente proibito. Fulgido esempio di democrazia concordataria.

Sia chiaro, se qualcuno andasse a bestemmiare in una chiesa potrei capire ed essere perfino solidale con gli offesi, condannando l’inutile provocazione. Ma qui si tratta del pezzo di un teatrante che va in spettacolo dentro un ambiente chiuso; se non apprezzi, non ci vai. Risparmi e non inquini.

E’ come se qualcosa andasse in onda in televisione: se non ti piace cambi canale, non vieni a casa mia a sfasciarmi l’apparecchio per impedirmi di guardare quel che mi pare; occupati dell'anima tua, non della mia, per favore. Se le vignette ti offendono e tu vivi in Pakistan la soluzione c’è: non compri un giornale satirico danese (caspita, gli edicolanti del mondo islamico devono essere davvero fornitissimi !). Se non vuoi viaggiare accanto ad una donna sconosciuta (io cerco sempre di farlo, ma questo è un altro discorso) ti compri la macchina o vai in bicicletta; o a piedi, a cavallo, a mulo, a cammello, a dromedario, a mucca. Sbaglio ?

La vicenda (ognuna di queste vicende) ripercorre pari pari la questione emblematica del crocifisso esposto nei locali pubblici che, di per sé, dovrebbero essere religiosamente asettici, se non altro per un doveroso rispetto delle minoranze.

I cristiani, invocando la tradizione, ma accettando perfino che il crocifisso venga definito “un oggetto d’arredo” (che a casa mia suonerebbe come la più scandalosa delle bestemmie, ma che a loro va stranamente bene così), pretendono che venga appeso in ogni scuola, comune, aula di tribunale, caserma eccetera, arrivando a spendere – di questi tempi ! – 2500 euro per l’acquisto di un numero congruo di “arredi” religiosi come ha fatto la Regione Lombardia ma come ha fatto anche la Regione Puglia del catto-comunista Vendola (e poi dice che uno si butta sull’ateismo).

Se qualcuno poi chiede che venga rimosso (come quel magistrato di religione ebraica che alla fine però le ha prese) dallo spazio pubblico viene additato - lui ! - come un intollerante laicista. Gli intolleranti si presentano sempre come le vittime (ricordate gli haredim israeliani con la loro ignobile sceneggiata vestiti da vittime della shoah ?) in un curioso (o psicopatologico) rovesciamento della realtà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non riesco a capire come possono offendersi se uno, in casa sua, bestemmia. Mica gli arriva alle orecchie. Orecchio non sente, cuore non duole, dice (più o meno) il proverbio.

Potrei capire che si offendessero se uno lo facesse in pubblico, udibile da tutti. Beh, in quel caso un credente potrebbe essere colpito intimamente, sentirsi ferito e reagire. A meno che non fosse stato l’ex Presidente del Consiglio a bestemmiare. In quel caso la parola d’ordine arrivata direttamente dal Vaticano fu di stendere un velo (sinceramente, di insopportabile ipocrisia), cioè “contestualizzare”.

Ecco, bravi. Contestualizzate.

E smettetela di voler sempre accendere falò di libri proibiti (o di film o di commedie o quant’altro) sulle pubbliche piazze come i padri inquisitori (di ogni religione, ma qualcuno di più) hanno insegnato. Gli uomini e (soprattutto) le donne di oggi sono diventati piuttosto insofferenti verso le arroganti insofferenze di talebani, parabolani o simili.

Se non vi piace, cambiate canale. E sintonizzatevi su Radio Maria che è onnipresente (e certamente anche onniscente, onnipotente, eccetera eccetera eccetera).

 

Post scriptum: sabato su Repubblica Corrado Augias pubblica e risponde ad una mia lettera (un po' sforbiciata) sull'argomento di cui parlo anche qui.

Questa la versione integrale: "Dopo aver assistito alle insurrezioni popolari per le "offese al Profeta" (una vignetta su un giornale danese) e le risse per i posti a sedere vietati alle donne su qualche autobus israeliano, non potevano mancare i diktat cristiani contro le pièces teatrali ritenute blasfeme. La storia si ripete: se loro impongono il crocefisso a me (è una metafora per indicare qualsiasi credo religioso, caso mai qualcuno non lo capisse) non vedono motivo di scandalo, ma se io voglio toglierlo (sia chiaro, non da casa loro, ma da un luogo pubblico) l'intollerante sono io e loro si atteggiano a vittime della mia violenza. Adesso il Vaticano interviene pesantemente; lo dica chiaramente cosa vuole: la censura ? il divieto alle rappresentazioni non gradite ? e perché non l'Indice dei libri proibiti ? e perché non una perquisizione a casa mia per vedere cosa leggo ?"

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