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Murdoch. La rivoluzione dei quotidiani a pagamento

Proprio nel momento in cui pare che i giornali in forma cartacea vadano sparendo, il magnate australiano dell’editoria Murdoch propone una cosa che sconvolge e porta in fibrillazione tutto il web: un dispositivo di facile utilizzo, simile a Kindle di Amazon, per accedere a pagamento alle testate dell’impero News Corp., dal Wall Street Journal al Times di Londra al New York Post.

Di fatto si parla di giornali online a pagamento.

Ora, la cosa strana è che parlare di servizi vari a pagamento, non è una cosa straordinaria. Basti pensare che ogni cosa che acquistiamo o della quale usufruiamo, la si paga. Quando l’Enel ci manda la bolletta, la paghiamo in cambio di un servizio da esso erogato e del quale abbiamo usufruito.

Quindi di fatto, se diamo per scontato che un bene lo si debba pagare, perché per i servizi online non dovrebbe valere la stessa cosa? Se è vero che un giornale distribuito in maniera canonica ha dei costi estremamente distanti dalla distribuzione in Rete (ecco il motivo per il quale le testate stanno migrando sul web) è anche vero che un quotidiano ha un apparato imponente da muovere, per poter erogare notizie sempre fresche provenienti da ogni parte del pianeta.

Pensiamo ad esempio solo ai costi da sostenere per mantenere una persona per mesi, in una zona di guerra.



Allo stesso modo sappiamo benissimo che le famigerate "dot-com" (it.wikipedia.org/wiki/Dot-com) sono collassate sotto il loro stesso peso all’inizio del 2000, quando si credeva di aver trovato l’oro nella pubblicità su Internet. La panacea pubblicitaria in realtà non esiste e la bolla speculativa che si era generata, ha portato ad una recessione dell’intera new economy.

Ma allora, assodato che la pubblicità sul web non consente la sopravvivenza dei colossi informativi oggi esistenti, e considerato che è un dato di fatto pagare un servizio, come mai questa idea di Murdoch ha alzato tanto polverone?

Non sarebbe forse giusto pagare un’informazione di qualità? Forse è proprio questo il punto su cui gli editori si dovrebbero soffermare a pensare, e forse è anche il punto che, in maniera indiretta, scandalizza la gente che legge i quotidiani, visto che le notizie non vengono intese come "di qualità".

La lottizzazione dei partiti, gli aiuti statali, le pressioni delle lobby e l’arrivismo di molti giornalisti, senza contare la macchina burocratico-organizzativa che spesso è smisurata, grassa ed opulenta, fa sì che la gente, il cittadino medio, non abbia voglia di pagare per un’informazione che tanto di qualità non è, e che spesso viene percepita come di parte, se non addirittura di regime.

Forse è questo che dovrebbe far riflettere gli editori e gli imprenditori del settore. Le persone non vogliono avere per forza un servizio gratis ma non vogliono nemmeno pagare un servizio mediocre.

Commenti all'articolo

  • Di virginia (---.---.---.71) 12 maggio 2009 10:05

    Forse è sfuggito all’articolista il fatto che le versioni on line dei quotidiani citati portano, più o meno, le stesse notizie dei cartacei di riferimento. E’ vero che il Web è più veloce e se c’è un arresto improvviso di un boss, il primo a dare la notizia è la versione web. Però poi, se la notizia vale la pena, il cartaceo la commenta, la chiosa, espone più pareri.
    Dunque non mi pare che il Web dal punto di vista dell’informazione tout court sia meglio del cartaceo.
    Però...mi permetto un’osservazione che deriva da quasi un decennio di web, per me. All’inizio, in Italia cioè nel 1997 nessun ( o quasi nessuno) quotidiano cartaceo aveva un sito web. Poi è arrivata Repubblica, poi il Corriere e poi tutti gli altri. Si diceva allora che la frequentazione del sito on-line di un quotidiano avrebbe favorito l’acquisto del cartaceo di riferimento.
    E’ stato così per parecchi anni. In seguito i quotidiani cartacei sono entrati in crisi. Ricordo che all’ultima crisi del Le Monde, il suo direttore disse che la colpa era da imputare all’invadenza del sito web che invece cresceva in audience.
    Ed ecco arrivare gli americani, Murdoch in testa: si accorgono di avere commesso una sciocchezza nel lasciar crescere il web a scapito del cartaceo.
    Ma guarda un po’! Finché il web è un esperimento, allora lo dà gratis. Non appena risulta vincente lo si fa pagare.
    Sono le leggi del Mercato, Bellezza! Direbbe qualcuno. Ma a me personalmente che la versione on-line del Corriere o del Le Figaro sia trattata alla stessa stregua di un Kg di pomodori, mi disturba.
    L’informazione è un diritto del cittadino. E se il cartaceo ha dei costi insostenibili al punto che nemmeno l’introito pubblicitario riesce più a sostenerli, vuol dire che l’informazione drogata ( di gadget, collanine, rossetti, inserti vari) nonn funziona più. Amen

  • Di sonia (---.---.---.132) 12 maggio 2009 11:24

    indirizzare le notize verso un pubblico specifico potrebbe essere un modello di business efficace. Ne è un esempio proprio il Wall Street Journal di Rupert Murdoch: un quotidiano finanziario che si rivolge a una gamma di lettori interessati a ottenere notizie utili per fare degli investimenti, e per questo sono disposti anche a pagarle.
    Il modello Murdoch però difficilmente potrà funzionare se applicato alle testate generaliste, si veda il caso del New York Times o dello spagnolo El Pais, che hanno perso quota sui motori di ricerca e visto i loro utenti migrare verso siti accessibili gratuitamente. 
    Quello del search engine è un passaggio fondamentale per la buona riuscita di un sito. 
    http://pennedigitali.libero.it/2009/notizie-online-sono-solo-una-commodity/

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 12 maggio 2009 12:07

     per il momento Murodch non ha fatto niente, ha solo "detto". D’altra parte non s’è inventato molto perchè i servizi a pagamento nel web non sono una novità ma il passato. E’ noto che per accedere agli archivi del new york times, fino a circa un annetto fa, bisognava pagare. Da questa entrata il giornale ricavava circa 10 milioni di $, dunque un pubblico "ristretto" esisteva. Perchè il grande giornale ha cambiato strada? Secondo me la risposta è abbastanza chiara. Per come è fatta la rete non c’è molto spazio per questo tipo di cose perchè grazie ai meccasnismi automatici, in forte crescita, qualsiasi notizia abbia rilevanza finisce molto presto nello stream di rete. Questo è il problema che non può essere esorcizzato e che non si atteneurà ma la contrario si allargherà man mano che pasa il tempo. Questa è una fase di transizione nella rete ma quello che è certo che non sarà il ritorno al passato che risolverà i problemi della crisi dell’editoria.
    Infine non bisogna dimenticare che il modello giornale è legato ad un’epoca uno a molti mentre oggi siamo tutti interconnessi. Vincerà chi troverà soluzioni che tengono conto di questa enorme novità e non certo che si illude di aver qualcosa di speciale da dire un pò come fa in Italia Giuliano Ferrara che cerca di acquisire abbonati nascondendo le notizie.

  • Di Rudy Bandiera (---.---.---.130) 12 maggio 2009 12:44

    @Virginia: quoto tutto tranne il passaggio iniziale: all’articolista non è sfuggito il dettaglio che in pratica ciò che si scrive su carta è quello che si scrive in Rete, ma converrai che se fosse scritto SOLO per la rete le spese sarebbero più basse, per una questione di mancanza di produzione/distribuzione.
    Tutto qui smiley

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