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"Nereo Rocco. La leggenda del Paròn" di Gigi Garanzini

Dopo dieci anni esatti, Gigi Garanzini riedita con nuovi interventi e differenti chiavi di lettura uno dei libri meglio scritti nelle scelte stilistico-espressive e nella costruzione narrativa dell’aneddotica e biografia sportiva contemporanea. Edito da Mondadori, che ci scommette su a soli dieci anni di distanza dalla prima uscita Baldini Castoldi Dalai, è da qualche mese in libreria “Nereo Rocco. La leggenda del paròn continua”. Quello che affascinava del libro nel 1999 non ha perso valore: la storia umana e vera di un personaggio già negli anni ’60 mitologico perché penetrante a fondo nell’immaginario collettivo del periodo. In un’Italia che voleva iniziare a prendere l’aereo e mangiare rapido, Rocco coltivava una slow life applicabile ad ogni sua occupazione professionale ed esistenziale, ricostruendo intorno al suo corpo, quindi alla sua esposizione fisica nei media di massa, l’icona della saggia tradizione. Se restiamo solo su un piano immaginativo, Rocco è stato un genio comunicativo assolutamente non paragonabile ad Herrera. Il Mago occupava la scena con il gusto della superbia e della minuziosa arroganza di chi vuole essere definito migliore. Così facendo, oggi gli aneddoti di Herrera vivono lo spazio della battuta, non scoprono un uomo in quanto tale, non dicono nulla del pensiero ma si fermano alla volontà di apparire (un po’ quello che Mourinho mette in campo oggi, con la differenza che l’immaginario contemporaneo è molto più scalfibile dall’uomo contro rispetto a quello degli anni ’60). Chi davvero ha segnato quegli anni invece è stato proprio Rocco, capace di rimodellare una visione della vita e del lavoro vecchia millenni (il fattore con i suoi braccianti) senza essere travolto da trasformazioni individuali (i calciatori non trattati come automi da cui spremere energie ma persone con cui scegliere insieme) e sociali (creare una collettività era la sua prima regola: il gruppo come oggi andiamo dibattendo è un’idea di Rocco. Prima di lui c’era appartenenza, orgoglio di bandiera e vicinanza affettiva, ma non era mai esistito nel calcio un microcosmo di valori dettati da un solo uomo e condivisi da tutti).



Al di là della storia di Nereo Rocco e la decrittazione del suo pensiero-sentimento, l’altro elemento speciale del libro è la sua metodologia costruttiva, la ricerca del Rocco personale nelle diverse voci delle persone che lo hanno conosciuto. In questo modo, in una sorta di citizen-Rocco, l’autore riesce a farci comprendere quello che la letteratura ha come voglia mai sopita, il capire da dove vengono le passioni sentite, sia in chi è stato invitato a parlare della figura Rocco ma anche in Rocco stesso, in un tentativo di autopsia dell’anima a più voci. Garanzini ha aperto una strada di inchiesta biografica che viene dalla narrativa sportiva americana ma si innerva insieme di vissuto popolare e analisi storica, senza essere mai banale o vilmente macchiettistica. Il "Ciò, speremo de no" che campeggia anche in copertina non è il semplicistico aggancio per disegnare una parodia già sentita mille volte, ma la chiave di volta per scavare nella memoria di diverse generazioni.

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