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Neoschierata Italia del Meridione: Lettera aperta a Valentina Cartolano, commissario cittadino a Sapri

Stimata Dottoressa Cartolano

Mi permetto rispettosamente di consegnare le mie riflessioni alle poche righe qui a scorrere senza alcuna pretesa di sgarbo, oltraggio o istigazione e fin d’ora convenendo che a muovere un’intenzione non sono ambizioni politiche e nemmeno intossicazioni da fumi della politica. Sono e rimango intimamente solo una cittadina che comprende ciò che sente e ama viversi come soggetto della società che si trova ad abitare. Ne discende quindi una naturale apertura all’accoglienza di uno sconosciuto, di un inedito, di un’insolita e innovativa proposta di sviluppo sociale e culturale, per di più su vasta scala. Ma è cosa risaputa che laddove altro solo appare il vecchio si consuma, regalando a chi vi assiste un novello pianto amaro.
 

Alla prova dei fatti, la convalida di una propria innata armonia d’accenti di ogni sostanza, la più venerabile, è data dall’attestata adesione di chi si propone di realizzarla. Nel rispetto di ogni voce a esprimere i luoghi mi piace immaginare che un cuore a tendere ammirevolmente a unire la nazione, e altrettanto ad abbandonare la terra arida di una questione a imbrigliare il Meridione, possa essere capace di guarire ragionevolmente l’emozione stagnante, ostile o ambivalente nella relazione con le poche forze pur dissenzienti chiamate a radunarsi nei diletti centri di comando per trattare l’utile e il necessario. 

Ma ecco che a supporto di una presentazione di partito appena trascorsa, da Lei stessa sensatamente qualificata nei termini di un alto livello di dibattito democratico, è a giungere il triste affondo. Sulla scorta di una sciocchezza - nella Sua versione - messa in campo da un esimio Suo sodale, il quale nel maldestro tentativo - a suo dire - di strappare il reverendo Generale Colquitt alle insidie di una irritante cultura della cancellazione, ma finendo di seppellirlo in una gran volta di enigmatiche contorsioni verbali e scomode ricorrenze, Lei aggredisce pubblicamente chi, giusto o sbagliato, nella confusione e nel tormento delle attuali strategie di disinformazione e guerra cognitiva in campo internazionale a riguardarci, vi legge una plausibile allusione a inquietanti personaggi ed eventi del passato. Lei stessa ha saputo più o meno garbatamente prendere le distanze da precedenti compagni di altro partito adducendo motivi personali e abbandonando il terreno di gioco a pochi minuti dal fischio d’inizio partita. Ebbene, mi permetto umilmente di invitarLa oggi, a distanza di un anno, nell’adesione a una nuova volontà politica iscritta nella vostra stessa Carta delle idee, a volerci risparmiare lo spettacolo di una danza macabra sulle dichiarate ceneri dell’altro piegato, chiunque esso sia…

“un capogruppo che capogruppo non sarebbe mai stato se la SOTTOSCRITTA non gli avesse ceduto l’incarico

sono ancora tramortiti dallo SCHIAFFONE ELETTORALE che li ha visti perdere miseramente le elezioni

me ne sono fatta una ragione, IO

questi soggetti che evidentemente non hanno niente di meglio da fare 

mandate giù questo boccone amaro, dai che potete riuscirci”

e via ammirando.

Mi piace immaginare che una politica della bellezza che a vostro ardire deve ispirare le ragioni di una presenza protagonista nello scenario politico italiano del movimento possa finalmente dotarsi di un linguaggio altro dal solito intriso d’abbrutimento, ruvido, precipitoso, disumanizzante, di cui una terra è già abbondantemente bagnata, a sentire governatori, primi cittadini e pure consiglieri. Mi piace immaginare che un patrimonio culturale, a vostro degno parere per troppo tempo ignorato e sottovalutato, possa finalmente testimoniare al di là di un’arte, una letteratura, un canto, una tradizione, la cura di una relazione d’inclusione con ogni soggetto, non soltanto uno simile e amato, ma anche uno più ostile, dissenziente, refrattario. E mi piace immaginare che in tutto ciò possa finalmente emergere un femminile che rinunci a riprodurre codici e informazioni di una cultura di violenza intimamente già perversa. 

 

Oso chiederLe di perdonare la mia franchezza, mossa solo dal rammarico di sentire ancora odor di sangue e il dolente riecheggiamento di un pensiero di steineriana memoria che vuole 

la lingua intessuta di bugie, in ogni suo nodo, dalla voce del politico al vocabolario dei sogni. 

Personalmente non ne sento il bisogno, in quanto al Meridione non Le saprei dire. 

 

Cordialmente.

Sabina Greco

Questo articolo è stato pubblicato qui

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