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Napoli Teatro Festival. Dolore sotto chiave: Saponaro omaggia De Filippo e il teatro napoletano

A trent’anni dalla scomparsa di Eduardo De Filippo, il Napoli Teatro Festival lo ricorda con “Dolore sotto chiave”, uno spettacolo firmato Francesco Saponaro. In scena, il 19 e 20 giugno al Teatro San Ferdinando, c’erano Tony Laudadio, Luciano Saltarelli e Giampiero Schiano.

 

La pièce, atto unico di De Filippo inserito nella raccolta Cantata dei giorni dispari, è un vero e proprio omaggio alla tradizione teatrale napoletana. Dolore sotto chiave ci racconta la storia di Rocco Capasso, la cui moglie Elena, malata da tempo, muore mentre lui è in viaggio per lavoro. La sorella di Rocco, Lucia, per paura delle terribili conseguenze del lutto, tanto era l’amore del fratello per Elena, decide di tenergli nascosto il decesso. Manterrà così chiusa la porta della camera da letto della cognata, adducendo una grave malattia che non avrebbe perdonato ad Elena neanche la più piccola emozione. Rocco viene allontanato, suo malgrado, dalla moglie, per undici mesi, lasciandogli così il tempo di avvicinarsi ad un’altra donna. Comincerà quindi a sperare in una nuova vita, dove l’angoscia della moglie gravemente malata non possa più raggiungerlo.

“In Dolore sotto chiave – afferma il regista – i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la predisposizione borghese alla beneficienza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta tendenza dell’essere umano al controllo e al dominio dell’altro. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e malintesi, tipici dei contesti familiari”.

Sono infatti i rapporti di famiglia ad intaccare la tranquillità e l’equilibrio della vita quotidiana: Lucia, per via del suo incondizionato affetto per il fratello, tradotto poi in una vera mania di oppressione, occulta la verità, portatrice di dolore, di ferite da rimarginare attraverso le lacrime. Si scopre poi la sua profonda frustrazione per essere rimasta sola, senza marito né figli, con l’ideale dell’amore tra Elena e Rocco come unica consolazione alla sua triste e misera vita.

Nello spettacolo, si intrecciano parti in dialetto e in italiano, tra commedia e tragedia, ironia e cinismo. Dolore sotto chiave si avvale poi di un intenso prologo ispirato alla novella pirandelliana I pensionati della memoria e delle registrazioni radiofoniche originali del ’59 in cui erano protagonisti Eduardo e Titina De Filippo.

Sul palcoscenico, un modesto interno familiare, due porte come sagome di bare, quasi a comunicarci i segreti che tentano di celare. La comicità si mescola al grottesco tra invettive in dialetto e accese discussioni. Divertenti i riferimenti alla tradizione cabarettistica del gruppo La Smorfia (Troisi-Arena-Decaro) attraverso le invocazioni dirette a Dio e il ruolo femminile interpretato da un uomo. Saponaro e i tre protagonisti riescono a dosare queste due tendenze opposte dell’animo umano, strappando così un sorriso al pubblico, nonostante il tema lugubre affrontato.

Una volta scoperta la verità, emergono i veri sentimenti di Rocco, da tempo in attesa della morte di Elena per potersi costruire una vita vera con Anna, la donna alla quale si è legato durante la presunta malattia della moglie. Ironia della sorte, anche questa donna, incinta di lui, sta per abbandonarlo: consapevole di non poter ufficializzare la loro unione, decide di partire e sposare un altro uomo, per il bene di suo figlio. Sul pavimento, per quasi tutta la durata dello spettacolo, i cocci di una tavola imbandita, quasi a ricordare i pezzi di una vita andata ormai in frantumi.

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