Trovo profondamente ipocrita, oltre che un tremendo autogol per il PDL, pretendere le dimissioni di Nicole Minetti. E non certo perché io ritenga che abbia meriti particolari per stare (o per rimanere) in Regione Lombardia.
In realtà ci sono ben altri motivi che mi spingono a sostenere, non tanto la difesa d'ufficio di Nicole Minetti, quanto il fatto che occorra un'analisi un po' più approfondita della questione. L'ipocrisia sta principalmente nel fatto che sei mesi fa, e ribadisco sei mesi fa, Nicole Minetti era ritenuta preparatissima, lodevolissima e via discorrendo, adesso è talmente inadatta ad occupare il posto che occupa da dover dare le dimissioni di corsa. E magari beccarsi anche un calcio nel sedere.
Sarebbe il caso di sapere, quindi, perché adesso tutti si affrettano a voler scaricare una persona così preparata e lodevole.
Il fatto che alcun giornalista vada a chiedere cos'ha fatto Nicole Minetti per passare in questi sei mesi da essere difesa a spada tratta da Berlusconi, a dover scappare dal Consiglio regionale lombardo la dice lunga anche sullo stato - pessimo - del giornalismo italiano.
Forse Indro Montanelli aveva ragione: «Quello di buttar addosso a un capro espiatorio è un metodo di risolvere i problemi molto italiano». Così è stato per Marco Milanese, per il Trota e Rosy Mauro e chissà in quanti altri casi: si addossa la colpa ad una sola persona, che c'entrerà pure ma magari non da solo, e si dà l'idea che si siano risolti tutti i mali.
C'è un ulteriore motivo di ipocrisia in questa frettolosa richiesta di dimissioni: se, come dice la Santanché,«il tempo delle Nicole Minetti è finito», allora è giusto pretendere le dimissioni di tutte le altre Nicole Minetti. Perché mai una sì e le altre no?
Peggio fa la Gelmini: «L'ho sempre difesa, ma ora bisogna dare spazio alla militanza». Ambo queste dichiarazioni mi suggeriscono una risposta che nessuno darà mai esplicitamente: è stata piazzata lì e adesso non serve più, quindi ciao.