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Mottarone, il video dell’incidente in funivia: qui non lo troverete

Se la tragedia è profitto, allora meglio rinunciarci, altrimenti non saremo molto diversi da chi l'ha provocata.

Andato in onda sul tg nazionale e poi diffuso su quasi tutte le principali testate on line, il video integrale dell'incidente della funivia del Mottarone, in cui hanno perso la vita 14 persone, sta raccogliendo in rete milioni di visualizzazioni. Visualizzazioni che per le testate online valgono una fortuna sia in termini economici che di "reputazione" dei siti.

Il video, ripreso dalle telecamere di sicurezza, mostra il volto di alcune delle persone presenti nella cabina poco prima dell'incidente. Sì, anche noi l'abbiamo visto, ma non ce lo siamo andati a cercare, ce lo siamo trovati davanti sui social, scorrendo tra i video e le foto di amici al mare e di pietanze succulente. E la prima domanda che ci siamo fatti è: perché? Perché è stato diffuso? Perché le persone vorrebbero vederlo? Perché io, parente, amico o conoscente di una qualsiasi delle vittime, devo trovarmi davanti all'improvviso quelle immagini?

Solo per un malsano sadismo che ci affascina, come quelli che si fermano a guardare gli incidenti stradali. Una perversione che affascina sempre di più, di cui la rete è strapiena, spesso, fomentato da tanti programmi televisivi che sotto la bandiera dell'informazione offrono scabrosi particolari dei delitti. E allora la memoria torna ai tempi del delitto di Melania Rea, resta indelebile il ricordo della giornalista della tv nazionale indicare col dito il punto esatto in cui erano state rilevate dalla scientifica le tracce del seme dell'allora presunto assassino. In quel momento la domanda era stata la stessa: perché? Perché dovrei/vorrei saperlo? E' davvero utile alle indagini o si sta solo nutrendo la perversione dei telespettatori. 

Ecco allora che subentra il tema dell'utilità sociale, del tenere viva l'attenzione dell'opinione pubblica per evitare che il caso si spenga nell'oblio dell'informazione da consumo. Ma cambierà davvero qualcosa nel percorso della giustizia o abbiamo solo alimentato le perversione di un pubblico sempre più alla ricerca di "televisione verità"? 

Per dirla tutta, la legge è chiara su questo punto, il magistrato inquirente ricorda in una nota come sia "vietata la pubblicazione anche parziale" di quelle immagini, "trattandosi di atti relativi a procedimento in fase di indagini preliminari", che dunque non potrebbero essere riportati integralmente sugli organi di stampa. Ma non è necessaria sempre la legge, basta che prevalga il buon senso, anche perché stiamo parlando di professionisti iscritti ad un albo nazionale. 

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